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A volte c’è da domandarsi in che Paese si vive o, meglio, in che Europa siamo costretti a vivere.
Uno dei tanti casi che hanno suscitato clamore per come funziona la giustizia europea…
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A volte c’è da domandarsi in che Paese si vive o, meglio, in che Europa siamo costretti a vivere.
Uno dei tanti casi che hanno suscitato clamore per come funziona la giustizia europea è stato il dramma, perché tale rimane, dello sradicamento di piante di olivi secolari nel Salento per il contagio della Xylella, il batterio che ha colpito gravemente queste piante anche se le cifre di quelle colpite è di qualche centinaio rispetto alle migliaia di alberi sull’intero territorio salentino.
Ma la giustizia, specie se europea, è inflessibile e per ridurre l’effetto contagio ha pensato bene di agire come nel noto esempio di schiacciare una noce con uno schiacciasassi. Così, negli ultimi due anni, abbiamo assistito inermi alla morte anche di piante sane e secolari per una direttiva europea che fin da subito è stata contestata proprio dai contadini che questi problemi li vivono quotidianamente senza bisogno di suggerimenti da Bruxelles.
Per fortuna c’è sempre un “giudice a Berlino“, in questo caso il Tar del Lazio che dopo attente indagini, ha impugnato la direttiva Ue ritenendo viziato il provvedimento di attuazione di Bruxelles e, di fatto, illegittimi tutti gli atti a seguire e portando il caso davanti ai giudici dellaCorte di Giustizia europeaa Lussemburgo per una sentenza definitiva.
Decisioni che se convalidate, renderebbero di fatto illegittimi tutti i provvedimenti finora attuati: dal decreto del ministro Maurizio Martina del 19 giugno 2015 al secondo intervento del commissario straordinario Giuseppe Silletti.
Ma cosa è successo di tanto importante da far agire i giudici del Tar?
È presto detto: la procedura giudiziaria nasce da un esposto presentato da tre olivicoltori salentini di Oria contro lo sradicamento delle piante ritenuto arbitrario e non risolutivo del problema di contagio.
Accertata l’idoneità dell’intervento, il Tar ha deliberato la decisione di impugnare l’esecuzione dello sradicamento, approvata già dalla Commissione europea lo scorso 18 maggio e su cui l’Italia ha impostato la strategia contro il batterio, perché contraddirebbe con l’atto da cui dipende la direttiva del Consiglio dell’8 maggio 2000.
I giudici hanno rilevato delle grandi incongruenze perché in quella direttiva: “non si rinvengono norme che impongano l’eradicazione di organismi vegetali ‘sani’ presenti in un determinato raggio da organismi riconosciuti come ‘infetti’, senza prima dare luogo ad approfondimenti scientifici idonei a ritenere tale misura l’unica idonea a evitare la diffusione di organismi nocivi”, invece, in Italia è stata ordinata l’estirpazione di tutte le piante, anche solo eventualmente possibili ospiti di Xylella, almeno a cento metri da quelle infette. Per comprendere il danno, solo nei terreni intorno a Torchiarolo, vicino Lecce, avrebbe comportato il deserto per una superficie di 120 ettari a fronte di solo 40 ulivi contagiati.
Come se ciò non bastasse: “Nel caso di specie – è scritto ancora nell’ordinanza – non vi è certezza scientifica sull’eventuale patogenicità del batterio Xylella sulle piante ospiti” e a fronte di una posizione dubitativa espressa dall’Efsa(Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) “Persino sulla distruzione delle piante infette, la Commissione europea avrebbe dovuto ragionevolmente astenersi dall’adottare misure più gravi e restrittive”.
Davanti a tutto questo caos giuridico che ha distrutto coltivazioni secolari con danni incalcolabili, l’Europa, come se nulla fosse successo, ha ufficialmente messo in mora il nostro Paese, lo scorso 10 dicembre, per i ritardi accumulati nella lotta al batterio Xylella fastidiosa, insomma non abbiamo sradicato abbastanza olivi nelSalento, così verso l’apertura di una procedura d’infrazione comunitaria, già scongiurata lo scorso ottobre.
La nostra burocrazia ha tanti difetti che ben conosciamo, ma potrebbe anche venire il sospetto che tra gli organi della Commissione stessa non si parlino se questi sono i risultati, creando disordine su disordine.
E intanto chi pagherà i danni se dovesse risultare improvvida la risoluzione di sacrificare gli olivi? Aspettiamo fiduciosi la sentenza di Lussemburgo sperando che anche li ci sia un “giudice” come a Berlino.
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::autore_::di Fabrizio Cerami::/autore_:: ::cck::1036::/cck::