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La “strana” parabola dei Cinquestelle

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Andamento dei sondaggi politici in Italia dalle elezioni del 2013: il tracciato giallo rappresenta il M5S. Attualizzazione al 13/02/2016. Autore Impru20 - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30339764
Il passare dei giorni, delle occasioni, le emergenze, i tornanti della vita politica nazionale ci stanno facendo assistere a un fenomeno interessante, che sembrava impossibile, augurabile per alcuni deprecabile per altri.

Il passare dei giorni, delle occasioni, le emergenze, i tornanti della vita politica nazionale ci stanno facendo assistere a un fenomeno interessante, che sembrava  impossibile, augurabile per alcuni deprecabile per altri. Parliamo del cammino dei Cinquestelle dai loro esordi conditi dai “vaffa’” grillini, alle contorsioni logico-verbali di Casaleggio, sino all’approdo nelle istituzioni.
Ebbene, una delle poche cose che appaiono sempre più evidenti è il compiersi di una vera e propria parabola spaziale, avvolta però da una perenne stranezza. In buona sostanza, nelle analisi abbiamo più volte sottolineato come la spinta iniziale, quella dei cittadini che dovevano riprendere in mano il loro destino avesse un reale fondamento, fatto sì di antipolitica, ma anche dell’aspirazione al cambiamento del sistema contro il quale ci si scagliava senza se e senza ma.
Il passare del tempo, l’ingresso in Parlamento, la democrazia sul web, stanno mostrando sempre più la grande metamorfosi che le schiere grilline stanno subendo. Non è però il compiersi di un destino ineluttabile e glorioso, ma piuttosto l’inevitabile impatto con la realtà. Le mura della Gerico politica sono cadute, sì, ma non sono crollate completamente ed esistono e resistono centri di interesse politico ed economico con i quali tutti devono fare i conti.
Potremmo dire che il Grillo urlante e messianico quale socio alle assemblee societarie di questo o quel colosso pubblico o privato, trasformatosi suo malgrado in politico riluttante, stia lasciando a qualcun altro il compito di entrare nelle istituzioni. Entrare, abbiamo detto, perché appare sempre più evidente che le menti più sveglie e acute tra i parlamentari e responsabili pentastellati, abbiano perfettamente capito che cosa vuol dire in pratica partecipare all’attività politica, sia parlamentare che in sede locale.
Le oscillazioni alle quali abbiamo assistito in occasione del voto sulle unioni civili, la libertà di coscienza nel voto sulla stepchlid adoption, hanno dato indicazioni precise sui mutamenti in corso e manifestato qualcosa che probabilmente i fondatori non avevano messo in conto o per lo meno nel valore che ha assunto: la necessità di fare politica, di parlare con le altre forze, di trovare punti comuni su cui convergere. Insomma mediare, confrontare. Tutte cose delle quali l’onda degli inizi non aveva tenuto conto ritenendole vecchie, legate alla vecchia politica da abbattere senza entrarvi in contatto, protetti dall’aura salvifica dei puri e duri cui sarebbe arriso soltanto il risultato finale contro tutto e contro tutti.
Per ottenere questo risultato, i due guru avevano lanciato la cosiddetta democrazia del web ritenendola capace di capovolgere gli elementi fondanti della democrazia rappresentativa come tradizionalmente intesa e da condannare perché causa della degenerazione e della corruzione. Inutile constatare che lo strumento si è rivelato molto al di sotto delle sue possibilità. E non solo per l’ovvia considerazione del ritardo degli italiani in tema di rete, ma perché non ancora in grado di permettere una vera e sostanziale rappresentatività. Il corrompersi dello strumento è apparso chiaro nel momento in cui è stato usato per cacciare qualcuno se non dissidente, critico o in dubbio, per fermare qualche deriva personalistica e in pratica per governare qualcosa che da movimento si stava trasformando in qualcosa d’altro. Strano a dirsi un partito, più simile agli altri. Parole ovviamente che nessuno dei leader e leaderini in pectore accetterà mai e respingerà al mittente, ma che indicano cosa sta realmente accadendo.
C’è poi un altro passaggio importante. L’ingresso nelle realtà comunali, nelle grandi e piccole città, nelle regioni, sta chiedendo ai cinquestelle di dare risposte concrete, coerenti, soprattutto politiche alle domande che vengono dalla cittadinanza. Non soltanto distruggiamo, vaffa a tutti, cacciamoli via. Ma cosa fare per far funzionare i servizi pubblici, le amministrazioni, risolvere i piccoli e grandi problemi che ogni giorno il vivere civile pone a tutti, cittadini in primo luogo e poi ai loro rappresentati.
Ecco il punto. I “cittadini” pentastellati non possono più essere soltanto tali, ma devono imparare a rappresentare i veri cittadini, quelli che nelle urne ancora li premiano o sembrano intenzionati a farlo. Dopo i furori rivoluzionari resta la più noiosa quotidianità. Rimosse le barricate bisogna ripulire le strade e far circolare uomini e mezzi. Molti di coloro che si stanno impegnando sotto le insegne pentastellate hanno cominciato a capirlo e, purtroppo per loro, stanno anche cominciando a imparare a far politica con tutto il corollario che serve, accordi, convergenze e così via per governare! Metter le mani in pasta, semplicemente!
C’è da augurarsi che qualcosa dell’antico furore sia rimasto. L’esempio negativo di Podemos in Spagna che non è stato capace di accettare la sfida del governo e tradurre in pratica le parole d’ordine, non è un bel precedente.
E, come per l’esempio spagnolo, forse sarebbe opportuno far cominciare a capire a tutti noi cittadini ed elettori, che cosa sia realmente oggi il Movimento, quale Italia pensi di realizzare e come, senza slogan di facile effetto, parole d’ordine sbrigative di facile presa ma anche di facile amnesia per chi le ascolta. E, dopo, restano i problemi, sì proprio quelli di sempre, quelli dei quali da decenni si parla per risolverli o rimandarli. Le prossime amministrative potrebbero farci vedere quanto sta cambiando e quanto ancora no in un non partito che sta raggiungendo la parte più difficile della sua parabola!

di Roberto Mostarda

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