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Ogni romano ha una ricchezza inaspettata, almeno ufficialmente. No, non ci riferiamo ai soliti monumenti, alle chiese alle opere sparse nella città…
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Ogni romano ha una ricchezza inaspettata, almeno ufficialmente.
No, non ci riferiamo ai soliti monumenti, alle chiese alle opere sparse nella città che come si suole dire il mondo ci invidia, ma di qualcosa di più profondo legato alle viscere, è proprio il caso di dire, della città: i topi, per i quali ogni abitante della capitale ha diritto ad almeno due o tre topi a testa e in certi posti anche di più.
Pantegana, sorcio, ratto e tante altre denominazioni per indicare un animaletto, che al di la di un musetto simpatico, è considerato da sempre, insieme agli scarafaggi, quanto di più schifoso possa esistere e la convivenza con lui è da sempre una calamità.
Considerato da sempre portatore di malattie, ricordiamo tra tutte la famosa peste bubboni o peste nera che ha afflitto per secoli i nostri antenati, e le nuove patologie per ora fortunatamente ancora circoscritte.
Qualche giorno fa a Roma, un impiegato preposto alla biglietteria dei Fori imperiali, gli scavi archeologici certamente tra i più importanti al mondo, marcando i biglietti alle frotte di turisti ha trovato delle gocce di sangue sul suo tavolo di lavoro. Ha alzato gli occhi al soffitto e si è accorto che c’era un grosso topo morto da poco.
Nonostante i turisti, l’ufficio è stato chiuso per disinfestazione e derattizzazione.
Certo, ogni grande città ha i suoi ospiti indesiderati e le cause sono molteplici anche se sempre riconducibili alla mancanza di pulizia urbana.
Dieci anni fa il metrò di Parigi ne fu letteralmente invaso, si parlò addirittura di un milione di ratti e otto anni dopo i simpatici roditori pensarono bene, come ogni turista che si rispetti, di andare a visitare il Louvre creando non pochi problemi al museo tra i più celebrati al mondo.
Un problema che ha investito anche la Grande Mela, tanto che due ricerche sull’argomento hanno previsto nientemeno il pericolo di una pandemia di peste bubbonica a New York, roba da film dell’orrore.
Mentre appena lo scorso anno un’associazione annunciò un allarme sul pericolo topi a Milano, denunciando la presenza di ben 5 milioni di questi animaletti, stime smentite poi con sdegno dal Comune.
Dunque, mal comune mezzo gaudio, come recita un famoso adagio, niente affatto, Roma non è una città come tutte le altre.
Se la sua storia la rende grande, la pessima reputazione che si è costruita “sapientemente” in questi ultimi anni la rende una dannosa cassa di risonanza nel mondo, con tutte le conseguenze che questo comporta alla sua immagine di capitale che affoga nelle inefficienze di un comune incapace ormai di gestire anche i servizi più essenziali.
Il commissario straordinario della città, Francesco Paolo Tronca, ha denunciato davanti alla commissione parlamentare antimafia, una realtà a dir poco inquietante delle strutture comunali ormai “bloccata e intimorita, alla quale l’indagine Mafia capitale ha dato il colpo di grazia“.”Una realtà – ha illustrato il commissario, dove ormai – nessuno prende una decisione, nessuno mette una firma. Nessuno segnala criticità o problematiche in atto“. Con un amministrazione ridotta in questi termini per i topi è una vera manna.
A differenza di altre città funestate dalla loro presenza che almeno provano a combatterle, qui c’è il motto ‘vivi e lascia vivere’, peccato che si parli di topi e non tolleranza umana.
Quanti ce ne siano di ratti in città, non è facile saperlo, le stime sono sempre molto generiche, d’altra parte sfido chiunque a contare topo per topo magari dentro una bella cloaca. Nella capitale d’Italia, nessuno lo sa con esattezza, ma intanto circolano numeri impressionanti. addirittura si parla di numeri tra i sei e i nove milioni di esemplari, tre volte l’intera popolazione cittadina.
Un tempo c’erano i famosi gatti romani, ormai scomparsi, che certamente non potevano risolvere che in minima parte il problema rispetto alle moderne derattizzazioni che purtroppo anche queste da troppo tempo latitano in tutta la città.
Il problema, comunque, rimane sempre lo stesso: l’ igiene urbana.
Cassonetti stracarichi che non vengono svuotati nè tanto meno lavati regolarmente, rifiuti che rimangono ammassati fuori dai ristoranti o, peggio, i giardini pubblici convertiti in piccole discariche dove tutto diventa cibo da gran gourmet non solo per i topi, ma anche per i nuovi arrivati come corvi, cornacchie e gabbiani.
Combattere in queste condizioni non è facile, anzi sembra proprio una battaglia già persa perché, come afferma su Repubblica l’imprenditore veneto Massimo Donadon; “Roma è una città sporca. Quando è così, tutto è più difficile” e lo dice uno che è fondatore e presidente di Mayer Braun Deutschland, un’azienda leader nel mondo impegnata a liberare dai topi città come New York, Pechino, Santiago del Cile, Amsterdam, Tokyo e molte altre grandi metropoli.
Ciò che mi ha colpito nell’intervista è che i topi si combattono anche proprio con il cibo.”I roditori – afferma Donadon – del 2000 non sono quelli dell’800. Non mangiano formaggio, ma i resti della nostra cucina. Fin dalla gestazione iniziano ad affezionarsi agli odori dei cibi che trovano nei cassonetti, diversi da città a città“.
Dunque adattare le esche ai loro gusti: “A New York aggiungevamo margarina alle esche. In Germania grasso di maiale – prosegue Donadon – in Alto Adige farine di mele, a Pechino riso soffiato e in Cile farina di pesce. Così, per fare un esempio, a Milano potremmo insaporire le esche con panettone e a Napoli con salsa di pomodoro”.
Addio per i ratti a succulenti, ma volgari piatti nei bidoni dell’immondizia e prepariamo loro un vero e proprio menù a tre stelle sperando solo che non abbiano neanche il tempo per lamentarsi.
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::autore_::di Telesio Groppa::/autore_:: ::cck::1128::/cck::