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Il 14 gennaio scorso veniva annunciata con grande risalto sui media di tutto il mondo la fine del contagio da Ebola, una delle malattie infettive…
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Il 14 gennaio scorso veniva annunciata con grande risalto sui media di tutto il mondo la fine del contagio da Ebola, una delle malattie infettive tra le più gravi e pericolose per il suo veloce contagio che sia apparsa negli ultimi decenni in Africa.
Il nome deriva dal fiume Ebola, un affluente del grande fiume Congo, creduto per molto tempo in prossimità dell’area dove si era sviluppato il primo focolaio della malattia.
Scoperta nel 1976 nello Zaire e nella Repubblica democratica del Congo, fu fin dall’inizio chiaro che ci trovava davanti ad una epidemia fino ad allora sconosciuta che nel giro di appena tre giorni portava la persona contagiata alla morte certa dopo diarrea con sangue, dolore retro-sternale, addominale e anche prostrazione con “pesantezza” nelle articolazioni.
L’ultima morte per Ebola confermata in Liberia risale al 27 marzo così l’Organizzazione Mondiale della sanità (Oms) ha decretato la fine contagio del virus di Ebola in questo Stato che ha visto in appena due anni, morire più di 11mila persone come in Liberia, in Sierra Leone e Guinea.
“Per la prima –afferma l’Oms– dall’inizio dell’epidemia tutti e tre i Paesi maggiormente colpiti non hanno notificato alcun caso da almeno 42 giorni“.
Questo periodo, ovviamente, non è scelto a caso, ma è il tempo sanitario previsto per affermare la fine della sua propagazione.
In Sierra Leone questa fine dell’emergenza era già stata annunciata il 7 novembre e nella Guinea appena tre settimane fa, il 29 dicembre.
Miglioramenti nella lotta contro il virus sono stati censiti in tutta l’area interessata e, per la prima volta dall’esplosione dell’epidemia, già nell’ultima settimana di dicembre del 2014, si sono registrati meno di venti casi accertati.
Certamente buone notizie, ma, fanno notare gli esperti, non è ancora il momento di abbassare la guardia, “resta, infatti, ad alto rischio di ulteriori piccoli focolai di Ebola” anche perché i fattori ambientali per un nuovo contagio rimangono tutti con tre denominatori comuni: povertà, guerriglia e corruzione.
Fin qui le buone notizie, ma appena poche ore dopo l’importante annuncio dell’organizzazione Mondiale della sanità della fine dell’epidemia in Africa occidentale, il virus di Ebola, come se nulla fosse, tornava a colpire con una nuova morte in Sierra Leone che solo qualche giorno fa l’Oms ne aveva certificato la fine della sua diffusione.
Ora la paura torna anche tra la popolazione di Freetown, capitale della Liberia, da quando le analisi condotte sulla morte di una giovane donna in un villaggio, hanno dato esito positivo per la presenza del virus.
Una notizia che ha creato angoscia in tutta l’area interessata dal contagio, specialmente dopo pochi giorni dall’annuncio dell’Oms. Una situazione che lascia a dir poco sconcertati.
Una lotta di cui si accenna la vittoria e 48 ore dopo si deve ammettere la sconfitta, se non ancora della guerra, ma certamente nella dura battaglia contro Ebola.
La battaglia contro questo contagio ci riguarda tutti da vicino, non solo per un sentimento di solidarietà, perché in un mondo così globalizzato nessuno può più sentirsi tranquillo a casa propria, specialmente quando il nemico è un virus invisibile.
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::autore_::di Lorenzo Testa::/autore_:: ::cck::1029::/cck::