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Si è spento nella dimora toscana di sua moglie, Pia de’ Tolomei, Giorgio Albertazzi, indimenticabile protagonista del teatro italiano. Nel 2014, ultranovantenne, partecipò come concorrente alla trasmissione “Ballando con le stelle”.
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92 anni. Quasi 93, a dire il vero, e non sentirli. Sì, perché Giorgio Albertazzi non ha mai fatto mistero del suo sconfinato amore per la vita. Chi altro, alla sua età, avrebbe deciso di partecipare ad una gara di ballo in tv?
Nel 2014, a novant’anni suonati, era entrato a far parte del cast di “Ballando con le stelle” in onda su Rai 1, mostrando un’energia e una vitalità fuori dal comune. Peccato poi si sia dovuto ritirare, secondo alcuni per impegni teatrali, secondo altri per ragioni d’età, appunto.
Una vita spesa interamente per l’arte, in particolar modo il teatro, che non ha mai abbandonato. Il suo debutto risale al 1949 con la tragedia shakespeariana Troilo e Cressida per la regia di Luchino Visconti. Poi il debutto londinese nel ’64, sempre con una tragedia shakespeariana, Amleto, diretta dal grande Franco Zeffirelli, che rimase in cartellone per circa due mesi.
Come dimenticare, inoltre, i suoi contributi televisivi: nel ’59 l’Idiota, tratto dal romanzo di Dostoevskij, dieci anni più tardi il film Jekyll, tratto dal romanzo di Stevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, solo per citarne alcuni.
Nel 2009 aveva registrato una lettura della Commedia dantesca fra le rovine dell’Aquila, trasmessa su Rai 2, in seguito al terremoto del 6 aprile. E per coronare il suo amore per Dante – a cui aveva reso omaggio già in precedenza, prima con una lettura dell’Inferno trasmessa su Rai 3 nell’88, poi interpretando, nel 2006, il Canto di Ulisse in occasione della Cerimonia di apertura dei XX Giochi Olimpici invernali di Torino – nel 2007 aveva sposato con rito civile Pia de’ Tolomei di Lippa, discendente della nobildonna senese resa celebre proprio dal sommo poeta nel quinto canto del Purgatorio. Un matrimonio che destò molte polemiche a causa dell’enorme differenza di età fra i due: ben 36 anni.
Laureato in architettura, fu, tra le altre cose, particolarmente attivo sul fronte politico: aderì alla Repubblica di Salò che gli costò due anni di carcere; si candidò, nel ’96, per il centro destra (Polo delle Libertà) al Parlamento, sebbene si autodefinisse un anarchico.
Ma potrei stare qui ore a parlarvi di tutto quello che quest’uomo ha fatto fino all’altro ieri, violando però il motivo principale per il quale mi è stato chiesto di scrivere. Questa lunga – forse troppo – premessa per dire che Giorgio Albertazzi non c’è più. Si è spento a Villa Tolomei, dimora della moglie, sulla Maremma. La sua lunga avventura terrena si è conclusa lì dove tutto ebbe inizio, in quel lontano 1923. Sebbene abbia omesso di scriverlo – probabilmente molti di voi lo sapranno già – Albertazzi era originario di Fiesole; ergo, era toscano doc.
Per l’ultimo saluto nessuna cerimonia formale: un semplice ritrovo tra amici – tanti – proprio nella tenuta a Pescaia di Grosseto, come da sua volontà. Giorgio Albertazzi non era credente, e anche di questo non ne aveva mai fatto mistero dichiarando: «Io non sono credente, come non lo era Kafka».
Banale dire che ci resterà tutto il suo genio in eredità. Ci resterà la simpatia, la tenacia; ma soprattutto una perla su tutte: l’esempio che la fama non la si conquista così, da un giorno all’altro e che non basta una vita, anche la più longeva, per portare a termine il proprio disegno.
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::autore_::di Francesco Curci::/autore_:: ::cck::1319::/cck::