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Il litorale italiano, ritratto dal rapporto di Legambiente 2016, vive in uno stato di preoccupante sofferenza: da un lato la cementificazione sempre più galoppante destinata a crescere con il passare degli anni; dall’altra la malsana gestione dei rifiuti…
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Da nord a sud Italia, con un consenso unanime, siamo d’accordo nel sostenere e difendere la bellezza e le innumerevoli potenzialità del nostro patrimonio naturalistico, che costituisce non soltanto l’anima del paese – o meglio del “Bel Paese” – ma uno dei principali motori dell’economia italiana. Purtroppo, come spesso accade (sembra quasi inutile precisarlo), dietro le iniziative pubbliche e alla letteratura istituzionale, spesso retorica, che inneggia alla bellezza del paesaggio italiano e ai suoi straordinari frutti in ambito turistico, si nasconde una realtà allarmante. Quando le belle parole finiscono e le immagini da cartolina sbiadiscono; come un treno in corsa, la realtà colpisce e fa male.
Ed è proprio una realtà che colpisce quella fotografata dal rapporto “Ambiente Italia 2016”, curato da Legambiente, associazione nata nel 1980 che ha fatto dell’ambientalismo scientifico il suo faro guida. L’annuale rapporto, con una copertura a 360° del litorale del mare nostrum, ha registrato esiti preoccupanti sullo stato delle nostre coste e dei nostri mari. Il patrimonio costiero, circa il 51%, sostiene Legambiente, è invaso da un fiume grigio di cemento che ha portato alla luce, con gravi conseguenze sull’ecosistema, un processo di urbanizzazione, sia legale che abusivo, in posti scellerati spesso a rischio dissesto; come i danni provocati da temporali, alluvioni e inondazioni degli ultimi anni che hanno colpito Genova, Olbia, Messina. L’urbanizzazione del litorale italiano, distinto dall’emersione di case, ville, alberghi, ma anche infrastrutture e industrie, è un fenomeno destinato a crescere nei prossimi anni con un ritmo sempre più calzante. Un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi attualmente in espansione. Secondo il rapporto, la Sicilia è la regione che si aggiudica il primato di km (350) caratterizzato da urbanizzazione lungo le coste, seguita da Calabria e Puglia; la Sardegna invece è la regione più virtuosa per l’integrità dei suoi paesaggi. Se lo stato del litorale italiano non promette nulla di buono, lo stato dei nostri mari continua ad essere minacciato dai problemi di inquinamento, a causa della quantità di rifiuti presenti, in particolar modo della plastica galleggiante. Con la stessa velocità dell’urbanizzazione delle coste, le denunce e gli arresti per i reati connessi all’inquinamento non sono proiettati a diminuire. Le infrazioni inerenti specificatamente all’inquinamento, chiarisce Legambiente, sono state 4.545, il 31% del dato nazionale, con 7mila persone denunciate o arrestate e 2.741 sequestri. A compromettere ulteriormente il benessere dei nostri mari è la maladepurazione con il 25% degli scarichi cittadini ancora non depurati (40% in alcune località) e ben 1.022 agglomerati in procedura di infrazione europea.
Il disarmante quadro dipinto da Legambiente non è passato inosservato dall’Ing. Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e legislazione ambientale presso la Sapienza di Roma, nonché presidente di Sogeea Spa, azienda specializzata nel general contractor su patrimonio turistico ricettivi. L’ing. Simoncini, attraverso un comunicato stampa firmato dalla Sogeea Spa, sul fronte della cementificazione lungo il litorale italiano, propone: “di rendere più efficaci i vincoli paesaggistici e intervenire con decisione dove si verificano inadempienze da parte degli enti locali, o peggio, connivenze tra amministratori pubblici e speculatori privati”. A dispetto di ciò è necessario, prosegue il presidente di Sogeea Spa, accelerare l’iter della legge per contrastare il consumo del suolo ferma attualmente al Senato, nata con l’obiettivo di raggiungere la cementificazione azzerata entro il 2050; oltre che avviare una politica di demolizione per le costruzioni sorte in spregio alla legge: come la legge Galasso del 1985, firmata dal repubblicano Giuseppe Galasso, sottosegretario del ministero dei beni e delle attività culturali del governo Craxi, che avrebbe dovuto tutelare le aree entro i 300 metri dalle coste. Effettivamente, nonostante la tutela paesaggistica, la cementificazione delle coste continua, secondo lo studio Legambiente, con una media di 8 km all’anno, cioè 25 metri al giorno.
Ad oggi, senza un radicale cambio di politiche, il bilancio è indirizzato a peggiorare. Ma se un eventuale cambio di passo politico, con l’istituzione di nuovi vincoli, non basta a difendere il patrimonio naturalistico; l’associazione ambientalista suggerisce di avviare il prima possibile una seria campagna di demolizione. Insomma, forse più che la politica degli atti normativi, serve la politica della “ruspa”. L’importante è capire dove e contro chi.
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::autore_::di Giovanni Capozzolo::/autore_:: ::cck::1401::/cck::