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Subito dopo la disfatta dell’Austria e la pace con i francesi (1859) gli stati satellite furono inglobati sotto il dominio Piemontese, mentre Garibaldi organizzava la conquista del sud dell’Italia e la consegna al Re del Piemonte.
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Sintesi del numero precedente (o leggilo tutto)
Le correnti di pensiero che esprimevano la volontà di liberarsi del giogo straniero: il neoguelfismo, gli albertisti, la rivoluzione repubblicana, il neoghibellinismo. Insomma per quale Italia si doveva lottare: un’Italia monarchica o repubblicana, unitaria o federalista, laica o cattolica?
La I guerra d’indipendenza si concluse con una disfatta (Custoza, Novara) ed il Piemonte si salvò per l’intervento diplomatico della Francia. Grazie al dualismo Francia – Austria, ed all’intervento di Napoleone III, la II guerra d’Indipendenza si concluse con la disfatta dell’Austria e favorevolmente per il Piemonte.
Sommario
Subito dopo la disfatta dell’Austria e la pace con i francesi (1859) gli stati satellite furono inglobati sotto il dominio Piemontese, mentre Garibaldi organizzava la conquista del sud dell’Italia e la consegna al Re del Piemonte. Nel marzo 1861 a Torino venne proclamata la nascita del Regno d’Italia e nel 1865 la capitale fu trasferita a Firenze. Nel 1866, alle sconfitte di Custoza e Lissa, subite dal Regno d’Italia nella III guerra d’indipendenza, si opposero i successi di Garibaldi diretto a Trento ma fermato dall’imposizione del vittorioso Bismark contro l’Austria.
Rimanevano, così, in mano austriaca solo il Trentino, il Friuli orientale, la Venezia Giulia e la Dalmazia. Nell’agosto 1870 i francesi furono costretti a lasciare Roma ed il 20 settembre l’esercito piemontese occupò Roma. Nel 1871 Roma divenne capitale d’Italia.
La disfatta dell’Austria nella II guerra d’indipendenza lasciò abbandonati gli Stati satelliti del Granducato di Toscana (con a capo Leopoldo di Lorena discendente di Pietro Leopoldo, prima granduca di Toscana e poi imperatore d’Austria nel 1790), del Ducato di Modena (con a capo Francesco V appartenente alla famiglia Asburgo-Este), del Ducato di Parma (Luisa di Borbone, duchessa reggente per il figlio, il Duca Roberto), che furono pacificamente occupati dai piemontesi e poi annessi attraverso vari plebisciti. Altrettanto avvenne nelle Legazioni pontificie delle Romagne (Bologna, Ravenna, Forlì e Ferrara): gli appelli del Papa alle altre nazioni rimasero inascoltati.
Sulle ali dell’entusiasmo Garibaldi, ufficialmente inconscio il governo piemontese, assieme, tra gli altri, a Rosolino Pilo, Nino Bixio e Francesco Crispi, organizzò la spedizione dei Mille in Sicilia, secondo le direttive inglesi, che avevano vari motivi per eliminare il governo borbonico, tutelando i loro interessi in Sicilia nell’estrazione dello zolfo.
Occupata la Sicilia, Garibaldi entrò a Napoli. Cavour colse l’occasione per approfittare dei successi di Garibaldi e lo costrinse, minacciando una guerra civile, a cedere Napoli e la Sicilia al futuro Re d’Italia. Cavour organizzò in fretta sollevazioni nei domini pontifici come pretesto per invadere le Marche e l’Umbria e quindi procedere alla loro annessione, lasciando allo Stato della Chiesa il territorio intorno a Roma. I legittimisti e i cattolici si indignarono per l’invasione dello Stato Pontificio, ma Cavour trovò l’abile scusa che soltanto così sarebbe stato possibile impedire all’anticlericale Garibaldi di occupare Roma e rovesciare lo stesso governo del Papa: “il fine è stato santo e ciò varrà a giustificare l’irregolarità dei mezzi cui abbiamo dovuto ricorrere”.
Fu così che Vittorio Emanuele giunse a capo delle truppe piemontesi a Teano e, avuta da Garibaldi la consegna delle terre conquistate, fece il suo ingresso a Napoli e proseguì la guerra contro i Borboni di Francesco II, che operarono l’ultima resistenza a Gaeta.
Quindi nel marzo 1861 a Torino venne proclamata la nascita del Regno d’Italia; nel 1865 la capitale fu trasferita a Firenze.
Nel 1866, per precedenti accordi con Bismarck, La Marmora Presidente del Consiglio respinse l’offerta dell’Austria di cedere pacificamente Venezia. E si gettò a capofitto nella guerra senza nessuno dei preparativi indispensabili, subendo una sconfitta a Custoza ed altra sconfitta navale si ebbe a Lissa. Garibaldi invece marciava vittoriosamente verso Trento. Nel frattempo Bismarck aveva ottenuto contro gli austriaci una schiacciante vittoria a Sadowa e firmò una tregua imponendo a Italia e Austria la fine delle ostilità. Garibaldi fu pertanto fermato dalla firma dell’armistizio di Cormons: ricevuta la notizia dell’armistizio e l’ordine di abbandonare il territorio occupato, rispose telegraficamente “Obbedisco”. L’Italia guadagnò Mantova, Venezia con l’intera antica terraferma veneta (che comprendeva l’attuale Veneto, salvo l’ampezzano e il Friuli occidentale); rimanevano in mano austriaca il Trentino, il Friuli orientale, la Venezia Giulia e la Dalmazia.
Allo scoppio della guerra franco-prussiana, nell’agosto 1870 i francesi, garanti dello Stato pontificio, furono costretti a lasciare Roma per accorrere sul fronte del Reno. Approfittando di ciò, l’esercito piemontese occupa Roma il 20 settembre con i bersaglieri al comando del generale Raffaele Cadorna (1815-1897), attraverso la breccia di Porta Pia. Nel 1871 Roma divenne capitale d’Italia.
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::autore_::di Giuseppe Stipo::/autore_:: ::cck::1350::/cck::