Economia

USA – UE: tensioni e sanzioni

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Margrethe Vestager, Commissario Europeo alla concorrenza, foto di Friends of Europe, Creative Commons, attribuzione generica 2.0
Le divergenze sull’elusione fiscale e sui trattati di liberalizzazione del commercio, le infrazioni di natura finanziaria e industriale da ambo le parti stanno guastando i rapporti tra Stati Uniti e Europa.

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La sanzione stabilita dalla UE, a carico dell’Apple per un miliardo di euro di tasse eluse, ha inasprito i rapporti, sulla carta sempre amichevoli, tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, con una escalation di sanzioni e ritorsioni che caratterizzano gli attuali equilibri geo politici del nostro pianeta.
Appare perlomeno difficile descrivere le tappe di un contrasto così evidente tra i blocchi occidentali dei continenti che hanno generato cultura e progresso negli ultimi secoli.
Dopo pochi giorni dalla questione Apple, gli USA hanno lasciato trapelare un’imminente sanzione a carico di Deutsche Bank, nell’ordine dei 14 miliardi di euro per aver distorto il mercato, con le operazioni sui derivati all’epoca della crisi dei mutui subprime.
Una cronologia di schermaglie e sanzioni, che iniziano con lo scandalo Diesel Gate a carico della casa tedesca Volkswagen, per aver turbato il mercato con le contraffazioni sulle emissioni di scarico.
E’ di pochi giorni fa la notizia di una condanna all’Europa da parte del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) per aver sovvenzionato, negli ultimi dieci anni, il colosso europeo del volo Airbus di 22 miliardi tra finanziamenti e sussidi da parte dei vari paesi europei, distorcendo il mercato e penalizzando l’altro principale attore dei voli internazionali, l’americana Boeing.
L’evidente e ormai definitivo diniego ai trattati sul TTIP (trattato transatlantico di liberalizzazione sul commercio) caldeggiato fortemente dagli americani, segna l’inizio di una fase di dura transizione tra gli interessi degli Stati Uniti e l’Europa, con la Germania presa continuamente di mira per le sue chiusure agli interessi americani e agli equilibri internazionali.
Organismi sovranazionali istituiti a sostegno della pace, come il fondo monetario internazionale, avevano e dovrebbero avere la funzione di regolamentare gli scambi commerciali ed evitare che paesi fortemente aggressivi, dal punto di vista delle esportazioni, creino eccessivi deficit negli altri paesi, rallentando la crescita economica globale.
Gli Stati Uniti, garanti del sistema, attraverso la loro moneta di riferimento per tutti gli scambi commerciali mondiali, sono ormai nella posizione di dover bilanciare il continuo afflusso di capitali, con la conseguente domanda continua dei dollari, attraverso dei mercati di sbocco per le loro merci e servizi, favorendo così il riequilibrio della loro bilancia dei pagamenti con maggiori esportazioni.
Il TTIP doveva essere la loro testa di ponte per favorire questo disegno; la chiusura da parte tedesca sulle posizioni mercantiliste e di surplus commerciale a tutti i costi sposta l’attenzione sulla strategia che gli Stati Uniti adotteranno nei prossimi mesi.
L’Unione Europea era ben vista oltre Oceano per la sua funzione di garanzia filo statunitense come cuscinetto tra la Russia e i focolai del Medio Oriente, ma il suo progressivo disfacimento, con la Brexit e le tensioni nei paesi del Mediterraneo, apre nuovi scenari sulla posizione americana nei confronti del progetto europeo.
Da un punto di vista economico, la concorrenza che i vari paesi dell’Unione sono costretti a fare in mancanza di aggiustamenti del cambio si sta rilevando deleteria per la crescita e i consumi, con l’inflazione che rimane al palo e non dà segni di ripresa e con le conseguenti ricadute sull’occupazione e sui redditi.
I segnali di intolleranza, ad est con l’Ungheria e a sud con l’Italia, sono la dimostrazione della fase maggiormente critica che l’Unione Europea deve affrontare nei prossimi mesi.
La posizione oltranzista della Germania non accenna a cambiare e le elezioni dei prossimi mesi daranno un nuovo quadro politico a dettare le linee.
Le presidenziali in America ci diranno subito la linea del nuovo presidente: interventismo o meno, le decisioni passeranno da Wall Street e per l’Europa filo tedesca non saranno tempi facili.

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::autore_::di Gianluca Di Russo::/autore_:: ::cck::1548::/cck::

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