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Il d.d.l. Stabilità 2017 intende tradurre in legge la prima parte dell’accordo Governo – CGIL, CISL UIL sulle pensioni. La seconda parte dovrà affrontare il tema dell’equilibrio del sistema contributivo.
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Con una sapiente regia comunicazionale, dopo l’accordo del 28 settembre con CGIL, CISL e UIL, l’approvazione da parte del Governo del disegno di legge Stabilità 2017 segna un ulteriore passo avanti sul capitolo previdenza ed assistenza.
Parliamo, in sintesi, di quattordicesime, pensioni basse e Ape (anticipo pensionistico).
La stampa specializzata non tarderà a colmare i vuoti ancora presenti nel disegno di legge, appena disponibili ulteriori contenuti.
Per quanto ci riguarda, come spesso accade quando si indicano gli obiettivi che si intendono conseguire, vogliamo occuparci di quelli, piuttosto che alimentare ipotesi e creare aspettative magari alimentate ad arte.
Cerchiamo di non dimenticare il quadro entro il quale inscrivere l’azione di governo.
Non è trascorso moltissimo tempo da quando (era l’ottobre del 2013) l’allora governo in carica presieduto da Enrico Letta – dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 – nominò Carlo Cottarelli, esperto del Fondo Monetario Internazionale, commissario straordinario per la revisione della spesa. Il presupposto di quella nomina era il tentativo di individuare criteri e modalità per procedere ad una revisione della spesa pubblica, ritenuta molto probabilmente a ragione, ormai fuori controllo, e di procedere, invece che con i criteri seguiti fino ad allora dei cosiddetti tagli lineari, con un’azione mirata per ogni ceppo di spesa.
L’esperienza non fu di reciproca soddisfazione: il Commissario, ad ogni modo, affidò ad una interessante pubblicazione (La lista della spesa – Feltrinelli) una sintesi del lavoro prodotto.
E’ a questa che ci riferiamo per comprendere se e quanto sia cambiato in questi ultimi anni il sistema previdenziale.
In poche pagine l’autore affronta gli argomenti Previdenza ed Assistenza in uno specifico capitolo: “La spesa previdenziale: quasi metà della spesa, quasi un terzo degli elettori”.
Ci sia consentito riportare alcune frasi di quel lavoro, ricordando che risalgono a 3 anni or sono.
“Non tutta la spesa degli enti previdenziali è per gli anziani ma lo è la maggior parte. … La spesa per pensioni, rispetto al PIL è tra le più alte al mondo e non solo perché siamo un paese di vecchi ma anche per le condizioni, relativamente generose del sistema di pensionamento applicato per anni in Italia”.
La spesa per pensioni e liquidazioni era, nel 2013, di 265 miliardi e rappresentava il 16,3% del PIL.
Tre anni prima, nel 2010, quando rappresentava il 15,3% del PIL era la più alta dei paesi UE, seguita da Francia (14,6), Austria (14,1) e Grecia (13,6). Il valore medio in tutta la UE era di 11,3 ed il più basso era per i Paesi Bassi del 6,8.
La dinamica della crescita di quella spesa dal 2010 al 2013 del 7,5% destava maggiori preoccupazioni: una dimensione che derivava dalla velocità di invecchiamento della popolazione italiana: nel 2014 la popolazione di età superiore ai sessanta anni era del 27,4 per cento, cresciuta in tal modo dal 24,8% del 2002, del 20,1% dal 1992 e del 16% dal 1980.
Oggi il numero dei pensionati supera il tetto di 16 milioni e mezzo.
I dati riportati ora hanno un valore storico: una azione di contenimento, infatti era stata prodotta dalla riforma Dini del 1995 prima e dalla riforma Fornero dopo, quest’ultima definita anche “di lacrime e sangue”.
Le misure contenute nel disegno della legge di stabilità 2017 pongono un riparo a problemi di sussistenza di una fetta di popolazione in condizioni precarie, fatto che non può non essere considerato positivo. E’ sufficiente? Forse non lo è, ma non riteniamo raccomandabile preoccuparsi delle condizioni di pochi (relativamente) senza affrontare anche il problema dell’equilibrio di una platea enorme di lavoratori in pensione e dell’equilibrio di un sistema contributivo che le alimenti senza chiedere prestiti contributivi ai loro figli e nipoti che forse non hanno neanche un lavoro.
Siamo convinti che non sia più procrastinabile se non raggiungere un equilibrio del sistema contributivo, almeno mettere in sicurezza il primo pilastro della Previdenza, quello del sistema contributivo, separandolo nettamente dall’aspetto assistenziale. Ci auguriamo che nell’agenda del Premier, magari dopo il 4 dicembre, ci sia spazio e volontà politica per raggiungere anche questo obiettivo e che altrettanta disponibilità vi sia in CGIL, CISL e UIL.
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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::1601::/cck::