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1963 – 10 ottobre. Ore 5 del mattino. La radio annuncia: “Alle ore 22.39 di ieri sera, una frana di 260 milioni di metri cubi di montagna è precipitata sulla diga del Vajont…
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1963 – 10 ottobre. Ore 5 del mattino. La radio annuncia:
“Alle ore 22.39 di ieri sera, una frana di 260 milioni di metri cubi di montagna è precipitata sulla diga del Vajont a 100 km all’ora, provocando un’onda di 250 metri che ha devastato il comune di Longarone. Non si conosce il numero delle vittime”.
Si conclude così in 4 minuti la storia della diga più alta del mondo, durata 34 anni, iniziata nel 1929, quando, un ambizioso ingegnere, Carlo Semenza, sceglie la forra (stretta gola) del Colombèr per erigere la sua monumentale costruzione. Questa prevedeva l’utilizzo della Valle del Vajont come bacino artificiale, delimitato da una diga a doppia curvatura (la parte convessa verso l’interno per orientare la pressione dell’acqua lungo le pendici della montagna), alta 265 metri. La guerra blocca l’iniziativa, ma, nel 1943, con soli 13 voti (23 commissari erano assenti) la Commissione Lavori Pubblici approva il progetto a condizione che anche i Comuni di Erto e Casso diano parte dei loro territori.
La società costruttrice ottiene allora un decreto di “Pubblica Utilità” con il quale si impone la cessione dei terreni, anche di privati contadini. Nonostante l’opposizione della gente, Erto e Casso devono cedere per il “progresso della Nazione”.
1957: apertura del cantiere con impiego di 400 operai. Si iniziano gli scavi senza permesso di “avvio lavori”.
Il Ministero chiede una seconda perizia geologica ad integrazione della prima. L’ingegnere Dal Piaz, amico di Semenza, mostra molti timori e gli abitanti di Erto cominciano ad avere paura. Il paese è a soli 54 metri di altezza sulla superficie del bacino.
1959: la paura cresce quando la diga di Pentesi, progettata da Semenza, a pochi chilometri da Erto, presenta varie fessure sulle pareti dell’invaso. Si mette di guardia un operaio che durante la notte muore travolto da un onda di circa 20 metri, provocata dalla caduta di una frana della montagna sul lago.
1960: la diga del Vajont è pronta. Due anni di lavori con consistenti contributi governativi. Ora del collaudo. Si riempie l’invaso coprendo case e terreni abbandonati, formando un lago ad un altezza di 600 metri sopra il livello del mare. Varie perizie avvertono che sul monte Toc, sovrastante il bacino, una vecchia frana di circa 2 km. è pericolosamente in essere. Il 4 novembre 800mila metri cubi di roccia precipitano sul lago rischiando di dividerlo in due parti, rendendolo inutilizzabile. Si progetta e si realizza in breve una galleria che, nel caso di separazione, colleghi i due invasi.
1962: muoiono Semenza e Dal Piaz. Intanto dall’Istituto di Idraulica dell’Università di Padova arriva il consenso, purché nell’invaso non si superi la quota limite di 700 metri.
Ad Erto e Casso si avvertono strani rumori e movimenti della montagna, ma il Presidente della Provincia di Belluno, arrivato a Roma per esprimere i dubbi dei comuni, torna annunciando che la società costruttrice è troppo potente e non si può fare nulla.
1963: nazionalizzazione dell’energia. Arriva l’ ENEL e la diga diventa statale. Il 30 marzo prova dell’invaso a 715 metri, ignorando le indicazioni ricevute dall’Università di Padova. Il 15 settembre la montagna scivola di 22cm. e i tecnici provvedono a svasare velocemente il livello del lago, permettendo alla base della frana di scendere più rapidamente.
Erto e Casso vedono gli alberi inchinarsi verso il lago e sulle strade si aprono buche, prontamente ricoperte dai tecnici ENEL. Il Genio Civile invita le autorità locali a non provocare inutili allarmismi.
L’8 ottobre i tecnici dichiarano che la frana non si ferma e il 9 il Comune di Erto e Casso emette un’ordinanza di sgombro per le frazioni intorno al lago. L’ ingegnere capo del Genio Civile di Belluno spedisce una lettera a Roma per avere istruzioni sulla gravissima situazione in atto. La lettera arriverà il 16 ottobre.
Ore 22.15 il geometra di turno alla diga rassicura tutti sulla stabilità della situazione e augura una buona nottata….
Nel 1976 il Comune di Erto e Casso è stato dichiarato monumento nazionale. Vi risiedono 385 abitanti e si stanno avviando strutture per salvaguardare il centro storico. La Parrocchia di San Bartolomeo e una visita alla diga sono tra le curiosità locali, insieme alle case a torre che fanno parte della struttura montana, tipica di questo comune.
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::autore_::di Luisanna Tuti::/autore_:: ::cck::1437::/cck::