La parola

Ricostruzione

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Scegliere una parola come quella di questa settimana, mentre la terra continua a tremare in una vasta area del centro Italia, potrebbe apparire da un lato ovvio, dall’altro scontato.

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Scegliere una parola come quella di questa settimana, mentre la terra continua a tremare in una vasta area del centro Italia, potrebbe apparire da un lato ovvio, dall’altro scontato. Se si ascoltano le parole di quanti si sono trovati travolti nella loro vita in quelle terre, però, tutto assume un diverso connotato. La volontà di ricostruire è fatta di parole, ma soprattutto di fatti e di fatti concludenti. L’importante si dice è ricostruire negli stessi luoghi e il più possibile con le stesse caratteristiche.
Un desiderio, spesso manifestato con grande trasporto emotivo, da chi sente allentarsi se non recidersi, meglio dire avverte il rischio di questo, le proprie radici umane, familiari, sociali , culturali, professionali. E questo in un tempo tanto breve da dare solo lo spazio minimo per salvarsi la vita o non esserci più.
Ecco dunque che parlare di questo tema deve essere esercizio di grande rispetto e di grande sensibilità. Soprattutto per rendere chiaro che cosa vuol dire ricostruzione in una realtà così particolare, parcellizzata e antica. Dalla parola d’ordine, cioè occorre scendere nel concreto delle scelte.
Partiamo come sempre dal termine ricostruzióne. Con esso secondo il dizionario, si intende l’azione, l’operazione e il lavoro di ricostruire, il fatto di venire ricostruito; con valore più concreto, il modo con cui si attuano o risultano attuati, e la cosa stessa ricostruita. Così si dice decidereiniziareultimare la ricostruzione  di un ponte o di un edificio crollatodi un paese distrutto dal terremoto. Ancorasi chiede, si spera che sia  rapidaperfetta, per tornare come prima, insomma.
Vari anche altri utilizzi della parola, così nella storia, nel restauro di monumenti architettonici, Vi sono poi usi e significati tecnici e scientifici. Così nella tecnologia della ricostruzione dei pneumatici, il procedimento industriale per ricostruire, rendendoli praticamente nuovi, pneumatici usurati che abbiano la carcassa ancora in buone condizioni, consistente nell’applicazione sul battistrada originale, preventivamente raschiato, di una fascia di mescola cruda, che viene poi vulcanizzata. Di più, nel linguaggio amministrativo si parla di ricostruzione della carriera, cioè la revisione della carriera di un impiegato effettuata, dopo l’immissione in ruolo, tenendo conto di tutti i servizî, i fatti e gli elementi precedentemente non considerati. Per finire nella linguistica storica, si intende il metodo e procedimento inteso a ricostruire, sulla base dei documenti delle lingue storiche che formano un gruppo genealogicamente affine, elementi lessicali, fonetici, morfologici e sintattici di una precedente fase linguistica, protostorica o preistorica, unitaria o relativamente più unitaria, di cui quelle lingue storiche rifletterebbero lo svolgimento differenziato.
Come sempre i significati delle parole sono articolati, complessi, multiformi. In tutte queste possibilità, resta il dato strutturale del termine, ossia il costruire “di nuovo”, cioè il recuperare, riordinare, rimettere insieme ciò che resta al fine di riprendere i lineamenti, le caratteristiche, l’impronta di quello che era.
Questo il punto di partenza e nei limiti del possibile anche il segno della procedura e dell’azione per arrivare al risultato. Esistono però delle valutazioni per così dire ontologiche e logiche allo stesso tempo. Eventi catastrofici come quelli tellurici provocano modifiche irrevocabili ed immodificabili sovente negli stessi territori e questo finisce inevitabilmente con l’influire sulle decisioni del dopo. Superato il terrore, il dolore, lo stupore dinanzi alla perdita di tutto, spesso subentra il realismo, la consapevolezza di trovarsi in un dopo, dove il prima sarà senza possibilità di dubbio qualcosa che non è più. E’ dunque comprensibile ascoltare la richiesta di restare e ricostruire laddove si viveva ed è compito di tutti far si ché questo sia al massimo grado il risultato da raggiungere. Soprattutto bisogna dare voce alle popolazioni e permettere che le esigenze complessive tengano conto di quelle particolari, un binomio che non può essere violato pena lo straniamento e lo sradicamento dai luoghi.
E’ altresì evidente che edifici storici, comunque antichi, sistemi di costruzione che anno sfidato i secoli debbono essere preservati come valore di riferimento, ma che le mutate condizioni geografiche, geologiche, tecniche debbono avere la possibilità di essere coniugate con quei valori. Il principio base è che nulla sarà come prima, la ferita resterà sempre aperta, anche se la cicatrice si sarà rimarginata bene e sembrerà quasi che nulla sia accaduto! I diversi modi in cui si è ricostruito nel nostro paese dinanzi a tragiche evenienze simili (tutt’altro che infrequenti) mostra chiaramente quali cose vanno evitate, quali altre perseguite e realizzate. Su tutte il rispetto per i luoghi, per chi ci abita, per il senso di comunità che si cerca di rimettere in piedi e del quale sono fondamenta la possibilità di stare accanto o sullo stesso luogo dove si era prima, anche se modifiche e cambiamenti saranno evidenti. Poi la garanzia di una ricostruzione basata sulle tecniche più avanzate in tema di antisismicità, coniugata con le caratteristiche dei luoghi, l’utilizzo ove possibile di materiali naturali e simili a quelli che erano, per lasciare quel segno, quel particolare che mantengano il ricordo e il senso del luogo e delle persone che vi vivevano e di quelle che vi torneranno a vivere! Un compito immane, mentre la natura continua a far sentire la sua terribile voce, ogni secondo, ogni minuto e quanto accade o è accaduto non riesce ancora a entrare nella sfera del ricordo! Ma è tremendamente vita quotidiana, incertezza senza fine, ricerca difficile quasi impossibile di un equilibrio pur legato al nuovo, soprattutto al dopo!

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::1632::/cck::

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