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La mostra allestita nel 2011 all’Officina Grandi Riparazioni di Torino per i 150 anni dell’Unità d’Italia riservava correttamente un ampio spazio alla storia della nostra emigrazione ed alle iniziative intraprese per rendere meno dura la vita dei nostri connazionali emigrati.
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La mostra allestita nel 2011 all’Officina Grandi Riparazioni di Torino per i 150 anni dell’Unità d’Italia riservava correttamente un ampio spazio alla storia della nostra emigrazione ed alle iniziative intraprese per rendere meno dura la vita dei nostri connazionali emigrati.
Il giusto rilievo era stato dato, in particolare, alle società di mutuo soccorso, sorte nel XIX secolo come forme di autotutela nel mondo del lavoro e fondate sulla solidarietà tra ceti sociali.
Uno degli aspetti significativi di quelle iniziative riguardava la tutela della salute e le iniziative ad essa correlate, che presero piede non solo sul territorio nazionale, ma anche nei paesi di maggiore emigrazione.
Ancora oggi abbiamo esempi di quanto i nostri connazionali all’estero hanno saputo fare e continuano a fare, in particolare nel settore della tutela della salute, sia come entità organizzate che come singoli.
In un periodo in cui le minacce alla solidarietà umana sono sempre più ampie ed intense, con il rischio di vederne sospesa e persino cancellata dal dizionario la parola stessa, italiani.net ha deciso di mantenerne aperta la porta del dizionario sulla parola solidarietà con alcuni “speciale” che contribuiscano con articoli e interviste a ricordarne il significato.
Abbiamo chiesto a Giuseppe Travaglini, un chirurgo con grande esperienza nel settore, di accompagnarci in questo nostro speciale.
Italiani. Dottor Travaglini (o devo chiamarti professore?), mi sembra che tu abbia il piede in due staffe: una in Italia presso l’ospedale di Faenza e l’altra in Tanzania, nell’ospedale di Mbweni cittadina a circa 35 Km. da Dar Es Salaam verso Nord sulla costa prospiciente l’isola di Zanzibar.
Travaglini.: rispondo prima di tutto alla tua domanda se chiamarmi o meno Professore, ricordo quello che diceva un medico mio tutor di chirurgia che quando veniva chiamato impropriamente professore diceva “è talmente difficile essere un buon medico che essere professore deve essere impossibile”; credo di aver così risposto alla tua prima domanda.
Si è vero che ho tenuto negli ultimi 21 anni, per la precisione, il piede in due staffe, in Italia a Faenza e in Tanzania a Mbweni che da un piccolo villaggio a nord di Dar Es Salaam sulla costa si è trasformato in una cittadina anche grazie alla presenza dell’Ospedale che dirigo.
Italiani. Quando una persona decide di dedicarsi anche al volontariato lo fa, secondo me, perché è sospinto da forti motivazioni. Sei d’accordo?
Travaglini. Si è vero sono forti motivazioni che risiedono però dentro tutti noi e quando emergono molto si deve alla casualità. La mia avventura con l’ospedale di Mbweni inizia nel 1995 solo perché fui invitato a presenziare all’inaugurazione dell’ospedale pensato da un amico anatomo-patologo deceduto proprio quell’anno senza riuscire a vedere il completamento del suo lavoro: la ideazione e la realizzazione dell’ospedale.
Alla fine della cerimonia di inaugurazione alla presenza contemporanea della componente Mussulmana e di quella Cattolica di quella comunità, il presidente dell’Associazione RUVUMA che aveva finanziato il progetto mi avvicinò e mi chiese se lo potevo aiutare ad avviare l’ospedale chiedendomi un impegno per qualche mese, così l’attività di qualche mese mi ha talmente preso che non ho ancora smesso, sul treno della solidarietà si sale ma è difficile se non impossibile scendere.
Italiani. L’articolo dal titolo “Ruvuma”, pubblicato su questo stesso numero a firma di Rodrigo Rodriquez, riassume la storia dell’Associazione di cui sei vice presidente. Tra i suoi “tag” vi è la parola dignità. Vuoi dirmene in due parole il senso?
Travaglini. Noi crediamo che se si vuole lasciare ai nostri eredi un mondo migliore e vivibile, occorre ridurre le differenze di dignità e di ricchezza con le quali vengono distinte le popolazioni del mondo.
Italiani. Da una donna tanzana che partorisce da sola nel 1992, in un Paese con un tasso di mortalità il più alto del mondo, alla realizzazione di veri e propri ospedali e strutture universitarie. E’ come dire che non avete donato il pesce, ma state insegnando a pescare?
Travaglini. Questa concezione di solidarietà è stata la filosofia che ci ha guidato in tutti questi anni anche perché siamo convinti che gli uomini sono mortali mentre le idee e soprattutto le istituzioni hanno il dovere di rimanere e solo l’autosufficienza culturale e gestionale assicura la permanenza alle opere degli uomini.
Italiani. Mi devo complimentare con te perché recentemente sei stato eletto Presidente dell’Alleanza degli Ospedali Italiani nel Mondo. E’ un’altra sfida con cui ti vuoi cimentare?
Travaglini. Si, è una sfida che ho accettato volentieri soprattutto perché spero e mi impegnerò per questo, di poter ripetere il percorso che ha fatto l’associazione RUVUMA con molti ospedali dell’Alleanza
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Tanzania
La Tanzania, Africa centro orientale, è un paese popolato prevalentemente di genti di etnia bantu e di lingua swahili
Ruvuma (o Rovuma in portoghese) regione situata a sud della Tanzania, al confine col Mozambico, con capitale Songea.
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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::1182::/cck::