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Distrutta dai bombardamenti anglo-americani durante l’ultima guerra, Scalea ha saputo “risorgere”, moderna e attiva, lungo l’incantevole riviera dei cedri, sulle sponde di quel mare che costituisce la sua vera ricchezza.
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Distrutta dai bombardamenti anglo-americani durante l’ultima guerra, Scalea ha saputo “risorgere”, moderna e attiva, lungo l’incantevole riviera dei cedri, sulle sponde di quel mare che costituisce la sua vera ricchezza.
Arroccata sulle pendici di un promontorio che delimita a sud il Golfo di Policastro, la vecchia città è stata gradualmente abbandonata. Infatti dal ‘60 al ‘90 c’è stato un progressivo sviluppo dell’edilizia lungo le coste ed oggi Scalea è un rinomato centro turistico di circa 11mila abitanti, in provincia di Cosenza.
Anche in epoca romana era considerato un importante luogo di villeggiatura e molti erano i ricchi che qui facevano costruire le loro villae marittimae. In seguito i bizantini ed i normanni preferirono stabilire le residenze nella zona vecchia, circondata da mura e dominata dal castello longobardo, sul quale troneggiava una torre di vedetta, con soldati armati e cannoni, a protezione del maniero.
Il territorio circostante è percorso da vari corsi d’acqua che la irrigano, rendendola fertile e produttiva. Tra questi il più noto è il fiume detto di Scalea.
Simbolo della città è la Torre Talao, costruita su uno scoglio che, anticamente, era un isolotto, le cui grotte furono abitate fin dalla Preistoria. Oggi, per un fenomeno di insabbiamento, è divenuto una penisola che fa parte integrante del territorio.
Vari sono i monumenti custoditi tra queste mura: la casa del filosofo Gregorio Caloprese, in Piazza Padre Pio, dove insegnò Metastasio, ricordato da una lapide sulla facciata del palazzo; la Chiesa Madre di S. Maria d’Episcopio; la Chiesa di S. Nicola in Plateis; il Palazzo dei Principi (oggi Biblioteca Nazionale); il Palazzo Normanno; il Parco Archeologico di Laos.
Il XVII secolo fu periodo di carestia e catastrofi naturali. Gli scaleoti, oberati da una elevata pressione fiscale, decisero di mandare dei chiari messaggi politici ai dominatori e, per farlo, crearono una danza cantata “U Pizzica’andò” i cui versi sconsigliavano i ricchi di abusare dei loro poteri, poiché ciò avrebbe potuto provocare una rivoluzione.
La zona è povera di boschi, poiché tutto il territorio è stato reso coltivabile per grano, legumi e frutteti.
Importante risorsa economica sono le cipolle che vengono distribuite su tutto il territorio nazionale. Anche i fichi e le uve “zibibi” sono molto apprezzati. Tra i maggiori acquirenti (soprattutto dopo l’essiccazione) sono, da lungo tempo, gli inglesi. I meloni ed i meloni d’acqua hanno una particolare dolcezza, probabilmente dovuta al clima ed ai minerali del terreno. Nel Pantano, riserva d’acqua formata dal fiume Scalea, si pescano cefali ed anguille, ma certamente il mare è la fonte alimentare più generosa. Vari tipi di pesci e frutti di mare, prodotti sulla scogliera, sono scaricati e distribuiti ogni giorno dai pescatori locali.
In inverno molte specie di uccelli vengono a svernare in queste zone (starne, beccacce…) mentre lepri, volpi e lupi si spingono anche verso i centri abitati.
Difficile parlare delle tradizioni gastronomiche di questa zona, ma si può partire dai gustosissimi antipasti di pesce azzurro, come le alici marinate alle erbette aromatiche o il carpaccio di alici al cedro, polipetti, moscardini e baccalà, per continuare con spaghetti ai frutti di mare, linguine agli scampi, tagliatelle ai ceci e fagioli, ragù di pecora e arrosto di capretto o di agnello.
Appassionati di cucina di terra o di mare, a Scalea vengono soddisfatti anche i palati più esigenti.
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::autore_::di Luisanna Tuti::/autore_:: ::cck::1334::/cck::