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Stati Uniti: la sindrome del lupo solitario

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15/04/2013. Boston Marathon explosions di Aaron "tango". Tang from cambridge, ma, usa - DSC03188, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25613005
Migliaia di cittadini nel panico per una serie di attentati sotto indagine da parte della polizia per trovare delle connessioni ed individuare i responsabili. Sotto esame il rischio che possa essere in atto l’attivazione delle cellule del terrore sparse in Occidente.

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A meno di due mesi dalle elezioni presidenziali, la grande paura del terrorismo è tornata ad avvolgere gli Stati Uniti. Nello scorso fine settimana, quando erano ancora in corso le celebrazioni per il 15esimo anniversario dell’attentato alle Twin Towers, una serie di attacchi ha interessato diverse città del paese.
Un ordigno è esploso nel centralissimo quartiere di Chelsea a New York provocando 29 feriti mentre un’altra bomba è stata trovata inesplosa nelle vicinanze. Stesso copione di terrore in Minnesota dove a St. Cloud, una piccola cittadina di 70mila abitanti, un americano di origine somala ha assalito un gruppo di persone in un centro commerciale ferendone una decina prima di essere ucciso dalle forze dell’ordine.
Il terzo attentato invece non è andato in porto ma avrebbe potuto essere il più devastante. La polizia infatti ha trovato sui binari della stazione di Elizabeth nel New Jersey uno zaino con almeno 5 ordigni che per qualche motivo sono rimasti inesplosi. Una serie di attacchi che hanno gettato nel panico migliaia di cittadini e sui quali gli investigatori stanno cercando di trovare delle connessioni ed individuare i responsabili.
Nella rete della polizia finora è finito un afghano di 28anni, Ahmad Khan Rahami, appartenente ad una famiglia di ristoratori. L’ennesimo episodio dunque di un lupo solitario che decide di colpire il territorio americano. Proprio i cani sciolti del Califfato stanno diventando il problema numero uno per gli investigatori a stelle e strisce, quasi impossibili da individuare e spesso cittadini americani a tutti gli effetti e dunque in grado di sfuggire al meticoloso monitoraggio predisposto dai servizi segreti.
Una strategia che sta dando i suoi frutti non solo negli Stati Uniti ma anche in Francia, una sorta di reazione ai successi che la coalizione internazionale seppur divisa sta ottenendo sui campi di battaglia di Siria ed Iraq, spingendo i leader del Califfato ad attivare le proprie cellule del terrore sparse in Occidente.
Un clima d’instabilità che si sta riverberando anche sulla campagna presidenziale che a novembre porterà all’elezione del successore di Barak Obama. Nelle ultime ore da più parti si sono spesi appelli affinché si mantenga la calma cercando di non cavalcare l’ondata xenofoba che sta montando nel paese, anche perché la matrice degli attentati di New York e quelli sventati in New Jersey è ancora incerta. Un invito rivolto dalle autorità soprattutto al magnate delle costruzioni e candidato del partito repubblicano Donald Trump che con le sue affermazioni sopra le righe rischia di inasprire un clima d’odio già abbastanza diffuso tra i cittadini americani. È indubbio infatti che la questione terrorismo e la rivolta degli afroamericani contro le violenze della polizia stanno avvelenando il clima che si respira nel paese e nelle prossime settimane, quando lo scontro tra i due principali candidati Trump e Clinton inevitabilmente s’inasprirà, la situazione potrebbe degenerare acuendo le divisioni che già ora stanno destabilizzando la nazione.

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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::1536::/cck::

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