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Povero 2016, quanti ostacoli

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Portogallo: Porto. Foto di Maria Elena Castore
In questo momento, tutti noi vogliamo “un ottimo anno”. Mentre il desiderio è sempre qualcosa di positivo…

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San Salvador, Bahamas 31 dicembre 2015 – In questo momento, tutti noi vogliamo “un ottimo anno”. Mentre il desiderio è sempre qualcosa di positivo, dobbiamo anche renderci conto che non possiamo aspettarci troppo dal nuovo anno che arriva. E’ caricato di così tanti ostacoli, che dobbiamo avere grande compassione per lui… E’ parte di un ciclo negativo che ha avuto inizio con la crisi finanziaria del 2008, e che probabilmente si concluderà nel 2017, un anno catartico con le elezioni in diversi paesi chiave e altri appuntamenti chiave che potrebbero aprire un nuovo ciclo. A meno che una vittoria repubblicana nelle elezioni americane anticipi una crisi di governance globale più veloce…
Ecco un elenco dei principali ostacoli per il 2016, che è ovviamente un punto di vista personale, ma con il supporto di gran parte dei dati.
Ostacolo 1: il cambiamento climatico.
Dopo la conferenza di Parigi sul cambiamento climatico, quest’anno sarà cruciale per capire da che parte soffia il vento del cambiamento. Naturalmente, il processo di salvataggio del nostro pianeta, al suo livello attuale prevede un periodo che va fino al 2050.
Ricordiamo brevemente che gli impegni assunti a Parigi non sono sufficienti per raggiungere l’obiettivo di non superare i 2 gradi centigradi al di sopra del livello che prevaleva prima della rivoluzione industriale (abbiamo già utilizzato 1 grado Celsius). Ora, il Patto di Parigi indica che raggiungeremo almeno 3,7 gradi Celsius, il che significa, tra l’altro, che 850 milioni di persone dovranno essere sfollate. In realtà, vi è consenso sul fatto che non dobbiamo andare oltre 1,5 gradi centigradi per essere veramente sicuri.
Prendiamo solo due esempi per dimostrare che la minaccia per il pianeta è molto concreta e che continua la sudditanza politica al settore energetico. Il Parlamento britannico ha recentemente approvato una legge che consente l’uso della tecnologia per l’estrazione di gas da scisti, nota come fratturazione idraulica (hydrofracking ndt). Questo viene permesso anche al di sotto di siti protetti, compresi i parchi nazionali. Il governo britannico ha annunciato che concederà nuove concessioni per il gas di scisto e l’esplorazione di petrolio, comprese quelle in parchi nazionali.
L’altro è un colloquio con Gian Luca Galletti, il ministro dell’ambiente italiano, al suo ritorno da Parigi.
Egli difende il suo nuovo programma di estrazione di petrolio su terra e in mare, quando afferma: “Uno dei temi chiave di Parigi è lo sfruttamento equo delle risorse naturali. Viviamo in un paese che utilizza ancora benzina e gas e non vedo perché dovremmo usare l’energia degli altri.” Il primo ministro Renzi ha applaudito i “criteri ecologici” del nuovo piano di perforazione di 2 miliardi di euro. Nel frattempo, a Gela, in Sicilia, uno dei centri di raffinazione, in rapporto ai dati nazionali, il tumore infantile è salito al 159,2 per cento, il linfoma di Hodgkin al 72,4%, il tumore allo stomaco al 47,5 per cento.
Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, le sovvenzioni dirette o indirette alle industrie fossili, carbone e petrolio, ammontano a 5,3 miliardi di dollari all’anno. La sovvenzione richiesta a Parigi per l’introduzione di tecnologie verdi in tutto il mondo è di 100 miliardi di dollari. Questi dati sono sufficienti per illustrare la differenza tra le buone intenzioni e gli interessi creati.
Se questa tendenza continua nel 2016, è chiaro che un accordo sul clima a Parigi mai raggiungerà i suoi obiettivi.
Ostacolo 2: ISIS e terrorismo
Mentre tutti continuano a concentrarsi sulla guerra al califfato in Siria, è il momento di guardare oltre il naso. La guerra in Siria è diventata una guerra di potere da parte dell’Arabia Saudita – direttamente responsabile della diffusione dell’Islam radicale, del wahabismo imposto dall’ISIS-, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Russia, Stati Uniti, Francia Gran Bretagna, e ora Germania, in teoria con il sostegno dell’Unione Europea. Ora si suppone che tutti i paesi musulmani di tutto il mondo debbano unirsi all’Arabia Saudita.
Tutti loro sono disposti a combattere questa guerra fino all’ultimo siriano, ma senza rischiare i propri uomini. Poiché i bombardamenti non sono stati sufficienti per vincere, parliamo di una guerra che nel 2016 non andrà da nessuna parte. Ciò su cui dobbiamo cominciare a riflettere è che l’ISIS è un progetto locale che sta diventando un problema globale.
Un rapporto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite stima che 25.000 persone provenienti da 100 paesi hanno aderito Al Qaeda e ISIS. Il numero di combattenti stranieri è aumentato del 71% in soli dieci mesi. Le stragi di Parigi e San Bernardino sono state perpetrate da gente del posto, che non faceva parte della struttura di ISIS.
La differenza principale tra Al Qaeda e ISIS, secondo Abou Zeid, del Carnegie Middle East Center di Beirut, è che l’obiettivo principale di Al Qaeda è quello di lottare contro la dominazione occidentale, mentre l’ISIS è particolarmente interessato a una pulizia del mondo musulmano, combattendo altri rami dell’Islam, dagli sciiti ai seguaci del sufismo, agli yazidi, ismailiti, ecc, per eliminarli ed obbligare i sunniti ad accettare una rigorosa pratica wahhabita o subire la violenza.
E’ in tale contesto che l’ISIS recapita i messaggi insistenti e chiari ai musulmani che vivono in Occidente: schierarsi, o con l’Occidente come apostati, oppure con noi come un vero musulmano.
Il problema è che la diffidenza dei musulmani in Occidente è ogni volta maggiore. I crimini di odio sono triplicati nell’ultimo mese negli Stati Uniti, incoraggiati da irresponsabili candidati repubblicani alla presidenza. I partiti della destra xenofoba europei sono in crescita, guidati da demagoghi come Matteo Salvini in Italia, Geert Wilders in Olanda, e Marine Le Pen in Francia, e stanno assoggettando i musulmani a tempi difficili. Se li si costringe a chiarire maggiormente la loro lealtà, questo può spingere i giovani musulmani emarginati sul terreno dell’ISIS.
I rifugiati provenienti da paesi musulmani come la Siria, sono descritti come infiltrati ISIS. Se questa tendenza di radicalizzazione continua, diventerà un fenomeno che sopravviverà allo stesso ISIS. Più di 25.000 persone provenienti da 100 paesi hanno aderito all’ISIS: un aumento di 715 combattenti stranieri in soli dieci mesi. Secondo l’Istituto Pew, l’Islam ha ora 1,6 miliardi di fedeli, ma nel 2050 si avvicinerà ai 1,8 miliardi di cristiani, nel 2075 avrà lo stesso numero e nel 2100 sarà la più grande religione nel mondo. Infatti, è la religione che ha il maggior numero di bambini sotto i 15 anni.
Il progetto a lungo termine dell’ISIS è quello di provocare uno scontro di civiltà. Se la polarizzazione continuasse, con l’Occidente come un chiaro nemico, potrebbe essere l’eredità di ISIS. Ciò significa passare dal locale al globale.
L’anno 2016 sarà cruciale per vedere se questa polarizzazione aumenterà o meno. L’Occidente sarà in grado di comprendere la trappola su cui sta camminando? In ogni caso, la nostra vita quotidiana è già sotto attacco. Viaggiare è diventato un incubo. Gli Stati Uniti stanno ora limitando la propria politica dei visti per gli europei. I costi della sicurezza sono aumentati dell’83 per cento in Europa, secondo una stima dell’Interpol. La paura si sta infiltrando sempre più nel subconscio collettivo. Se nell’anno 2016 ci saranno più stragi come Parigi e San Bernardino, la paura e la polarizzazione seguiranno una tendenza che può diventare irreversibile.
Ostacolo 3: rifugiati
Con i mezzi di comunicazione che coprono soltanto gli eventi e non i processi, la crisi dei rifugiati è ora passata in secondo piano, anche se nulla è cambiato: la gente muore come prima, i paesi hanno eretto muri e continueranno ad adottare misure più rigorose, ma con l’inverno meno persone sono disposte a rischiare la vita.
Se si considera una visione a lungo termine, l’Europa, l’Australia, gli Stati Uniti e altri paesi ricchi semplicemente non sono culturalmente preparati ad accettare due fatti inevitabili. Il primo, che l’omogeneo e bianco mondo cristiano che conosciamo, non è sostenibile. È una legge fisica che uno spazio vuoto attira il troppo pieno.
La crisi attuale è interamente dovuta ad azioni militari irresponsabili adottate per deporre un dittatore scomodo, senza alcuna pianificazione per il dopo. In poco tempo, Saddam Hussein e Muammar Gheddafi sono stati deposti con successo, ma il loro paese è caduto nel caos e nella miseria.
L’ultimo tentativo, di rovesciare Bashar al-Assad, è diventato una guerra di potere. La Russia e gli sciiti (Iran, Hezbollah) hanno mantenuto l’obiettivo, nonostante gli sforzi di Europa e Stati Uniti. La Siria ha registrato quattro milioni di profughi e solo un quarto di loro tenta di cominciare una nuova vita in Europa.
Allo stesso tempo, l’Europa soffre di un calo demografico significativo della popolazione. Secondo le Nazioni Unite, l’Europa ha bisogno di almeno due milioni di persone in più per mantenere il sistema pensionistico e l’economia installata e funzionante. Saranno necessari almeno 350.000 nuovi immigrati ogni anno, fino a quando la popolazione non si stabilizza di nuovo intorno 2080.
Naturalmente, non vi è alcuna campagna politica di educazione per diffondere questa realtà. I partiti di destra hanno un sogno, quello di tornare al tempo in cui eravamo tutti bianchi, con il cristianesimo come nostro legame comune, per difendere la nostra identità e la nostra storia.
Se guardiamo oltre la nostra crisi attuale, ci rendiamo conto che i cambiamenti demografici sono sorprendenti. Secondo le ultime proiezioni delle Nazioni Unite, il mondo del 2100 non avrà 9miliardi di abitanti come si prevedeva prima (ora siamo a 7,5miliardi), ma 11miliardi e 200 milioni.
L’Africa allora sarà di 4miliardi e 400 milioni di persone, rispetto al miliardo attuale. L’Etiopia, per fare un esempio, aumenterà dagli attuali 100 milioni di persone ai 243 milioni entro il 2100.
L’Africa nel 2100 costituirà il 39% della popolazione mondiale, quasi quanto l’Asia e quattro volte la popolazione dell’Europa e del Nord America messe insieme. L’Africa è in gran parte musulmana…
Ricordiamo che ora l’Europa e gli Stati Uniti stanno accettando (simbolicamente nel caso degli Stati Uniti) i rifugiati o coloro che hanno dovuto lasciare le loro case a causa del conflitto. Questo esclude le persone minacciate di morte a causa della discriminazione, come i gay in Africa, le ragazze nigeriane schiavizzate da Boko Haram, i gruppi religiosi come i cristiani in Medio Oriente, o i rohinyás, un gruppo etnico musulmano in Myanmar…
Questo esclude i migranti economici, o coloro che hanno lasciato la propria casa perché non possono nutrirsi e sfuggire alla fame, non alla guerra. Dobbiamo anche aggiungere la nuova categoria di rifugiati climatici, che ora non esistono in questo dibattito.
Proiezioni dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite indicano che a seconda di come implementiamo l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico, in 50 anni, con un aumento di 3 gradi potremo raggiungere i 250 milioni di sfollati e con 4,5 gradi, un miliardo di persone.
Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, “negli ultimi 30 anni siccità e inondazioni sono triplicate” ed i cambiamenti climatici hanno creato più profughi di quanto abbiano fatto le guerre. Il Consiglio di Sicurezza ha pubblicato un rapporto che mostra come oltre un milione di contadini siriani, rovinati dalla siccità tra il 2007 e il 2010, deboli e impreparati, si rifugiarono nelle città e in preda alla disperazione hanno svolto un ruolo cruciale nella rivolta della primavera araba contro Assad.
Quindi è il momento di rendersi conto che l’Occidente si trova ad affrontare un cambiamento storico, con conseguenze drammatiche sul proprio stile di vita, sui costumi e le pratiche quotidiane. Questo potrebbe essere realizzato con una graduale accettazione dei nuovi arrivati al club, in armonia ed in coesistenza con i valori occidentali, o minacciandoli col pugno, così come fanno Salvini e Trump. Il 2016 sarà molto importante per vedere cosa ci riserva il futuro, soprattutto dopo le elezioni americane.
Ostacolo 4: declino della democrazia
E’ tempo di rendersi conto che dopo la crisi economica del 2009, l’avversione alla politica non solo ha causato la crescita dei partiti xenofobi e di estrema destra, ma ha anche minato il prestigio della moderna democrazia come valore indiscutibile. Ora abbiamo il primo ministro ungherese Viktor Orban, che sostiene apertamente una “democrazia illiberale”, considerando il suo modello Vladimir Putin.
La Polonia sta seguendo la stessa direzione e in tutta l’Europa orientale vi è un chiaro spostamento a destra, segnato dalla pressione della NATO e degli Stati Uniti per aumentare le barriere militari alla Russia. La NATO alimenta la paranoia di Putin offrendone l’ingresso al Montenegro, un paese di soli 2.000 soldati.
Tutti questi paesi hanno respinto gli accordi europei sui rifugiati che ricevono così come qualsiasi altro incarico di Bruxelles. Naturalmente il denaro comunitario è richiesto ed accettato.
Da parte sua, Putin ha stabilito un’alleanza informale con partiti di destra, come un leader in difesa della propria identità e della propria religione. Ha anche dato un finanziamento di 5 milioni di euro per il Fronte Nazionale della Le Pen.
In tempi di crisi, le persone sono più interessate alla sicurezza del lavoro piuttosto che in chi è al potere. Molti elettori di sinistra classici, come i lavoratori e i disoccupati, ora votano per partiti di destra, credendo nelle loro promesse di tornare al passato dorato. Essi non sono più interessati alle ideologie o alle visioni politiche. Pensano che la destra e la sinistra non esistono più. Sono disillusi dal sistema partitico classico e sono disposti a provare qualcosa di nuovo che non faccia parte dell’establishment. Questo è il motivo del successo di Le Pen in Francia e del sostegno sconcertante a Trump negli Stati Uniti. Ancora più sconcertante è il successo di un presunto socialista Bernie Sanders, termine che è vicino all’anatema negli Stati Uniti.
Certo, i partiti xenofobi di destra non sono inclini alla cooperazione internazionale e al dialogo con gli altri. Ma il vero problema è che siamo in una crisi della visione politica.
Quando le ideologie vengono scartate come reliquie e il passo successivo è quello di approvare il pragmatismo come una soluzione, in realtà si sta facendo della politica una serie di soluzioni ad hoc, senza alcuna prospettiva finale per la società. Ogni azione è scelta come più utile per quello specifico argomento. Questo non è pragmatismo, è utilitarismo, cioè, ridurre la politica all’amministrazione e questo non attrae la partecipazione delle persone, soprattutto i giovani. E il livello amministrativo della politica, senza nessuna visione, è incline alla corruzione, che è chiaramente in crescita nelle democrazie occidentali.
La paura sta rafforzando la destra, non la sinistra. Secondo diversi sondaggi, ora la paura si sta radicando nella nostra vita quotidiana. Uno studio del sistema dei valori del mondo, ha scoperto che attualmente solo un quinto degli americani considera la democrazia come principio fondamentale.
Lo stesso sta accadendo in Europa, secondo la stessa indagine. In altre parole, nazismo e stalinismo sono in dissolvenza in un vago ricordo. E sta diventando popolare il modello cinese, dove può essere presa una decisione in tempi brevi, migliorando la produttività e l’azione.
Certo non siamo ancora in un clima di Repubblica di Weimar. Ma al suo posto stiamo ricevendo molti degli ingredienti che hanno portato un oscuro demagogo a governare il paese più avanzato del tempo.
Sarà importante vedere se quest’anno la demagogia continuerà a crescere o diminuirà. Ma quello che sarebbe importante è che tutti cominciamo a mettere la democrazia sotto sorveglianza, e non come valore superiore alla tensione.
La democrazia è sotto attacco, non solo dell’ISIS e del terrorismo, ma anche di leader eletti dai loro cittadini, che sia Orban o Putin, che possono contare su un tasso di approvazione fenomenale. Così che è il momento di prendere in considerazione che un segmento crescente della popolazione in Occidente sta trovando rifugio nei sogni del passato, con la politica su temi economici fuori della realtà. La democrazia, purtroppo, è in declino.
Ostacolo 5: declino dell’Europa.
Nel 2016 David Cameron probabilmente terrà un referendum sul rimanere o meno nell’Unione europea. Questa è la trappola in cui primo ministro si è infilato, promettendo di rinegoziare la permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea. Ottenere più benefici o lasciarla. E’ ormai chiaro che con le mani vuote, perderebbe il referendum, dal momento che si suppone che vogliano rimanervi.
I negoziati con l’Europa andranno avanti nei primi mesi dell’anno. La Germania considera una catastrofe se la Gran Bretagna se ne va, cosa che aiuterà Cameron. Indipendentemente da ciò che l’Unione europea conceda alla Gran Bretagna, immediatamente tutti i paesi dell’Europa orientale faranno le loro richieste. Questo segnerà la fine dell’integrazione europea. Il 2016 potrebbe essere l’anno in cui questo accadrà.
Ostacolo 6: nazionalismo in Asia.
Si tratta di una realtà inquietante che per la prima volta dalla fine dell’ultima guerra, i principali paesi asiatici, la Cina, l’India e il Giappone, sono governati allo stesso tempo da leader nazionalisti. Anche se ovviamente diversi nella propria realtà e nello stile (niente a che fare con i gemelli Putin-Erdogan), stanno rinnovando il glorioso passato e le umiliazioni subite nella seconda guerra mondiale, spingendo i cittadini a sostenerli.
Il Presidente Xi Jinping ha lanciato “il sogno cinese” che si basa sul riportare in vigore le vecchie glorie dell’impero e la vendetta per le umiliazioni dell’occupazione europea e giapponese e la guerra dell’oppio. Due anni fa furono distrutti negozi e proprietà, senza, in un primo momento, l’intervento della polizia. La Cina ha avviato un piano per contrastare l’influenza degli Stati Uniti attraverso il finanziamento di diversi progetti grandiosi, tra cui la creazione di una banca alternativa alla Banca Mondiale controllata da Washington.
Su invito di Xi, 45 paesi hanno aderito alla Banca, che avrà una dotazione di 200 miliardi di dollari, nonostante l’opposizione di Washington. Si intende inoltre ricreare l’antica “Via della Seta”, investendo oltre 50 miliardi di dollari. E si prevede di finanziare il “collegamento ferroviario bi-oceanico”, una linea ferroviaria che coprirà un percorso di 5.000 chilometri tra le coste del Perù e del Brasile.
La Cina ha concesso prestiti di oltre 80 miliardi di dollari a Venezuela, Ecuador e Argentina. Si tratta dell’invio di un messaggio al “cortile di casa” tradizionale degli Stati Uniti: ridurre il credito con Washington, noi altri abbiamo più risorse. Le riserve della Cina sono 3,8 mila miliardi di dollari.
Stanno intervenendo pesantemente in Africa, al punto che lo Zimbabwe sta valutando la parità fissa della propria moneta con lo yuan. Si sta espandendo la propria zona marittima esclusiva, con la costruzione di basi in alcune piccole isole, che sono state reclamate da dversi paesi asiatici. La Cina ha aumentato la sua spesa militare del 7% nel nuovo piano quinquennale.
Il primo ministro giapponese Shinzo Abe sta andando nella stessa direzione. Ha appena aumentato il budget militare del 7%, e, soprattutto, ha fatto una interpretazione della Costituzione, che permette alla Difesa giapponese di tornare ad operare all’estero. Giustifica il cambiamento dicendo che è per casi limitati. Tuttavia, è come dare liquore nei cioccolatini ripieni ad un ex alcolista.
I sondaggi mostrano un crescente aumento della destra e dei nostalgici, che sentono la sconfitta nella seconda guerra mondiale come un’umiliazione da eliminare. Abe si è rifiutato di chiedere scusa per la violenza usata contro i civili da parte delle truppe giapponesi in Cina ed a riconoscere le responsabilità del Giappone nel reclutamento forzoso di oltre 60.000 ragazze coreane utilizzate dai soldati giapponesi come “aiuti sessuali”.
Anche il primo ministro dell’India, Narendra Modi, sta ricordando il glorioso passato, tacitamente tollerando le azioni di settori della destra nazionalista. Già si parla di “una nuova gloriosa India”. Nel 2050, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, l’India supererà la Cina come il paese più popoloso del mondo: la differenza è che l’India ha il 41% della sua popolazione sotto i 18 anni, mentre la Cina in questo momento ha solo il 23% di giovani, in mezzo a un mare di persone anziane, a causa della sua politica del figlio unico.
Modi ha proiettato l’India in prima linea della scena internazionale, utilizzando la sua influenza nella Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici. Ora parla a nome di paese non industrializzato (la Cina ha cercato di farlo a Parigi, ma non è andata da nessuna parte) e sta anche aumentando il bilancio militare. Ha appena finito di acquistare armi cinesi per 12 miliardi di dollari, una somma considerevole per un paese che ha bisogno di iniezioni drammatiche nel suo sistema sociale, dell’istruzione e della sanità, oltre ad infrastrutture di base.
In altre parole, se vi è un posto in cui una nuova guerra mondiale potrebbe arrivare, è l’Asia. E questo avverrebbe in una scala davvero senza precedenti. Ciò che preoccupa è che tutti i paesi asiatici stanno aumentando il loro bilancio della difesa.
Quanto di tutto ciò porterà qualche grande evento nel 2016? E’ difficile da prevedere. Ma sarebbe importante guardare all’Asia come a un luogo di preoccupazione per la pace mondiale.
Ostacolo 7: discesa dell’America Latina.
Per quanto questo sia un problema regionale, in un mondo interconnesso tutto ha rilevanza per il mondo intero. L’America Latina è stata negli ultimi dieci anni un player internazionale attivo, contribuendo allo sviluppo del mondo. La diminuzione delle importazioni cinesi di materie prime, e l’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve a Washington, (che cambieranno gli investimenti in America Latina per il mercato statunitense) sono due aspetti che stanno gravemente interessando la regione.
Alcuni economisti parlano già di un nuovo ciclo negativo che potrebbe durare diversi anni. I prezzi bassi delle materie prime stanno interessando l’intera regione, dal rame in Cile al petrolio in Venezuela ed Ecuador o ai prodotti agricoli in Argentina. In Venezuela, Nicolas Maduro continua ad ignorare la nuova realtà e la Banca Mondiale prevede una recessione del 10% nel 2016. Egli potrebbe rimanere al potere, ma solo con la soluzione dei problemi, per i quali non ha fondi.
Lo stesso sta accadendo in Ecuador. L’Argentina ha già cambiato rotta e sta tornando alle politiche neoliberiste del passato. Il Brasile è nel bel mezzo di una crisi di corruzione, che nasconde una situazione economica molto difficile. La Commissione Economica per l’America Latina ha pubblicato un rapporto allarmante che prevede una grave caduta. Il rapporto ha indicato che alla fine del 2016 avremo un quadro più nitido una volta che sarà chiaro se la locomotiva cinese è in perdita temporanea di velocità o in un processo più duraturo.
Ostacolo 8: aumento degli armamenti
Secondo le proiezioni dell’Istituto svedese per la Pace, il 2016 vedrà un aumento dei costi per armamenti di circa il 3%. Tale incremento è pari a 600 miliardi di dollari, un importo che avrebbe potuto risolvere gli ambiziosi obiettivi dei Millennium Development Goals fissati dalle Nazioni Unite, l’importo richiesto a Parigi dai paesi industrializzati per accedere a una tecnologia pulita, un problema, tuttavia, irrisolto.
Ma il dibattito sulla riduzione delle armi ignora una realtà impressionante: i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Francia, Stati Uniti, Cina, Regno Unito e Russia) con il compito di garantire la pace, rappresentano l’82% del commercio per armamenti. Con la Cina che ora sta entrando massicciamente nella produzione di armi, tale percentuale è destinata a crescere.
Le Nazioni Unite cominciarono ad autorizzare l’“intervento umanitario” in Somalia tra il 5 dicembre 1992 ed il 4 maggio 1993. L’obiettivo dell’invasione degli Stati Uniti fu quello di portare aiuti umanitari in un paese canaglia, dove le milizie in conflitto portano la popolazione a morire di fame. Il saldo dell’operazione (con una rapida uscita degli Stati Uniti, dopo che molti dei suoi soldati giacquero cadaveri sulla strada principale di Mogadiscio), ha significato un costo totale delle operazioni militari di 900 milioni di dollari. Il valore delle forniture di cibo e di altre forniture è stato di 90 milioni di dollari.
Tale proporzione è rimasta uguale in tutti i casi. E’ sempre molto più facile trovare le risorse per le operazioni militari che per gli interventi umanitari. La massiccia ondata di profughi di tutte le guerre locali in Africa e in Medio Oriente, è una conseguenza di tale priorità. L’Europa ha accettato di dare 3 miliardi di dollari alla Turchia ed eliminare i visti, al fine di mantenere i profughi siriani lì. Ora si sta spendendo un importo che non è ancora quantificabile per i rifugiati, ma sicuramente è già in miliardi di dollari. Se quei soldi si fossero spesi per aiutare le popolazioni nelle zone di conflitto, certamente il numero di rifugiati che bussano alle porte sarebbe stato molto minore.
Purtroppo il 2016 sta andando in quella direzione. Le spese per armamenti aumenteranno, mentre gli aiuti allo sviluppo sono in declino ovunque. Il bilancio degli aiuti si sta utilizzando per finanziare nuovi rifugiati che arrivano e probabilmente per finanziare gli impegni di Parigi. Pertanto, l’importo dell’aiuto alle popolazioni povere è in calo. L’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sotto le Promesse di Contribuzione per le Attività di Sviluppo, tenutasi il 10 novembre a New York, ha riportato un “drammatico declino” dei contributi dei donatori da 560 milioni di dollari nel 2.014 a 77 milioni di dollari, che coprono gran parte del 2015. Naturalmente, questo sta andando a fare aumentare i migranti economici.
Ostacolo 9: aumento della disuguaglianza.
Finora la rivista The Economist ha osservato che “senza dubbio, i ricchi diventano sempre più ricchi e i più ricchi diventano più ricchi più velocemente.” Una ricerca della University of California, ha scoperto che la percentuale di ricchezza americana che detiene lo 0,1 per cento delle famiglie più ricche è aumentata del 7% nel 1979 e del 22% nel 2012. E quella dei più ricchi, quelli dello 0,01 per cento (circa 16.000 famiglie), è balzata dal 2% all’11%. Naturalmente, questi non ottengono soldi stampati appositamente per loro, ma si succhiano i soldi della massa monetaria totale, il che significa che alcune persone stanno consegnando la propria ricchezza. Un altro studio ha documentato che dal 2008, la classe media americana si è ridotta a 10 milioni di famiglie.
Questa è una tendenza mondiale. In Spagna, i ricchi sono aumentati del 40% dal 2008. Nel 2014, il numero dei milionari in tutto il mondo è aumentato di 920.000 individui. Secondo la Banca del Canada, ora nel mondo ci sono 14,6 milioni, che possiedono più di un milione di dollari in contanti, oltre alla casa principale, le automobili e merci varie. Il divario tra manager e impiegati e operai cresce ogni anno, con poca protesta. Un amministratore delegato di una delle 500 aziende che fanno parte della lista delle Imprese Fortuna (quelle di maggior successo) aveva un reddito medio di $ 17,5 milioni di dollari, ed alcuni potrebbero raggiungere i 200 milioni.
Un certo numero di economisti, tra cui quelli della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, ha messo in guardia che la disuguaglianza non ha solo implicazioni economiche sociali e politiche, perché riduce il potere d’acquisto dei poveri, elimina i piccoli negozi e le imprese ed erode la classe media, che è la base per la stabilità sociale.
Il famoso libro “Il capitale nel XXI secolo” di Thomas Piketty, pone al punto centrale la concentrazione della ricchezza, le società democratiche perdono la fiducia nella giustizia dei governi, che sono visti come alleati del grande capitale. La campagna di Le Pen contro i “plutocrati” ricorda il linguaggio usato da Mussolini e Hitler: tutti i partiti di destra denunciano i banchieri come nemici, e sono indignati per coloro che vedono il declino del proprio stile di vita, o i propri figli senza lavoro, mentre alcuni sono oscenamente ricchi.
Ciò che è sconcertante in questa esplosione senza precedenti di disuguaglianza (secondo Oxfam, nel 2025 l’Inghilterra avrà lo stesso livello di ingiustizia dell’epoca del regno della regina Vittoria), è che la bandiera è stata generalmente sventolata dai partiti di destra piuttosto che da quelli di sinistra. E la disuguaglianza non è diventata una grande questione politica.
Se non fosse per Bernie Sanders, la sinistra sarebbe del tutto assente nelle elezioni americane. Ora due ricercatori, l’economista russo Vladimir Gimpelson e il politologo americano Daniel Treisman, hanno realizzato uno studio illuminante. Hanno osservato una raccolta di sondaggi di 40 paesi, sia ricchi che poveri.
La conclusione della gente circa la distribuzione del reddito e sul dove si trovano è che pensano che non poteva essere peggiore. Coloro che erano relativamente poveri tendevano a descrivere se stessi come classe media. In Italia si trattava di più della metà di coloro che stavano in condizione di necessità pur se erano collocati nella metà della scala del reddito. In Francia e in Svezia, la proporzione era di più di un terzo. Al contrario, coloro che stanno meglio tendono a pensare che essi non sono ancora riusciti. In Francia, Italia e Gran Bretagna, il 40 per cento o più di persone che hanno proprietà come seconde case, sono posti nella metà inferiore.
In termini marxisti, ciò significa che la gente ha perso il senso di classe, e quindi non si risente della disuguaglianza come prima. Ciò significa che la classe politica non avverte la diseguaglianza come un problema cruciale. Non è un caso che il termine “giustizia sociale” è praticamente scomparso dal dibattito politico. Ma per quanto tempo ancora?
Nel 2016, si vedrà che questa tendenza continuerà. E ‘difficile per le persone rendersi conto di quanto questo processo di concentrazione sta diventando estremo. Consideriamo due esempi nobili per illustrarlo. MarkZuckeberg, il fondatore di Facebook, ha annunciato che donerà il 99% delle sue azioni, del valore di 45 miliardi di dollari in filantropia. Si tratta di una somma che compete con il progetto della Cina per la ferrovia che da Pechino va verso l’Europa, quindi è un atto estremo di filantropia.
Ma tenete a mente che l’1% con cui è rimasto, è di 450 milioni di dollari: 400 volte il reddito vitale di un laureato. E la fondazione Bill e Melinda Gates, un’istituzione molto importante, che è dotata di 44 miliardi di euro, ha donato 5 miliardi nel 2014: questo era ad ogni modo meno dei 7,4 miliardi che si sono accumulati attraverso i nuovi contributi, redditi da capitale e aumento del valore patrimoniale. In altre parole, il denaro attrae così tanti soldi, quando si ha un sacco di cose, starà sempre lì, a meno che non lo si disperda, cosa che in genere i miliardari non fanno… Quando Zuckeberg era in luna di miele a Roma, non lasciato nessuna mancia al cameriere attonito di un ristorante del quartiere ebraico.
Ostacolo 10: il proprio impegno personale.
Questo elenco di ostacoli è molto soggettivo e lascia fuori diverse questioni che sono molto importanti, quali il genere, i diritti umani, l’aiuto allo sviluppo, il controllo delle finanze, i migranti, ecc. Se siete arrivati a questo punto del mio articolo, vuol dire che siete impegnati a realizzare un mondo migliore e siete un lettore raro.
Secondo uno studio dell’UNESCO, solo il 3% della popolazione mondiale è in grado di leggere 5.000 parole di materiale astratto senza darsi per vinto. Significa anche che avete qualche forma di impegno, probabilmente con i problemi che non ho esposto. Sarebbe il risultato più positivo di questo scritto, se si potesse fare uno sforzo e pensare a come si andrà nel 2016: se l’anno ormai nato sembra positivo per gli impegni di ciascuno… Lo scopo di Othernews è quello di stimolare il pensiero e la coscienza. Trasformiamo questa volontà nell’agurio di un eccellente Anno Nuovo a tutti voi!
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* Giornalista italiano-argentino. Co-fondatore ed ex direttore generale di Inter Press Service (IPS). Negli ultimi anni ha anche fondato Other News, un servizio che fornisce “informazioni che i mercati eliminano”. Other News. In spagnolo: www.other-news.info/noticias/ in inglese: www.other-net.info

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::autore_::di Roberto Savio *::/autore_:: ::cck::995::/cck::

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