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Non esiste ambito della vita umana nel quale non ci si debba porre il problema di mettere qualcosa in alternativa a qualcos’altro. Ma in politica la parola “alternativa” è spesso abusata.
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Nella vita, nella quotidianità, esistono sempre dei passaggi cruciali, importanti che possono dare una direzione nuova o meno al cammino nel quale siamo necessariamente impegnati. Salire o scendere, prendere o lasciare, accettare o rifiutare, entrare od uscire: sia in senso concreto che figurato, siamo di fronte a scelte che comportano soluzioni differenti e differenziate.
La parola che abbiamo voluto affrontare è dunque proprio alternativa. Con essa il dizionario intende, ad esempio, il risultato dell’alternarsi, del ripetersi a turno di due cose. Oppure la possibilità o la necessità di scelta fra due soluzioni: proporre, mettere, essere, trovarsi, dibattersi nell’alternativa, o in un’alternativa. Se ne parla spesso anche in relazione alla politica, cioè la possibilità di scelta tra diverse forme o orientamenti di governo; nel diritto, dove il termine indica la stessa cosa di un’obbligazione alternativa. Oppure ci si riferisce al dubbio stesso, all’incertezza di fronte alla necessità di una scelta: una difficile alternativa, una situazione senza alternative. Il termine viene anche usato in senso estensivo per indicare ciascuna delle soluzioni possibili, o anche quella che è ritenuta l’unica soluzione possibile o auspicabile.
Alla base della necessità del decidere di fronte ad una o più alternative vi è la diversità tra le possibilità che si hanno di fronte. Tale diversità è dunque elemento determinante della opportunità di una scelta che va fatta o che ci si impegna a fare. Senza questo elemento dirimente non vi sarebbe alcuna possibilità di avere alternativa a qualcosa che si ha o che si vuole cambiare. L’intensità di questa diversità rende poi più o meno cogente la necessità, il bisogno, il desiderio, l’opportunità di – come si usa dire – “trovare un’alternativa”.
Non esiste ambito della vita umana – personale, sociale, affettivo, lavorativo, sportivo e via dicendo – nel quale non si debba porre il problema di qualcosa in alternativa a qualcos’altro. Si potrebbe addirittura dire che la stessa vita è, in buona sostanza, qualcosa di alternativo a quello che invece vita non è. Dunque parlare di alternativa non è certamente un esercizio superfluo o ininfluente, ma l’essenza stessa del nostro nascere, crescere, evolvere, cambiare.
Esistono naturalmente diversi piani di alternativa, che ineriscono gli aspetti più svariati della nostra personalità, del nostro essere sociali, del nostro porci nel mondo e dinanzi ai nostri simili. Così come esistono piani concreti e situazioni che vanno affrontate nella consapevolezza della necessità, opportunità, urgenza o meno di un’alternativa.
A questo secondo ambito appartiene sicuramente il piano della politica, dove l’alternativa per definizione dovrebbe indicare le possibilità svariate sulle quali provare a costruire la convivenza civile, in un dialogo e una sfida feconda con le possibili altre varianti a disposizione.
Nella vita politica, nei discorsi dei politici, la parola “alternativa” è di quelle più impiegate e soprattutto abusate, specie se comparate alla alternatività delle soluzioni a confronto. Noi siamo l’alternativa a questo e a quello; noi siamo l’unica alternativa a quel che non va nel paese; l’unica alternativa possibile è la nostra; non ci sono alternative alla nostra visione, e così via. Chi non ricorda dichiarazioni, discorsi, considerazioni di un politico, nazionale o di altre realtà, che non trovi il momento opportuno per parlare di alternativa? Sì, perché c’è sempre un’alternativa, senza dubbio; ci deve essere sempre un’alternativa, altrimenti…
Orbene, l’esercizio più intelligente sarebbe quello di sviscerare analiticamente tra due posizioni, due visioni, due proposte, quanto vi sia di veramente alternativo tra di esse. Non ad un approccio estetico, sommario, superficiale, ma ad un’analisi approfondita, comparativa, condotta con serietà ed acume e scevra di pregiudizi o condizionamenti. Una condizione non certamente frequente (ancorché auspicabile) per dare sostanza all’elemento dirimente che solo può permetterci poi di indicare la strada – per l’appunto – alternativa.
Un esame che può anche rivelarsi ozioso ed inconcludente, se sotto sotto quel che si esamina non presenta le inevitabili caratteristiche di alternativa a qualcosa di altro, ma anzi manifesta con grande chiarezza che l’alternatività è sostanzialmente sulla parte esteriore e non nella struttura. Come in un pittoresco e spettacolare “giuoco delle parti”, quello reso immortale da Pirandello.
Provate ora a calare questa analisi generica e le sue possibili esplicazioni nella vita politica italiana per cercare il tasso di alternatività in essa presente e per valutare meriti e demeriti di una proposta o di un’altra. Buona fortuna! Avrete presto la sensazione di un déjà vu senza speranza, dove tutto ciò che si vede e appare non è necessariamente quello che dovrebbe e – soprattutto – non è alternativo ad alcunché.
Così è, se vi pare!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::1718::/cck::