Gli italiani dovrebbero cominciare a guardarsi intorno per individuare qualcosa di più serio di quello che il panorama politico riserva loro.
Se vi fosse una qualche alternativa logica o pratica, gli italiani dovrebbero cominciare a guardarsi intorno per individuare qualcosa di più serio di quello che il panorama politico riserva loro. Purtroppo, però, la realtà è più sconfortante dell’immaginazione e dobbiamo allora ragionare su quel che ci capita di avere davanti agli occhi. In attesa che la babele nel centrodestra si trasformi almeno in un coro non dissonante e permetta di capire chi sta con chi, verificata in quell’area una vera esplosione da supernova, è sugli altri fronti che occorre porre l’attenzione.
Parliamo dei cinquestelle e del partito democratico.
Nonostante il rimpallo continuo, tecnico, quasi scontato e quotidiano tra gli esponenti dei due schieramenti, un “atto dovuto” in vista di elezioni si potrebbe osservare, è lo stato del movimento grillino e quello dell’unico partito rimasto, non si sa per quanto ancora, nel paese a destare più di qualche preoccupazione non solo per il voto imminente o meno, ma per il concreto svolgersi della vita politica e amministrativa del paese dove le domande si fanno assillanti e le risposte sembrano invece molto, molto in ritardo e non coerenti!
Abbiamo già notato come la diversità e la discontinuità pretesa da Grillo, e a suo tempo da Casaleggio senior, si stiano drammaticamente infrangendo sulle scogliere della realtà amministrativa del paese.
Mancano risposte ai problemi concreti, non si ha contezza di un programma fatto di linee precise, si vive alla giornata nel migliore dei casi. E l’unico guru rimasto sembra destinato ogni giorno a correre ai ripari sostenendo qui, minacciando là, condannando, assolvendo, riducendo o pretendendo di ridurre al silenzio stampa parlamentari, europarlamentari, amministratori locali e via dicendo. Sempre meno si comprende quello che avrebbe dovuto essere l’asse portante del movimento: la famosa rete, la piattaforma web. Ormai viene agitata come spauracchio ma è come la mitica araba fenice “che vi sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa”! E’ sempre più chiaro che la voglia di sentirsi discontinui, di basare i propri comportamenti su codici concepiti per essere qualcosa d’altro rispetto al sistema di relazioni proprie dei consessi umani che da secoli accompagnano l’umano agire sia in solitudine che in gruppo, il fondare tutto su quello che ostentatamente venne definito “non statuto” di un non partito, stiano inesorabilmente mostrando la corda e che la crescita, volenti o nolenti i guru, del personale locale e nazionale del movimento, stiano mettendo molta difficoltà nella gestione di un qualcosa senza forma, senza confini, senza identità che non sia quella di essere “anti”. Quello che continua a mancare è in sostanza il “per”, il disegno, il progetto. E’ anche abbastanza comprensibile come sia difficile identificare un programma, o un non programma, di un non partito. Solo che costruire la leadership in un paese come l’Italia non può essere un esercizio fondato sul dilettantismo alla giornata. E questo per essere credibili oltre le parole d’ordine urlate, gli anatemi e le condanne senza appello del “resto”. Anche, perché no, l’attacco costante, strutturale, quasi identitario contro l’informazione, la comunicazione che ha il dovere non di tessere lodi, ma di scavare nelle contraddizioni. Cosa che per i grillini è inconcepibile ed è ovviamente il segno della battaglia dei “poteri forti”, del complotto ai loro danni! Una sindrome rischiosa per primi a loro stessi se continueranno ad avvolgersi in essa senza spirito critico o capacità di sintesi.
L’altro grande enigma cui abbiamo fatto riferimento è il Pd. Da una forza politica erede di due grandi tradizioni, ci saremmo dovuti aspettare un confronto e un’analisi interna – soprattutto dopo il referendum e la sconfitta di Renzi – all’altezza di esse. Invece, potremmo dire che il vento della storia ha cancellato tutto. Così, come sul Titanic con la prua in vista dell’iceberg, esponenti storici, di una volta collaudata capacità politica, sembrano aver perso la trebisonda. Così invece di battersi per la difesa della “ditta” comunque e dovunque, ci si divide e si fanno aleggiare ipotesi di scissioni. Tutti attaccano il segretario e ad esso attribuiscono ogni nefandezza e soprattutto di non voler affrontare dissenso e critiche con un confronto anche duro in congresso e si dichiarano ghettizzati dalla maggioranza renziana reclamando però le dimissioni dello stesso segretario. Da eredi di quello che fu il “centralismo democratico” comunista (possiamo avere anche opinioni diverse, ma al comitato centrale siamo tutti uniti e ci sarà una sola posizione) c’era da aspettarsi francamente qualcosa di più serio che la lamentela e il piagnisteo continuo, l’accusa senza appello, una sottile forma di “odio” politico degno di altre stagioni più tragiche e difficili! E, soprattutto, nel pratico manifestarsi delle idee in alternativa, a qualcosa di più coerente e chiaro da contrapporre. E’ evidente infatti che l’idea è quella comunque di scalzare Renzi a priori, indipendentemente dalle conseguenze, di commissariare il partito come una volta si faceva con le federazioni e di rimettere in piedi qualcosa che la storia si è premurata di mettere negli anfratti più reconditi dopo un crollo non solo strutturale, ma ideologico e politico.
La cosa più preoccupante è la sensazione complessiva. Da un lato abbiamo il movimento cinquestelle che sembra preda di attacchi simili a quelli del vecchio partitismo, dall’altro un partito democratico che sembra annichilirsi nell’inconcludenza e nell’incompetenza sinora appannaggio grillino.
Unico elemento unificante l’arroganza di chi vuole a tutti i costi e sempre avere ragione, anche contro la logica, l’intelligenza, la consapevolezza di un paese che attende risposte e presto!
di Roberto Mostarda