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Noi passiamo, le opere rimangono

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Padre Francesco Avi. Immagine tratta dal reportage de L’Adigetto. Fonte: http://www.ladigetto.it/permalink/18937.html
Il nostro “speciale solidarietà” pubblicato sul precedente numero di italiani.net aveva raccontato Ruvuma in Tanzania.

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Il nostro “speciale solidarietà” pubblicato sul precedente numero di italiani.net aveva raccontato Ruvuma in Tanzania. Con questa nuova puntata restiamo ancora in Africa, ma ci spostiamo dalla Tanzania verso nord per raggiungere il Kenya (*).
Rispetto alla nostra destinazione, superato il confine con il Kenya, facciamo una breve deviazione immaginaria verso est, in direzione del confine con la Somalia con una tappa virtuale all’università di Garissa, ma soltanto per rivolgere il nostro pensiero alle vittime dell’eccidio del 2 aprile 2015, perpetrato da Al-Shabaab che ha tolto la vita a 150 persone, ed andiamo, poi, nella direzione opposta verso ovest, verso il lago Vittoria, per raggiungere la località di Kisii, nella regione di Nyanza. Lì troviamo il Tabaka Mission Hospital.Kenya – Mappa di United States Central Intelligence Agency - CIA World Factbookhttps://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/ke.htmlImage: https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/graphics/maps/large/ke-map.gif, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=70462
Da una pubblicazione del Ministero Affari Esteri italiano apprendiamo che “il Tabaka Mission Hospital fu costruito in una zona rurale dall’Organizzazione Cattolica Tedesca «Misereor» e dalla Diocesi di Cremona negli anni 1972-73 e donato alla Diocesi di Kisii. Nel 1976, fu affidato ai religiosi Camilliani per il suo sviluppo e l’ordinaria amministrazione. I 120 posti letto iniziali, oggi sono estesi a 291.
Nel 1993-94, con gli aiuti della CEI, fu costruita la Scuola Infermieri Professionali e di Comunità e istituito un corso didattico­pratico per 20 allieve, ora elevato a 28. Nel territorio circostante esistono 9 Cliniche Mobili, ciascuna di esse supportata, due volte al mese, dall’équipe dell’Ospedale.
L’Ospedale può contare su 57 piccoli appartamenti dedicati al personale che vi lavora, sulla disponibilità di acqua sorgiva indipendente, su un gruppo elettrogeno automatizzato per ogni evenienza, su magazzini e attrezzatura per la manutenzione ordinaria (falegnameria, sartoria, elettricista, idraulico)”.
Una figura carismatica dirige l’ospedale praticamente dalla sua nascita, quella del trentino Padre Francesco Avi, un medico e chirurgo Camilliano.
Secondo quanto apprendiamo da un reportage de L’Adigetto.it, firmato dal suo direttore, Guido De Mozzi, Padre Avi descrive la situazione sanitaria locale in evoluzione, nel senso che la malaria, un tempo il peggiore nemico dell’uomo in quella zona, ha ceduto il triste primato all’AIDS.
In quell’intervista si legge la particolare soddisfazione di Padre Avi nel raccontare la tendenza che ha preso piede, anche in quella zona, di partorire in ospedale e non più in casa propria.
Come pure accade leggendo la descrizione della capacità ricettiva e del numero di operatori che consentono l’erogazione dei servizi sanitari. Una soddisfazione che forse diventa orgoglio quando, descrivendo il sistema assicurativo statale, che da un lato non sostiene tutti indipendentemente dal reddito e dall’altro non riconosce le differenze economiche delle diverse patologie, spinge l’ospedale a sopportare a proprio carico oneri importanti per assistere comunque tutti, perché “nessuno viene mandato via e tutti vengono comunque assistiti”.

(*) Appunti sul Kenya.
Una parte consistente della popolazione keniota è costituita da agricoltori di etnia Bantu.
Un’atra parte è il derivato della miscela delle popolazione locali con quelle arabe che sono migrate nel corso dei secoli a partire dal 1100, originando la cultura swahili.
Forse noi europei, per via delle leggende che si tramandano, abbiamo sentito parlare più spesso dei Masai, un popolo nomade dedicato all’allevamento, che origina dal sud del Nilo.
Ciò che non è leggenda e che si ritrova un po’ dovunque in Africa purtroppo ancora ai giorni nostri è il perenne conflitto tra gli agricoltori (stanziali) e gli allevatori (nomadi) che talvolta non trova soluzione pacifica. Le differenti etnie fanno il resto.
Il lago Vittoria, il più grande dell’Africa, bagna una piccola parte del Kenya mentre la gran parte si divide tra Uganda e Tanzania. Un forte degrado ambientale dovuto anche alle attività delle città industriali che lo popolano sta mettendo a rischio flora e fauna lacustre.

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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::1224::/cck::

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