Scienza

La resa degli antibiotici

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Foto di Morgue File (Various pills, https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3AVariousPills.jpg). Attraverso Wikimedia Commons
Recenti studi mostrano che l’abuso di farmaci antibiotici comporti non la debellazione della malattia ma al contrario il suo perdurare. Il sistema immunitario umano non sembra rispondere più alle terapie farmaceutiche. Entro il 2050 le vittime di infezioni resistenti agli antimicrobici saranno 10 milioni.

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Fanno paura i dati che stimano 700.000 morti ogni anno, vittime di infezioni resistenti ai farmaci antimicrobici (ovvero gli agenti batteoriostatici che uccidono o inibiscono la crescita dei microorganismi) come antibiotici e antimalarici.
Sembra che la lotta alla sopravvivenza dipenda dalle condizioni fisiche dell’individuo darwiniano, ritenuto dal biologo e naturalista britannico il più adatto a rimanere in vita. Il fenomeno definito “drug-resistance”, resistenza ai farmaci, non fa che prevedere per il futuro numeri che fanno tremare: ci si aspetta infatti che nel 2050 la situazione non farà che peggiorare; i decessi derivanti da resistenza ai farmaci passeranno a 10 milioni.
Sebbene in Occidente alcune fra le malattie contagiose più comuni del 19° secolo, come la tubercolosi e il colera, siano state debellate grazie ai miglioramenti delle condizioni abitative, del sistema fognario e grazie alla possibilità di usufruire di acqua non inquinata, nei paesi orientali permane un pericolo, concreto e sottile: la riduzione dei tassi di tubercolosi in India difficilmente compensa la perdita di 60.000 neonati ogni anno per infezioni resistenti ai farmaci. Sembra che ovunque ci sia un’infezione endemica, ci sia resistenza al suo trattamento. Questo è vero specialmente nel “mondo ricco”, dove la possibilità di usufruire di farmaci curativi ne comporta l’abuso. La mancanza di un incentivo a compiere la scelta giusta sembra rappresentare un comportamento difficile da correggere. Inoltre la credenza erronea dei più fa ritenere che siano i batteri, e non gli esseri umani, a sviluppare la resistenza.
Poiché la resistenza antimicrobica non ha un’unica soluzione, deve essere combattuta su molti fronti, ad iniziare dal consumo. L’uso di antibiotici per accelerare la crescita degli animali da allevamento ad esempio potrebbe essere vietata dai ministeri dell’agricoltura, tanto meglio se i governi – di comune accordo – facessero rispettare ampiamente tali norme. La politica dovrebbe essere quella di incrementare i vaccini in modo da fermare le infezioni prima che queste inizino. D’altronde la profilassi è più conveniente del trattamento curativo.
L’economista dell’ente di beneficienza medica Wellcome Trust , Jim O’Neill, ha suggerito di ampliare un fondo di ricerca di base, istituito con i governi britannico e cinesi al fine di sponsorizzare lo sviluppo di tecniche diagnostiche a basso costo. Se i medici potessero diagnosticare istantaneamente un’infezione virale o batterica non sarebbero più tentati di somministrare antibiotici per ogni evenienza.
La combinazione di politiche per realizzare azioni concrete  richiede una leadership politica coesa che mostri un impegno reale.

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::autore_::di Giulia Iani::/autore_:: ::cck::1307::/cck::

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