In una riflessione, qualche settimana fa, avevamo sottolineato l’assenza della politica nella quotidianità delle vacanze, il sostanziale distacco dalle beghe e dalle baruffe…
In una riflessione, qualche settimana fa, avevamo sottolineato l’assenza della politica nella quotidianità delle vacanze, il sostanziale distacco dalle beghe e dalle baruffe, salutando questa situazione come un momento positivo nel quale i cittadini hanno potuto serenamente riflettere sulle molte questioni aperte e sugli appuntamenti che li attendono in vista del referendum costituzionale. Tutto questo senza avere nelle orecchie le parole “escatologiche”, palingenetiche, apodittiche di questo o quell’esponente di maggioranza, ma soprattutto di opposizione.
La terra con il suo “respiro” e il suo sussulto ha messo in sordina ogni tentativo e per un momento ha chiesto a tutti il silenzio e la condivisione di un lutto che non è soltanto delle popolazioni colpite nel centro Italia, ma di tutto il paese come già accaduto purtroppo tante altre volte. E ha preteso che nelle parole, poche e prudenti, non risuonasse l’eco stonata della retorica o buonista o catastrofista.
Oggi, dopo le esequie delle vittime nell’epicentro, ad Amatrice, e man mano in tutte le altre comunità colpite, inizia con dolore e senso di vuoto, il dopo. Un dopo che è nel recupero delle ultime vittime, nello spostamento cauto ma deciso di tutti i resti degli edifici crollati e, in primo luogo, nella scelta di ricostruire in loco, nel riportare per quanto possibile i luoghi alla loro essenza ora ferita, anche in ricordo di chi è mancato nella notte del terrore.
Ed è proprio dalle persone sfuggite al ruggito della terra, ospitate nelle tende, nelle strutture dell’emergenza, che si solleva il vero spirito e la vera domanda: fateci rinascere qui, non pensate di spostare la nostra vita altrove, non offendete e cancellate quel che siamo. In una parola, rispettate il nostro dolore e la nostra volontà.
Una richiesta che richiama la politica, governo e parlamento – insieme alla magistratura – a scelte e decisioni forti e condivise che sappiano rispondere a tono alla domanda che viene dalla gente colpita. La memoria di molti altri eventi simili dove alla solidarietà e all’altruismo dell’emergenza, non sono seguiti i fatti concreti della ricostruzione onesta che le persone pretendono, sta lì a testimoniare come ogni parola che sgorga dai vecchi, dalle donne, dai giovani o dal grido muto di tanti bimbi traumatizzati, debba essere una pietra su cui fondare il dopo, ma anche una pietra tombale su affarismi, egoismi, preasappochismi, facili guadagni sulla pelle altrui.
Dunque, quello che ci si aspetta è una sola: fatti concreti, senza retorica. I cittadini italiani colpiti devono avere a fianco il paese intero, senza retorica, senza doppi fini, senza doppi giochi. Quando l’emergenza sarà finita, il paese dovrà continuare ad aiutare chi ha perso tutto e permettergli di rimettere in piedi la propria vita, senza scontare degenerazioni troppe volte verificatesi in passato.
L’occasione di un nuovo approccio, la rigorosa risposta alle esigenze è davanti a noi, coglierla deve essere l’impegno di tutti. Stonano perciò in queste ore le critiche e i distinguo sulla nomina del commissario, necessaria e opportuna in tempi brevi. Stona il balletto dei nomi, stona percepire che il governo deve ricercare l’appoggio o la non belligeranza delle opposizioni, che queste pensino al dopo politico e vogliano contrattare le decisioni urgenti da prendere.
Non è il governo Renzi, non è il premier – o peggio il futuro referendum – quello al quale si deve pensare, ma all’interesse immediato dei cittadini che vanno aiutati, sostenuti, resi protagonisti di quello che si deve fare. Le decisioni devono essere certo ponderate e adeguate, ma devono poter essere rapide, efficaci e dispiegare subito i propri effetti positivi per alleviare le sofferenze concrete e sostenere il recupero psicologico degli italiani investiti da questa tragica evenienza.
I giorni a venire ci diranno se quelli che si sono avvertiti sono solo segnali fatui di polemiche post ferragostane o il consueto e indegno avverarsi del costume politico italico. Superata l’emergenza, cioè, si torna al consueto scontro dissennato e improduttivo.
Il paese deve cominciare una buona volta a misurarsi su quel che deve essere fatto per la messa in sicurezza delle zone più a rischio a vantaggio diretto di chi vi abita e di tutto il patrimonio storico e artistico. E distinguere il ponderabile, cioè quel che può essere misurato e compreso e su di esso fondare le decisioni e le cose da fare, e l’imponderabile, cioè quello che non può essere misurato e previsto in modo da impedire vittime e danni. Più sapremo procedere sulla strada concreta del primo aspetto e più riusciremo ad affrontare in positivo le difficoltà del secondo, senza immaginare responsabilità umane per i terremoti, ad esempio, o delineare evacuazioni di emergenza ad ogni sussulto, ma ricostruendo e rafforzando gli edifici, intervenendo sulle situazioni a rischio, mettendo in sicurezza tutto ciò che si può a beneficio di chi vi abita e della comunità in generale.
Scoprire che soldi destinati a questo scopo, nelle zone devastate, non sono stati impiegati ed ora è necessario indagare su come sono stati usati, è esattamente quello che non dovremmo più sentire in questo paese! La natura ci offre, purtroppo, un’altra occasione. Speriamo che la politica politicante, gli interessi particolari, la burocrazia invasiva, non dispieghino ancora una volta il loro mantello mefitico! Sarebbe ancora una volta, l’ennesima, occasione perduta!
di Roberto Mostarda