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Chi protegge i nostri migranti?

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Quando parliamo di gente in fuga dalla propria nazione per motivi di guerra o di fame, pensiamo sempre alla Siria, ad alcuni Paesi asiatici e al continente africano senza distinzione di nazioni, di storia e tradizioni.

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Quando parliamo di gente in fuga dalla propria nazione per motivi di guerra o di fame, pensiamo sempre alla Siria, ad alcuni Paesi asiatici e al continente africano senza distinzione di nazioni, di storia e tradizioni.
Una nazione che difficilmente troverete in questa triste categoria è una terra al centro del Mediterraneo con almeno tremila anni di storia: è la nostra l’Italia,dove si registrano ormai più partenze che arrivi.
Insomma, siamo a tutti gli effetti un Paese di emigrati, senza però lo status riconosciuto ad altre etnie da parte delle struttureinternazionali, primi tra tutti l’Unione Europea.
Se qualcuno leggendo queste righe pensa ad uno scherzo purtroppo dobbiamo dirgli subito che non lo è.
In fondo, a guardar bene la storia patria, non è un fenomeno così straordinario.
Dalla sua unificazione, l’Italia in centocinquant’anni ha avuto a più riprese lo stesso fenomeno con un saldo come quello di oggi: erano emigrate dal Paese più persone di quante non ne fossero nate o arrivate da fuori.
È anche vero che dal 1861 a oggi la popolazione è triplicata grazie alla sua fertilità, nonostante emigrazioni, guerre e calamità naturali, ma adesso come in una nemesi storica, le culle sono vuote come ai tempi dell’Unità d’Italia.
Solo nello scorso anno, le donne e gli uomini che hanno oltrepassato il confine sono più numerosi rispetto ai nuovi immigrati arrivati fin qui.
Da qui la nostra personale idea provocatoria per una petizione a protezione degli italiani in fuga dalla povertà e in cerca di lavoro.
Per una informazione completa dobbiamo subito dire che i dati forniti dall’Istat negano che le partenze dal Paese superino di fatto gli arrivi, anzi il «saldo migratorio» fra persone che si stabiliscono nel Paese e quelle che lo lasciano sarebbe sceso negli ultimi anni, restando tuttavia ancora positivo. Anzi, lo scorso anno, secondo queste stime, solo per fare un esempio, abbiamo avuto 128 mila persone che hanno scelto l’Italia per vivere, contando gli sbarcati di Lampedusa, insomma più di quante non ne siano emigrate altrove.
Allora si chiederà il lettore dov’è il problema?
Purtroppo, i dati resi noti dalle autorità dei Paesi di destinazione dei nostri migranti ci dicono cose assai diverse dall’Istat.
Le uscite dall’Italia per lavoro potrebbero essere almeno non una, ma senz’altro due o tre volte più numerosi di quanto non si creda.
Diciamolo subito però a scanso di equivoci, l’Istat non mente sui dati, solo che, possiamo dire, dispone di relazioni almeno incomplete.
Negli ultimi due anni l’emigrazione fuori dall’Italia, causata della crisi e da una economia stagnante, è diventata così rapida da spiegare, per semplificare, una discreta parte del ritardo nella nostra crescita economica rispetto al resto d’Europa.
Per quanto riguarda i dati, ricordiamo che i nostri concittadini che risiedono all’estero in maniera permanente non sono obbligati ad avvertire le autorità italiane della scelta di vivere fuori del proprio Paese. Pochi lo fanno e anche con ritardo.
Anche se non cancella la sua residenza italiana, chi arriva in Germania, nel Regno Unito o in Svizzera deve assolutamente registrarsi immediatamente per poter conseguire il codice fiscale, l’assistenza sociale o il medico di famiglia.
E, stando alla burocrazia delle amministrazioni di Berlino, Londra e Berna, i numeri sugli immigrati italiani sono in media tre volte e mezzo più alti di quelli che registra l’Italia semplicemente perché aggiornati in tempo quasi reale.
Così la burocrazia dello Stato di destinazione sa perfettamente che c’è una nuova persona, ma quella dello Stato d’origine, leggi Italia, non si è mai accorta di aver perso un altro cittadino.
La Germania, per fare un esempio, è il caso più interessante: secondo la nostra Istat sono appena 17 mila le persone trasferitesi verso la Repubblica federale solo nel 2014, ma l’omologa agenzia tedesca ne conta, certificati alla mano, oltre quattro volte di più, circa 68 mila.
Così, se tutti i nostri migranti facessero come quelli che si recano in Germania, in Svizzera o nel Regno Unito, sarebbero usciti dal nostro Paese ben 435 mila italiani e quasi tutti giovani o giovanissimi, dunque ben più dei 273 mila stranieri arrivati, altro che saldo positivo.
L’Italia già oggi sta perdendo forse anche 300 mila residenti l’anno, contando anche il crollo delle nascite rispetto ai decessi con una perdita di circa lo 0,3% del Pil solo in consumi, che come in una spirale maledetta aumenta la crisi di lavoro e spinge i lavoratori fuori dall’Italia accrescendo di fatto la crisi senza soluzione spingendo di fatto altri cittadini ad oltrepassare per lavoro sempre di più i confini nazionali.
E allora, tornando all’inizio dell’articolo, all’idea certo provocatoria per protezione dell’Onu o della Ue si interessino di questi nostri migranti in cerca di lavoro, sempre più numerosi, oppure anche in questo caso ci sono migranti di serie A e quelli di serie B, inutile dire a quale categoria.

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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::1159::/cck::

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