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Potrebbe apparire scontata la scelta del termine di questa settimana, ma considerando la sovraesposizione al quale è spesso soggetto, senza particolari approfondimenti, può essere utile qualche considerazione.
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Potrebbe apparire scontata la scelta del termine di questa settimana, ma considerando la sovraesposizione al quale è spesso soggetto, senza particolari approfondimenti, può essere utile qualche considerazione. Soprattutto nei giorni nei quali a Parigi si riunisce il mondo per cercare una strada comune per contrastare i mutamenti climatici ormai evidenti in ogni angolo del globo. Tutti diamo per scontato che clima sia sinonimo di tempo atmosferico. Nell’uso ormai non si fa distinzione. In realtà, come sempre è bene andare all’origine della parola per farne discendere un significato più completo. Ecco allora che esso deriva dal latino clima-climatis che a sua volta discende dalla radica greca klima-matos, indicando precisamente l’inclinazione della terra dall’equatore ai poli. Ecco dunque che abbiamo una prima risposta che non contrasta con il comune sentire. Infatti la posizione geografica in relazione all’inclinazione dell’asse terrestre e la posizione del pianeta nei confronti del Sole, costituiscono altrettanti elementi che uniti alle condizioni locali e specifiche determinano in buona sostanza il clima come lo intendiamo.
E, cioè, il complesso delle condizioni meteorologiche (temperatura atmosferica, venti, precipitazioni), che caratterizzano una località o una regione nel corso dell’anno, mediato su un lungo periodo di tempo. Si distingue dal tempo (in senso meteorologico), che è una combinazione solo momentanea degli elementi medesimi. Più rigorosamente, si definisce il clima come la descrizione statistica in termini dei valori medi e della variabilità delle quantità rilevanti in un periodo di tempo che va dai mesi alle migliaia o ai milioni di anni. Secondo la definizione dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, il periodo di media classico è di 30 anni.
I valori degli elementi del clima sono determinati, o quanto meno influenzati, dai fattori del clima distinti in fattori cosmici (movimenti e forma della Terra) e geografici (latitudine, altitudine, distanza dal mare, orientamento delle masse continentali e dei sistemi montuosi, correnti marine, azione umana).
Del clima si occupa la scienza detta climatologia. Nacque, e sino alla prima metà del 20° sec. si sviluppò, prevalentemente come una disciplina geografica, pur avendo stretti legami con la meteorologia e quindi con la geofisica. Geografi sono stati molti suoi insigni cultori, a partire da A. von Humboldt che può esserne considerato il fondatore, ai primi dell’Ottocento, per proseguire con A. Penck. A. Hettner, E. de Martonne. La climatologia tradizionale, nel cui ambito si sono mossi, fino alla prima metà del 20° secolo, anche i climatologi più noti e autorevoli, quali J. Hann, W. Köppen, C.W. Thornthwaite, ha per oggetto lo stato medio degli elementi meteorologici in una data regione durante determinati intervalli di tempo (mesi, stagioni, anni). Le esigenze della pianificazione prima e le preoccupazioni ecologiche poi hanno dato grande impulso alla climatologia regionale e locale: così, dopo la macroclimatologia, la climatologia regionale e la microclimatologia (che si occupano del clima rispettivamente a scala planetaria, a scala continentale o subcontinentale, e a scala ridotta), si è affermata la mesoclimatologia, che studia il clima alla scala delle singole unità geografiche come le aree montane o le aree urbane.
Al secondo dopoguerra si deve poi la crescita della climatologia dinamica, fondata essenzialmente sullo studio delle masse d’aria e delle loro progressive modificazioni. Suoi strumenti principali sono i modelli numerici, ossia sistemi di equazioni esprimenti le relazioni fisiche tra le varie grandezze che determinano lo stato dell’atmosfera. Suoi scopi sono la comprensione quantitativa, in termini statistici, delle reazioni a cambiamenti interni ed esterni all’atmosfera, la ricostruzione del clima passato e anche la previsione di quello futuro. Il clima che può essere considerato come una funzione di distribuzione dello stato fisico dell’atmosfera, è in effetti il risultato dell’interazione tra i vari elementi del sistema climatico: atmosfera, oceani, radiazione solare, ghiacci oceanici e continentali, vulcani attivi e attività antropica con produzione di gas a effetto serra. La dinamica del clima è quindi determinata dall’evoluzione delle grandezze fisiche che regolano le interazioni tra le varie componenti del sistema climatico.
La spiegazione scientifica ci mostra in tutta la sua complessità il lavoro politico, economico e sociale al quale l’umanità si trova davanti per salvare la casa terra come la conosciamo. Un compito che non possiamo evitare e al quale dobbiamo attenerci con impegno, serietà, determinazione ed onestà, dal singolo individuo, alla collettività più ampia intesa come società mondiale.
In questo ambito possiamo anche dire, a fronte di molte promesse, molte scadenze e scarsi risultati ma non secondari nel corso dei decenni che è importante che gli uomini si sentano parte di un unicum inscindibile del quale sono responsabili per se stessi, per preservare quel che il passato ci ha lasciato di positivo e per consegnare al futuro e alle giovani generazioni un pianeta curato, quanto meno convalescente! Buon lavoro terrestri, dunque, il destino è nelle vostre mani!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::943::/cck::