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Mentre i nostri giorni affrontano la parte centrale delle cosiddette vacanze, il tentativo più o meno cosciente, ma certamente determinato di distaccarsi dalla realtà che ci circonda piena di incertezze e rischi concreti…
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Mentre i nostri giorni affrontano la parte centrale delle cosiddette vacanze, il tentativo più o meno cosciente, ma certamente determinato di distaccarsi dalla realtà che ci circonda piena di incertezze e rischi concreti, immergersi in un’atmosfera rarefatta come quella di una favola, può aiutare a ritrovare il senso del proprio cammino e riacciuffare qualche motivo per andare avanti!
La vacanza, per definizione, indica un vuoto, un vacuum, dunque un distacco dal solito tran tran, una esigenza e una necessità psicologica in qualche modo opportuna per ricaricarsi e comunque per affrontare il dopo, cioè tutto il resto dell’anno!
Tutto bene, dunque, per ognuno, nella ricerca del proprio ambiente fabuloso, anche per un attimo, anche per qualche giorno? Non proprio, sia perché la realtà ci richiama continuamente a ciò che favola non è, ma dura cronaca, e poi perché ormai anche la vacanza, è divenuta luogo di favolistica per la politica. Incontri, seminari, festival punteggiano il nostro paese, e in essi si parla di politica, di riforme tra un aperitivo e l’altro, in un atteggiamento simile al famoso “tutti da Fulvia il sabato sera” simpatica rubrica giornalistica in immagini di qualche annetto fa! Insomma siamo inseguiti anche sotto l’ombrellone o quando ci fermiamo per un aperitivo o una sosta prima della cena!
Dunque favola, affabulazione la parola scelta che ad essa si connette. Il termine viene dal francese affabulation, derivato a sua volta dalla parola fable ossia «favola», sul modello del tardo latino affabulatio con la quale si indicava la «morale di una favola». In senso letterario la parola indica l’organizzazione di un soggetto in favola, cioè in un intreccio adatto alla rappresentazione scenica. Per estensione, l’azione drammatica stessa, l’intreccio di un’azione scenica, e, in senso figurato, la successione di episodî di un sogno o di un’immaginazione fantastica. Più in generale si indica l’invenzione favolosa, la costruzione della fantasia più o meno inverosimile.
Ed eccoci arrivati al nocciolo della questione.
Intorno a noi, con minori o maggiori capacità in materia è tutto un fiorire di cantori, di affabulatori, di narratori positivi o negativi della realtà in cui viviamo. Non che costoro conoscano bene quello di cui parlano, ma come spesso accade ne parlano sovente non del tutto a proposito!
Quello che fa pensare è che l’affabulazione di questo o di quello va di pari passo con la colonnina di mercurio e dunque assistiamo a intemerate e a crescendo rossiniani degni di miglior causa, ma giocati con innata o costruita capacità di raccontare, o meglio raccontarsi e raccontarci, la realtà vista e interpretata dal proprio occhio visuale. Una sosta di onanismo affabulatorio per il quale in questi racconti ci sono sempre le risposte a tutti i problemi, le soluzioni a tutto, il conforto per qualsiasi accadimento! Troppa grazia potremmo dire, ed è infatti così! In nessuna di queste narrazioni, di questo o quel politico di maggioranza e di opposizione, vi è il racconto vero del paese, di quello che aspira e di quello che vuole, ma solo l’angolo visuale di chi parla con buona pace della necessità della politica di rappresentare il paese e il suo popolo! O, forse, anche questo senso del rappresentare è esso stesso una favola?
Sappiamo che in anni passati non era così, in anni recenti, diciamo che ognuno ha iniziato a raccontare il paese come meglio voleva, dando voce alle varie e non sempre presentabili pance di questo paese, vellicandone i peggiori istinti e favorendone le peggiori pratiche. Ora siamo dinanzi al risultato di questa favola sì, ma certamente tragica! Eppure gli affabulatori non mollano, anzi moltiplicano il loro sforzo insensato, continuando a rappresentarci l’altro, il nemico, l’avversario come fonti di tutti i mali che al contrario il proprio racconto eliminerebbe riportandoci in un eldorado mai esistito ma vagheggiato sì!
Il confronto sulle riforme è divenuto allora proprio il paradigma di questo stato di cose! Slogan, parole d’ordine, concetti semplici per questioni complesse, tutto per creare comodi alibi per facili fughe dalla realtà vera. Il tutto intessuto da quello stato d’animo che si sostanziava nel famoso “…gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare…” che rese famoso il grande Gino Bartali che tuttavia lo applicava al proprio impegno agonistico e civile in tempi dove i valori erano chiari e semplici, chiaramente rappresentati! Già pochi anni dopo il boom immetteva i primi germi affabulatori o sulle bellezze del progresso o sulle magnifiche sorti progressive! Ognuno per proprio conto a raccontare due paesi diversi verso i quali camminare!
Proprio questa dicotomia è all’origine della confusione attuale, poco desiderata dai cittadini ma fortemente voluta da coloro che vogliono affabularli con narrazioni esaltanti ma soprattutto oniriche, quasi fossero grandi combattimenti tra il bene e il male!
Un abbaglio pericoloso! La cronaca nazionale e internazionale ci dice che potremmo sottolineare “le favole stanno a zero”, da un lato, e che sarebbe opportuno prendere una direzione chiara, possibilmente senza derive e perdite di tempo in racconti su mitici eldorado e ultime thule da raggiungere. L’età delle favole è finita! Sarebbe ora di diventare grandi!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::1477::/cck::