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In Myanmar (l’odierna Birmania) l’elemento acquatico è visibilmente predominante, dall’Irrawaddy, l’unica via un tempo percorribile da Yangoon a Mandalay che incantò il giovane soldato Rudyard Kipling, sino al mistico Lago Inle.
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In Myanmar (l’odierna Birmania) l’elemento acquatico è visibilmente predominante, dall’Irrawaddy, l’unica via un tempo percorribile da Yangoon a Mandalay che incantò il giovane soldato Rudyard Kipling, sino al mistico Lago Inle. Quest’ultimo è caratterizzato da mercati e giardini galleggianti, pagode millenarie, escursioni termiche considerevoli e una ricca fauna di volatili che dalla sommità delle canne di bambù come stiliti osservano il transito incessante delle imbarcazioni.
Proprio nei dintorni del lago, in un territorio contraddistinto dal rossore della terra, che la fa assomigliare ad uno sterminato campo da tennis, sorgono le due tenute in cui si produce il vino Birmano. In Myanmar il vino e la sua coltivazione non sono certamente tradizionali, ma l’intervento di alcuni europei ed il crescente sviluppo economico del Paese hanno favorito la diffusione della bevanda. Di certo il clima tropicale non è dei più favorevoli per lo sviluppo della vite, ma in tutto il sud-est asiatico si producono vini (più o meno raffinati), ergo anche il Myanmar si è affacciato al mercato da protagonista.
L’indiscusso pioniere del settore vinicolo birmano è il tedesco Bert Morsbach fondatore e proprietario della Myanmar 1st Vineyard Estate nata nel 1999 (www.myanmar-vineyard.com). Naturalmente siamo ben lontani dalla storia millenaria del vecchio continente, ma l’imprinting europeo denotato dalla selezione di vitigni internazionali ricorda più vini del Nuovo Mondo che gli originali francesi. I vigneti sono collocati a 1300 m. di altitudine con il vantaggio di mitigare le temperature tropicali ottenendo condizioni pedoclimatiche soddisfacenti per la produzione di vino di buona qualità. Ciò contrariamente alla maggioranza dei vini della Thailandia e dell’India, prodotti da vigneti collocati ad altitudini di poco superiori al livello del mare con ripercussioni sulla qualità dei frutti.
L’azienda produce i propri vini nello Stato Shan da uve Shiraz (anche rosè), Sauvignon Blanc/Chenin Blanc, Cinsault / Pinotage, Chenin Blanc/Colombard.
Il vino icona dell’intero paese è indiscutibilmente l’Aythaya bianco, un Sauvignon Blanc da abbinare al maiale in salsa di mango pickled. Che presenta spiccate note floreali, con un colore giallo tenue, una buona acidità e sentori di mela, bacche bianche e frutta tropicale.
L’altro protagonista della scena vinicola birmana è Red Mountain Estate and Winery (http://www.redmountain-estate.com), posseduta da U Nay Win Tun, un ricco mercante di giada birmano, che ha demandato le attività vitivinicole all’enologo francese François Raynal. Tra i vini provati i bianchi sono sembrati maggiormente interessanti, sia lo Chardonnay che il Sauvignon Blanc.
Il Sauvignon Blanc – presenta degli spiccati sentori erbacei e di frutta bianca, con una stabilità aromatica ed una discreta acidità.
Naturalmente, va rammentato che difficilmente in Birmania si scopriranno vini entusiasmanti o sensazionali, ma spesso il contesto funge da additivo naturale, arricchendo il bouquet dei vini bevuti. Le location delle wineries citate sono difatti mozzafiato, immerse nel verde, con terrazze in teak e vegetazione tropicale. Un altro dettaglio notato percorrendo la vasta Birmania riguarda le precarie condizioni di conservazione e trasporto del vino, che inesorabilmente comportano delle alterazioni in negativo del prodotto. Pertanto, può capitare di imbattersi in bottiglie che potrebbero far storcere più di qualche naso. Per evitare di bere vino traumatizzato, vi invitiamo a degustarlo alla fonte!
Il Paese ha intrapreso un cammino di ammodernamento e progresso per cui anche in campo vinicolo e del turismo legato all’enogastronomia sono certo che anche nel breve periodo ne vedremo delle belle.
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::autore_::di Giuseppe Bellavia::/autore_:: ::cck::1834::/cck::