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Essere o… votare, questo è il dilemma

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Quirinale 27/01/2017. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del suo intervento alla celebrazione del "Giorno della Memoria"
Per combattere la corruzione, madre di molti comportamenti ai limiti e oltre la legge, è necessario il concorso di tutti per modificare radicalmente il modo stesso nel quale si fa politica puntando alla partecipazione per risolverli.

Non è certo intenzione di chi scrive fare sfoggio di cultura letteraria e di citazione shakespeariana, ma è indubitabile che il dubbio amletico del grande scrittore britannico alberghi nella situazione politica e sociale del paese, nel mentre si cerca di uscire da un’impasse troppo a lungo protratta.
Il passaggio referendario, al di là del risultato, ha avuto il pregio di essere uno spartiacque. Non certo come molti vagheggiano e speravano, pro o anti Renzi, ma molto più seriamente tra un’Italia che sino ad ora è vissuta sulle spalle di una sorta di rivoluzione etica iniziata con mani pulite e un dopo tutto da costruire.
Dato a Cesare quel che è di Cesare, ossia il merito alla magistratura di aver cominciato a toccare e colpire santuari di malgoverno e di abuso e dinanzi al proliferare di forme di corruzione molto più insidiose e inafferrabili (speriamo per poco!) è ormai evidente un dato reale: o il paese cambia registro nel suo profondo sociale, assume su di sé lo sforzo di mutare radicalmente, oppure sarà condannato ad un presente che non passa mai e che rischia di “cambiare profumo” con il passare del tempo! E’ evidente infatti che per combattere la corruzione, madre di molti comportamenti ai limiti e oltre la legge, è necessario il concorso di tutti. Di chi indaga, di chi collabora ma allo stesso tempo anche di chi si ritiene a torto o a ragione dalla parte del giusto, dell’onesto! Tutti debbono combattere il fenomeno dalle sue più minute manifestazioni (pensiamo ai genitori che cercano di ingraziarsi l’allenatore di pallone del piccolo circolo per “favorire” il piccolo atleta invece di spronarlo a tirar fuori il suo carattere, un esempio puerile per tutti ma significativo) sino ai passaggi più pericolosi e gravi che inficiano il corretto svolgersi della vita quotidiana, negli uffici, nelle imprese, ovunque! Ebbene è proprio in questi luoghi che tutti debbono essere presenti, non acquiescenti ai tentativi di “guidare”, raccomandare, spingere qualcuno contro gli altri e soprattutto contro leggi, prassi, meriti.
Per avviare questa stagione virtuosa, occorre dunque un cambiamento ontologico del nostro essere cittadini e questo non vuol dire favorire dal punto di vista elettorale qualcuno che si inventa formule o parole d’ordine semplici e banali, ma essere pronti a modificare radicalmente il modo stesso nel quale si fa politica. Non siamo più infatti, e per molti versi, il paese degli anni Cinquanta-Sessanta, uscito dalla guerra e nel boom economico, dove tutti affermavano di non capire molto di politica e votavano o ideologicamente o in modo più pratico, ma in presenza di grandi forse politiche organizzate e presenti nel territorio. L’Italia nella quale siamo e viviamo è un paese dove la politica intesa in modo tradizionale è finita anche per consunzione storica, ma nessuna forma alternativa è riuscita ad affermarsi e a permettere ai cittadini di esprimere una volontà e vederla rispettata.
Quindi è proprio da qui che occorre partire, dai luoghi, dai territori, dai vicini di quartiere, per comprendere il bene e il male presente e cercare di interpretare e rappresentare l’uno ed evitare e combattere l’altro. In sostanza passare dal “qui non si fa politica” qualunquistico, al segnare la realtà che ci circonda con la comprensione dei problemi e la partecipazione per risolverli.
Da evitare invece come un pericolo mortale, l’affidarsi a persone o a concezioni fatte per rompere, dividere, e via dicendo. Meccanismi di ricomposizione sono i benvenuti, non quelli destinati solo ad aumentare solchi, steccati, incomprensioni. Ed è un discorso che riguarda prima il rapporto tra cittadini che nei confronti degli immigrati tanto per fare un esempio non banale ma ovvio!
Di fronte allora alla corsa forsennata, al bisogno di rivolgersi al popolo e alla sua volontà, come accade in queste settimane, come se le prossime elezioni fossero salvifiche e segnassero il passaggio ad una nuova era, sarebbe molto più opportuno ragionare, scegliere gli strumenti migliori e le regole più adeguate per rappresentare i cittadini e il loro sentire e poi, con una condivisione ampia di questo dato pre-politico, affidarsi al popolo. Non c’è in questo nessuna volontà di non permettere l’espressione libera della volontà popolare, ma piuttosto il rispetto di essa perché possa manifestarsi nel modo più lineare e chiaro possibile. Ai politici e a chi governa poi l’onere di realizzare quella volontà e soprattutto rappresentare le idee che sostengono l’agire dei cittadini.
Pensare dunque come fanno alcuni che scissioni, distinguo e altri alambicchi retrò siano capaci di dare quelle risposte non solo è illusorio e suicida, ma anche e soprattutto un’offesa al buon senso e un tentativo di riavviare al contrario il corso della storia, esercizio che non ha mai portato fortuna a nessuno.
Come anche, cercando consenso, fare piazza pulita di ogni cosa, di ogni modo diverso di pensare, indicare sempre “gli altri” come causa dei mali e non vedere per strabismo la trave nel proprio occhio. E, soprattutto, non avere mai fatto chiaramente capire oltre all’insulto, alla condanna, all’ostracismo fine a se stesso, quali siano le idee portanti di una concezione della società e della politica che si vuole gabellare. Ma la risposta molto semplice è che questo tipo di atteggiamenti sono soltanto un paravento dietro al quale c’è il vuoto pneumatico e quel che è peggio le cause di nuove e più drammatiche derive! Essere o… votare, dunque, questo è il dilemma!

di Roberto Mostarda

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