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Può apparire singolare ma la parola che abbiamo scelto è avara di significato sotto il profilo lessicale.
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Può apparire singolare ma la parola che abbiamo scelto è avara di significato sotto il profilo lessicale. Onestà insomma indica onestà, come definirla altrimenti? Ma è certamente chiaro di cosa si parla. La radice del termine è dal latino e vuol significare degno di onore, onorato. Si possono usare molti accorgimenti, si può dire di comportamento serio, ineccepibile, di chiagisce con rettitudine, con lealtà, con giustizia, astenendosi dal commettere il male: una persona onesta; gente onesta; essere, mantenersi onesto: una faccia onestaesprime questo modo di agire. Ancora possiamo indicare l’agire conforme a principi morali giudicati validi; non ispirato a volontà d’ingannare; retto, giusto in pensieri, sentimenti, propositi.
Più che il sostantivo è usuale l’aggettivo, onesto. Aggettivo peraltro prediletto da Dante Alighieri, sempre denso di significati e, per certi aspetti, prezioso esponente di una sua concezione dei valori morali ed estetici.
Di onestà e dei valori sottesi, si potrebbe sottolineare che sono lastricate le strade percorse dall’umanità, come le buone intenzioni che secondo l’antico detto, pavimenterebbero le vie dell’inferno!
Non esiste epoca, fase, momento della civiltà umana nella quale non appaia il riferimento all’onestà, a chi con essa vive, o a chi vìola la sua essenza. Ecco allora che arriviamo subito ad un punto chiave: i valori sottesi all’onestà si possono distinguere in assoluti e relativi. I primi sono per così dire quelli ai quali intendiamo tutti richiamarci e che si sostanziano in comportamenti lineari, privi di intenti nascosti, truffaldini nei confronti del prossimo o verso se stessi. Gli altri invece sono estremamente labili e contingenti e sovente fanno anche riferimento alle fasi storiche, alle forme di società, ai costumi, alle tradizioni. Qui siamo nel campo del possibile e del probabile. Onestà allora vuole dire in questo ambito qualcosa di diverso, di legato alla realtà di una comunità, al momento che si vive. Accade così che nel passare delle epoche a volte la “quantità” di onestà possa essere diversa o avere gradazioni differenziate. E, soprattutto, lontane dalla “qualità” che essa deve avere per essere tale. Non si intende dire che l’onestà è variabile, ma che l’esserlo può essere stato vissuto in modi diversi. Spesso i canoni ai quali ci si richiama sono vari nel tempo e nello spazio così come si verifica per i valori, i costumi e le tradizioni che li esprimono.
Quel che complica il discorso è che la definizione di onestà, i canoni storicamente validi vengono spesso impiegati in modo radicale, manicheo e non nell’analisi oggettiva dell’umano agire. Come a dire, strumentalmente! Ed è quanto di peggio possa accadere all’onestà nella sua accezione assoluta perché ne complica l’analisi, ne ingarbuglia l’identificazione, ne aggroviglia il percorso.
Ecco perché abbiamo sottolineato all’inizio l’oggettiva scarna possibilità di definire l’essere onesti se non nell’intuitiva consapevolezza di esserlo!
Si può aggiungere tuttavia che una delle caratteristiche salienti dell’onestà può essere indicata nell’affidabilità, nella coerenza, nel rispetto dell’altro.
Di onestà, di chi ritiene di esserlo e definisce gli altri che non lo sono, appaiono piene le cronache politiche nazionali di queste settimane che ci separano dal voto amministrativo. Non passa giorno che questo o quell’esponente politico non dia giudizi su avversari e contendenti facendo riferimento proprio all’onestà! L’onestà si sostiene deve essere il valore di riferimento per l’agire politico e per distinguersi dagli altri. Onestà chiedono gli elettori a chi li dovrà rappresentare e per sceglierli. Desta dunque stupore – sentimento di facile mutevolezza – la scoperta di diversi gradi di onestà “relativa” a qualcosa, a qualche circostanza, a qualcuno.
Risultato l’estrema relatività e l’estrema volatilità di ogni riferimento all’essere onesti. Con ciò compromettendo in radice il significato pratico e la sostanza dell’onestà.
E, potremmo dire, che da qualunque parte si guardi, assistiamo alla declinazione di indicazioni, principi, valori che poco hanno a che spartire con l’onestà in quanto tale. Non siamo ovviamente nella disonestà, ma nella sostanziale parcellizzazione e relativizzazione di azioni e comportamenti che in linea teorica possono definirsi conformi ad onestà. E’ l’uso strumentale di essi che ne depotenzia il valore oggettivo.
Non resta che affidarsi allora ai canoni indiscutibili: quelli della affidabilità, coerenza, linearità e trasparenza!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::1260::/cck::