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“Scalinatella longa, longa…” erano queste parole di una classica canzone napoletana che mi venivano in mente mentre salivo dal parcheggio al centro città.
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“Scalinatella longa, longa…” erano queste parole di una classica canzone napoletana che mi venivano in mente mentre salivo dal parcheggio al centro città.
Non so quanti gradini mi separavano dal cuore di Volterra, la meravigliosa città toscana in provincia di Pisa, arroccata a 531 m. sulle alture che dividono la valle dell’Era da quella della Cecina. Il terreno su cui sorge è costituito da argille grigio-turchine, rivestite di sabbie gialle calcaree, spesso soggette a frane che potrebbero anche mettere in pericolo le costruzioni sovrastanti.
Il territorio era un tempo coperto dal mare che, quando si ritirò (milioni di anni fa), lasciò un bene prezioso: il sale. Questo divenne una risorsa economica importantissima, paragonabile all’odierno petrolio. Per difendere questo bene, intorno ai luoghi dove veniva estratto si costruivano castelli, fortificazioni e rocche. Nota era la via del sale (la Salaiola) che da Saline di Volterra, lungo la Val dell’Era, Castelfiorentino e Fiesole, attraversava la Val Padana fino a Salisburgo e le coste del Mar Baltico.
Anche le fonti di acqua dolce furono un dono lasciato alla città. Acque limpide, fresche, curative, un tempo molto numerose. Oggi se ne possono ammirare ancora due: San Felice e Docciola, costruita intorno al 1250 ed utilizzata per molto tempo come lavatoio.
A fare la fortuna di Volterra fu un altro bene che il mare lasciò in eredità: l’alabastro. Già gli etruschi lo estrassero, manipolarono e lavorarono, costruendo urne cinerarie di incredibile bellezza. Ancora oggi gli abitanti traggono benessere ed occupazione da questa preziosa pietra. Tutto il mondo conosce la fantasia e l’abilità dei bravi artigiani volterrani che, da sempre, creano oggetti di mirabile fattura, molti dei quali sono conservati nella casa – museo di Palazzo Incontri o nel Museo Guarnacci. Già dal 1850 furono portati in India, in Cina e negli Stati Uniti da Benedetto Viti che rientrò a Volterra dopo aver fatto un vero giro del mondo per divulgare e far conoscere questi capolavori di alabastro.
Una città di terra, incredibilmente beneficata dal mare e che presenta infinite contraddizioni: territorio friabile e argilloso accanto a colline ricoperte da boschi o terreni bruciati dal sole e dal vento. Terra dai colori variegati: bianco, giallo ocra, verde delle biancane (rilievi a forma di cupole), fino al grigio della pietra più dura.
Su questa pietra già gli Etruschi e i Romani costruirono i loro insediamenti. I primi edificarono una fortificazione con mura lunghe sette chilometri, in parte ancora visibili. Queste avevano la funzione di proteggere il centro urbano, ma anche le fonti, i campi e i pascoli per la sopravvivenza delle greggi. Qui si rifugiava anche la gente dei dintorni, per salvarsi dalle incursioni dei Galli e dei Liguri.
La cittadina ha un impianto urbanistico prettamente medievale, dovuto soprattutto alle sue case-torri del 13° secolo e ai suoi monumenti tra i quali il Duomo (13° secolo, modificato nel 16°), Palazzo dei Priori, la Chiesa di San Michele Arcangelo e la Grande Fortezza, divenuta nel tempo un penitenziario.
Città amante della cultura, Volterra offre molti eventi di poesia, teatro, musica e danza.
La cucina locale è in grado di soddisfare anche i palati più esigenti con i suoi piatti che vanno dal baccalà alla fiorentina, al cinghiale con i funghi e polenta; dalla lepre ai tre vini, alla panzanella, alla ribollita, alla torta co’ bischeri.
Cortesia e cordialità sono alla base dell’accoglienza volterriana.
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::autore_::di Luisanna Tuti::/autore_:: ::cck::1419::/cck::