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Intervista a Roberto Savio, giornalista e analista politico italiano.
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Intervista a Roberto Savio, giornalista e analista politico italiano.
Nel 1964 ha fondato Inter Press Service (IPS), una delle agenzie di stampa più conosciute al mondo. Da lì, Savio ha seguito gli eventi più importanti della storia recente, sottolineando la necessità di estendere le frontiere della comunicazione, rivendicare l’importanza del giornalismo e, ora, frenare l’irruzione di movimenti nazionalisti dopo la Brexit inglese ed il trionfo di Trump negli Stati Uniti.
In visita in Cile, Savio affronta il tema dell’attuale configurazione del sistema della comunicazione, il ruolo del giornalismo nella società contemporanea e l’ascesa dei movimenti nazionalisti in Europa. Secondo quanto afferma, il dibattito avviato su un nuovo ordine mondiale dell’informazione nel 1980 col rapporto McBride dell’UNESCO, dove si chiamava a democratizzare le comunicazioni e a promuovere la pace, è stato dimenticato e sostituito con il modello neoliberista promosso sin dal suo inizio dalle amministrazioni Reagan e Thatcher. “A causa di interessi corporativi, oggi lo stato della comunicazione è molto peggio di quasi 40 anni fa. I media non promuovono più una visione della società, dal momento che non si preoccupano dei cittadini”, egli dice.
Ma oggi si parla di “giornalismo cittadino”. Esiste questa categoria?
Questo giornalismo cittadino è fatto fuori dei giornali grazie alla comunicazione orizzontale che promuove Internet. Facendo riferimento alla stampa, si parla di mezzo di comunicazione, ma non lo è. La stampa è un mezzo di informazione. La comunicazione è un sistema orizzontale.
In ogni caso, la stampa rimane fondamentale per il funzionamento della democrazia.
Sì, ma il giornalismo è diventato un luogo comune. Per risparmiare, ora i quotidiani si dedicano solo a “coprire” gli eventi. Non coprono i processi in cui occorrono un’ulteriore interpretazione e lo sviluppo delle storie. Il giornalismo è stato ridotto in pillole; quindi non ha bisogno di giornalisti brillanti.
Sono meno complessi i giornalisti di oggi?
Certo, ma è un prodotto della struttura del mercato dei media. Se non è necessario scrivere analisi, pago di meno. Ad esempio, i giornalisti in Italia lavorano ad articolo pubblicato; pochi hanno contratti che danno loro stabilità.
Questo problema economico dei quotidiani ha influenzato anche la società? Si è sempre creduto che la stampa costruisce l’agenda politica.
La stampa ha perso potere, perché la politica oggi è meno importante. La politica non dirige più la società. Il potere è esercitato dal mondo della finanza e dalle grandi corporazioni economiche. Prima un quotidiano poteva far cascare un governo, oggi questo è impossibile, perché la politica ha perso potere sulla economia finanziaria.
E allora, come si recupera questo potere?
I media e la politica devono presentare un modello di società. Proporre una discussione su se sia giusto o no salvare le banche in tempi di crisi. Le banche in Europa hanno ancora 800 miliardi di titoli tossici. Si destina più denaro a salvare quei titoli che a stanziare i sussidi per il lavoro giovanile. Oggi, il 35% dei giovani sono disoccupati, ma si spendono più risorse per l’aiuto alle banche europee. Quindi dobbiamo discutere quale modello di società vogliamo e se dobbiamo consegnare tutto al mercato. I media non hanno promosso dibattito. La stampa ha perso potere e anche dignità.
In questo contesto, che cosa ci si può aspettare dal giornalismo?
L’ontologia del giornalismo è quella di essere la coscienza critica della società in modo che possa discutere su se stessa. In una società in crisi, il giornalista ha un ruolo molto importante. Il giornalismo deve tornare a ricollegarsi alla società con la democrazia. E’ necessaria una visione complessa per capire e interpretare i processi sociali.
La Brexit e Trump
In questa esigenza di ulteriore analisi, come possiamo spiegare il trionfo di Donald Trump negli Stati Uniti o della Brexit in Inghilterra?
Ci sono due ragioni fondamentali per la comprensione di questi processi. Dal 1981, con l’impulso del neoliberismo – attraverso il Consenso di Washington, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale – si è deciso che la crescita economica deriva dal mercato e che deve essere eliminata la spesa sociale. Con questa politica di adeguamento si comincia a smantellare la struttura dello Stato per privatizzarlo completamente. Poi, con la caduta del muro di Berlino, si comincia a parlare della fine della storia. La sinistra si scontra in questo contesto, con uno tsunami ideologico neoliberale e non è in grado di creare un muro di contenimento. Da Tony Blair in poi si realizza una dissociazione con la democrazia e la sinistra si adatta al nuovo ordine, in cui si verifica un calo della partecipazione dei cittadini alla politica e molte persone sono delocalizzate dalla società verso il sistema neoliberista. Ma nessuno se ne accorge e ci si dedica a guardare le statistiche.
E questi sono i delocalizzati che votano per la Brexit e Trump?
Certo. Vi è crescita, ma anche molta più disuguaglianza. Il voto per la Brexit e per Trump viene da persone che sono state emarginate, rese precarie e punite dall’eccesso neoliberista. Ma questo fenomeno è collegato anche con l’elezione di un presidente nelle Filippine, Rodrigo Duterte, che promette di uccidere delinquenti, criminali, spacciatori e tossicodipendenti. Poche settimane fa ha tenuto una conferenza stampa in cui ha detto che il suo governo era in ritardo perché ha ucciso solo tremila delle 300 mila persone promesse nella sua campagna! Siamo in una società in trasformazione dove affiorano questi sentimenti di odio e nazionalismo. E sembra che nessuno è a conoscenza di ciò.
I gruppi più progressisti non sono stati capaci di percepire questi cambiamenti?
La sinistra non è riuscita a contenere il neoliberismo scatenato perché ha cercato di adattarsi ed ha trascurato le persone, soprattutto i giovani. In Inghilterra l’82% dei giovani ha votato per rimanere in Europa, perché hanno una visione più contemporanea della realtà. I giovani negli Stati Uniti hanno dato 10 milioni di voti per Bernie Sanders, ma il Partito Democratico ha sostenuto Hillary Clinton ed ha cacciato tutti i giovani.
All’inizio del colloquio lei ha detto che Internet ha promosso una comunicazione più orizzontale, ma alcuni analisti sostengono che le reti sociali digitali sono diventate una minaccia per la democrazia, in quanto creano alcune comunità in cui sono condivisi solo discorsi razzisti, misogini e xenofobi. Esiste anche una spiegazione per il trionfo di Trump, chiamato anche il candidato “troll” [n.d.t. provocatore], perché attaccava violentemente i suoi contendenti?
C’è una responsabilità molto complessa in questo ambito. La società civile -che si trova alla base del concetto delle reti sociali digitali- è organizzata fondamentalmente per temi. Per esempio, se mi interessa l’ambiente, non compro i giornali, perché tali informazioni non sono là e vado su internet. Questa organizzazione di flusso di comunicazioni per temi ha portato a un tipo di informazione senza gerarchie professionali. Allora, nel contesto di questa mancanza di organizzazione concettuale, si crea materiale informativo che ha l’intenzione solo di raggiungere le persone che la pensano come me, promuovendo l’intolleranza.
Infatti, secondo una recente analisi, Facebook è la più grande piattaforma per la diffusione di notizie false.
Certo. Uno degli attuali problemi principali è che gran parte della popolazione lascia il mondo reale per entrare nel mondo virtuale. Ad esempio, l’anno scorso in Cina, un milione di coppie si sono sposate senza mai essersi incontrate prima di persona, avevano mantenuto contatto soltanto tramite Internet. Questo mondo virtuale ha creato una nuova cultura, da cui la vita sociale è stata ridotta. In Internet è molto più facile far circolare illusioni, desideri e falsità, perché non vi è un meccanismo di filtro o di controllo. Pertanto, il ruolo del giornalista diventa insostituibile nella società contemporanea.
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::autore_::di Cristian Cabalin – Palabra Pública, Chile::/autore_:: ::cck::1809::/cck::