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Il caso di Gelli e di Welby

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Ho letto in questi giorni una dura polemica nata sui social in merito ai funerali di Licio Gelli. Numerosissime accuse sono state rivolte nei confronti della Chiesa…

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Ho letto in questi giorni una dura polemica nata sui social in merito ai funerali di Licio Gelli. Numerosissime accuse sono state rivolte nei confronti della Chiesa: perché, si è scritto, ad un personaggio discutibile, come il fu gran Maestro della massoneria e, tanto per fare un altro esempio, anche a Vittorio Casamonica, sono stati concessi funerali in chiesa mentre ad una persona onesta come Piergiorgio Welby, malato di una grave forma di Sla con il solo torto di volerla finire con una vita di sofferenza tanto da procurarsi il fine vita assistito, sono stati vietati, limitandosi ad una breve benedizione fuori sul sagrato e suscitando fortissime polemiche anche da chi era lontano anni luce dalla fede cattolica.
Insomma, due pesi e due misure assai discutibili per chi della misericordia, è questo che ha scatenato i blogger, ne fa un uso martellante della sua pastorale come nell’attuale Giubileo.
Prendo spunto da un intervista a Mina Welby, la moglie di Piergiorgio, riportata da Huffington Post per alcune considerazioni, estrapolando da alcune frasi.
Tutti quelli che lo volessero dovrebbero avere i funerali. Com’è stato per Vittorio Casamonica, per Gelli e doveva essere così per Piergiorgio. Avere un funerale o meno deve essere una scelta della persona. Io personalmente vorrei arrivare ad una legge per l’eutanasia, al punto di non avere il funerale. I cittadini mi accompagneranno in altra maniera“.
Inoltre per Piergiorgio, prosegue la donna: “I funerali non erano importanti, me lo disse poco prima di morire. Mi prese da parte e mi disse «per me non sono importanti, ma per mamma fallo»” ed infine “Lui era un credente agnostico“.
Con tutto il rispetto per un dolore ancora vivo della signora e comprendendo anche il suo rammarico per una ingiustizia che, sempre secondo lei, il marito avrebbe subito dalle autorità ecclesiali, queste critiche dimostrano però una profonda superficialità in questioni dottrinali. La Chiesa, al di la di chi la rappresenti con più o meno dignità, ha un patrimonio sacramentale che nessuno, neanche il papa, può violare, salvo negare i suoi stessi principi costitutivi.
Per quanto riguarda il funerale in merito, un sacerdote non può proibirli se una persona alla fine della propria esistenza si sia pentito, nonostante una vita lontana dai sacramenti e se non ha mai detto ufficialmente di fare atti che offendono Dio, l’eutanasia, ricordiamolo, ancora oggi è per la Chiesa un peccato gravissimo, equivale a non uccidere, perché nessuno si può sostituire a Dio per togliere la vita, fosse anche la propria.
Dunque, la Chiesa non può officiare delle esequie se la persona fino all’ultimo ha espresso questo desiderio contrario alla dottrina, come riportato dalla signora Mina.
Non solo, ma la Chiesa è sempre rispettosa della determinazione individuale rispettando, come in questo caso, le volontà di Welby stesso che, come afferma la stessa moglie: “Avere un funerale o meno deve essere una scelta della persona” ed è appunto quello che le autorità ecclesiali hanno fatto nel rispetto proprio del defunto.
Infine la frase:  “Tutti quelli che lo volessero dovrebbero avere i funerali” e aggiunge “Avere un funerale o meno deve essere una scelta della persona”.
Ricordo sommessamente, non solo alla signora, ma a quanti hanno parlato con faciloneria, intorno ad un argomento così delicato, che la Chiesa e i suoi sacramenti non sono un diritto acquisito come le otto ore lavorative, ma un dono che viene largito a chi in grazia di Dio, non dimentichiamolo mai, li chiede per la salvezza della propria anima e non per una vuota usanza senza un vero bisogno spirituale.
Non è, ricordiamolo sempre, un obbligo statale o una garanzia costituzionale.
Infine, la battaglia della signora, allora come oggi, mi sembra alquanto curiosa nel pretendere dalla Chiesa un atto quando poi afferma che: “Io personalmente vorrei arrivare ad una legge per l’eutanasia, al punto di non avere il funerale. I cittadini mi accompagneranno in altra maniera”.
Pertanto, neanche lei, come suo marito, desidera avere le esequie in chiesa e allora da dove viene questa ostilità se vi è stato proibito?
Ciò che amareggia che se da un lato è comprensibile, anche se ingenerosa, la critica della Mina Welby alla Chiesa, diventa doloroso leggere nei blog l’intervento di alcuni sacerdoti sull’argomento che sposano le tesi della signora Welby, dimostrando che non solo non hanno studiato bene neanche il catechismo, ma, da quello che scrivono, è anche da discutere la loro fede, sempre se ancora la conservano.

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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::977::/cck::

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