La politica per così dire tradizionale vive giorni agitati nel tentativo di trovare una quadra nell’ambito di schemi già conosciuti. Ma si movimenta ancor di più per i maldestri tentativi di Grillo di ridisegnare una politica estera del suo movimento.
I giorni di fine anno e i primi di quello nuovo ci hanno consegnato qualcosa su cui è opportuno affrontare un’analisi spassionata e senza schemi precostituiti, ma anche attenta a cogliere i segnali più significativi per dare un senso anche improbabile a quanto accade!
Il dopo referendum ci ha messi su una nuova strada per così dire che deve far emergere il senso di un voto negativo non per le riforme ma per il modo nel quale sono state proposte e condotte.
La prima considerazione non è positiva. I sostenitori del no hanno prospettato un celere cammino per riavviare un percorso di riforme costituzionali da porre in cantiere subito per accogliere la domanda del paese che è sempre lì e non è cambiata: un sistema efficiente, equilibrato, condiviso e che tenga conto della complessità della nostra realtà. Di questo celere cammino non si intravede neppure l’inizio e questo senza scomodare la questione della legge elettorale che sembra essere l’unico trastullo di partiti e movimenti più inclini all’inazione “agitata” che a un reale percorso positivo e costruttivo! Le divisioni sono trasversali, le idee ancora confuse e le proposte incoerenti. Si parla di tutto, maggioritario ad uno o due turni in declino, di proporzionale puro, di proporzionale con correzioni e premi o sbarramenti che ne negano la radice stessa. Insomma una confusione senza apparente scopo e obiettivo che quello di mandare tutto alle calende, ma continuando ad affermare che occorre andare al voto subito, una volta conosciuta la situazione che verrà creata dalla pronuncia della Consulta sull’Italicum.
La politica per così dire tradizionale vive giorni agitati nel tentativo di trovare una quadra nell’ambito di schemi già conosciuti, vedi la grande coalizione, l’appoggio esterno costruttivo su alcuni temi, critico su altri e via snocciolando quello al quale per decenni abbiamo assistito nell’Italia del proporzionale puro e della prima repubblica. L’approdo di tutto questo è ancora difficile da comprendere, mentre si acuisce la spaccatura con quelle che possiamo definire le forze antisistema come la Lega, Fratelli d’Italia e, in primo luogo, per ragioni di consistenza, i Cinquestelle.
E’ su questo terreno che si pongono le domande più stringenti, mentre sondaggisti e opinionisti continuano a dare per certa la vittoria elettorale del movimento e le sue ambizioni di governo del paese!
Ed è da qui che nascono le domande più angoscianti! Le ultime uscite di Grillo hanno avuto un solo pregio: far comprendere come la crisi di crescita del movimento coincida con la crisi confusionale del guru e delle prospettive stesse che si vorrebbero veder realizzate. Siamo di fronte a quello che anche ad un impreparato osservatore, scevro da condizionamenti politici, non può che apparire un atteggiamento avventurista e un azzardo vero e proprio che sta provocando mal di pancia tra gli stessi grillini!
Ci riferiamo a due fatti in particolare. La cosiddetta svolta garantista con l’approvazione in rete di un nuovo codice etico che prevede la non automatica dimissione da incarichi pubblici per gli amministratori pentastellati raggiunti da un avviso di garanzia. E all’uscita del gruppo cinquestelle dal raggruppamento euroscettico di Farage al Parlamento Europeo. In entrambi i casi qualcosa di incomprensibile persino agli stessi seguaci del guru, fatti salvi i più realisti del re alla ricerca di visibilità.
La prima giravolta è clamorosa e contraddice alla radice (si perdoni la ripetizione) il mantra grillino originato dai vaffa storici contro la casta e l’inamovibilità del politici tradizionali. Il nuovo codice, peraltro approvato a larga maggioranza in rete, da una minoranza degli iscritti al sito, è stato anche in parte contraddetto dallo stesso Grillo cercando di rimediare ad un’uscita contraddittoria certo ma legata all’inevitabile misurarsi degli amministratori cinquestelle con la realtà dell’amministrare la cosa pubblica.
La seconda appare invece assolutamente insensata, non tanto nella scelta di lasciare un gruppo troppo populista per un movimento che vuole governare un paese, quanto nell’approdo fallito ad un altro rassemblement, quello dei liberali democratici convinti europeisti e non populisti che hanno declinato l’invito! Un atto dettato appare chiaro da puro tatticismo, nel tentativo di contare di più e di uscire da uno splendido isolamento inadatto alle prospettive italiane vagheggiate da tempo.
Due passi falsi e sbagliati agli occhi degli italiani che ancora provano a fidarsi del comico politico, due contraddizioni evidenti che unite alla drammatica evoluzione della situazione nella capitale, mostrano una corda inaspettata di quella visione dell’Italia a cinquestelle disancorata e lontana dalla politica tradizione, anzi in evidente discontinuità con essa. Un fatto questo che mostra tutta la sua vacuità, che si scioglie come neve al sole ed esplode senza scopo come una bolla di sapone. Difficile capire che cosa stia accadendo. Un dato abbastanza comprensibile è la difficoltà di Grillo di dare coerenza e continuità ad un messaggio che probabilmente aveva connotati più chiari nella visione di Casaleggio e che senza di lui sconta la mancanza dell’idea e della sua interpretazione autentica!
di Roberto Mostarda