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Così viene narrata la vicenda di Luigia Sanfelice…
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Così viene narrata la vicenda di Luigia Sanfelice
E più, la reggia fu rallegrata perché nacque da Maria Clementina e da Francesco un principe erede al trono, cui si diede il nome dell’avolo, Ferdinando. La principessa, dopo il parto aspettando, come è costume della real casa, visita del re, preparò atto benigno che importa descrivere a parte, a memoria e maraviglia dei secoli futuri. E’ pietosa costumanza della famiglia dei re di Napoli, concedere, per la ventura di quei natali, a dimanda della principessa, tre grazie splendide e grandi; ma colei, per meglio accertare il successo e palesare l’ansietà del suo desiderio, strinse le tre grazie in una: per la misera Sanfelice, la quale, giorni avanti sgravatasi di un bambino, stava tuttora in carcere aspettando che le tornassero le forze per tollerare il viaggio da Palermo a Napoli, dove la condanna di morte si eseguiva. Un foglio contenente la supplica di lei e le preghiere della principessa fu posto tra le fasce dell’Infante, così che il re lo vedesse; a diffatti quando egli andò a visitare la nuora, ed allegro e ridente tenea su le braccia il bambino, lodandone la beltà e la robustezza, vide il foglio e dimandò che fosse. E’ grazia, disse la nuora, che io chiedo; ed una sola grazia, non tre, tanto desidero di ottenerla dal cuore benigno di Vostra Maestà”. Ed egli, sorridendo sempre: “Per chi pregate?” – “Per la misera Sanfelice…” e più diceva, ma la voce fu tronca dal piglio austero del re che, mirandola biecamente, depose, o quasi per furia gettò l’infante su le coltri materne, e, senza dir molto, uscì dalla stanza, né per molti giorni vi tornò. La severità di lui, la pietà disprezzata, il caso acerbo, trassero dagli occhi della principessa lagrime dolorose ed incaute. La preghiera fu ricordo al re, e la misera Sanfelice, mal sana, mandata in Napoli, ebbe il capo reciso dal carnefice nella piazza infame del Mercato, quando già, per il perdono del 30 di maggio, erano quei supplizi disusati, e innanzi al popolo, impietosito al tristo fato di bella giovine donna, chiara di sangue e di sventure, solcata in viso dalla tristezza e dagli stenti, rea di amore o per amore, e solamente dell’aver serbata la città dagl’incendii e dalle stragi.
Questo il racconto, che sottolinea la pietà della principessa e la crudeltà del re, dello storico napoletano suo contemporaneo Pietro Colletta, nel libro “Storia del reame di Napoli”, dell’infelice fine della seconda vittima femminile illustre (la prima fu Eleonora De Fonseca Pimentel) che salì al patibolo, travolta dai tumultuosi eventi della rivoluzione partenopea del 1799: Luisa Sanfelice.
Nata a Napoli nel 1764, Luisa Fortunata De Molina a soli 17 anni sposò suo cugino Andrea Sanfelice, della nobile famiglia dei duchi di Bagnoli, di Acquavella, di Lauriano e di Agropoli (come apprendiamo dai Giornali del Marinelli e da La Rivoluzione napoletana del 1799 di Benedetto Croce), con il quale ebbe tre figli.
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::autore_::di Giuseppe Stipo::/autore_:: ::cck::1376::/cck::