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Piccoli passi avanti dell’Italia in una Libia sconquassata, ma non priva di risorse naturali. Un nuovo Segretario Generale dell’ONU ed un nuovo suo Inviato Speciale per la Libia cercano un accordo tra gli attori rappresentativi.
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Roma 10/02/2017. Risolvere la crisi libica e fermare il traffico dei migranti si può. Lo ha sostenuto Martin Kobler, peccato però che non sia più l’Inviato Speciale dell’ONU per la crisi libica. Il neo Segretario Generale dell’ONU António Guterres, infatti, lo ha sostituito, secondo AskaNews, con Salam Fayyad, già Primo Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) nel 2007, nominato a quell’incarico dal Presidente Maḥmūd Abbās (Abū Māzen).
E così siamo al terzo Inviato Speciale dell’ONU, senza che si profili concretamente una soluzione della crisi. Una crisi, giova ricordarlo, avviata nel 2011, con un’azione irresponsabile voluta e sostenuta in tutte le sedi fino al Consiglio di Sicurezza dell’ONU dalla Francia di Sarkosy, appoggiata dal Primo Ministro del Regno Unito, David Cameron, da Barak Obama, Comandante in Capo delle forze armate degli USA e… dal nostro Berlusconi, oltre a tanti altri Paesi.
Va subito detto che Obama, prima di cessare dal suo incarico presidenziale, ha riconosciuto pubblicamente il suo errore per aver voluto e partecipato a quelle iniziative di guerra contro la Libia. Al nostro Berlusconi, invece, incastrato dal duo franco-inglese, restò soltanto la scelta tra due mali: non partecipare alle missioni di guerra tout court lasciando agli altri, oltre che le responsabilità della guerra, anche i possibili vantaggi futuri, oppure parteciparvi, ma non da comprimario. Egli scelse quest’ultima soluzione.
Il processo storico nei confronti di quella guerra è cominciato da un pezzo e ci auguriamo vada avanti per consegnare la verità alla storia, ma intanto segnaliamo un atto d’accusa nei confronti di Sarkosy. Si tratta di un articolo pubblicato su “atlantico”, in cui si sostiene che la Commissione degli affari esteri della Camera dei Comuni del Parlamento britannico “affonda” Nicolas Sarkozy nella decisione di lanciare la guerra in Libia, sostenendo che egli ha favorito l’intervento in particolare per “accrescere l’influenza francese nell’Africa del nord”, ma anche per “migliorare la propria situazione politica in Francia”.
Lo stesso documento non appare più tenero nei confronti dell’allora primo ministro David Cameron, indicato come “responsabile ultimo” dello scacco dell’intervento dovuto alla mancanza di una “strategia coerente”.
Consegnato alla storia anche quest’atto d’accusa, preoccupiamoci, e non poco, per quanto accade in questi giorni.
Una delle notizie, oltre a quella della sostituzione del nuovo inviato speciale dell’ONU, è quella del rifiuto da parte del Parlamento di Tobruk di sottoscrivere il Memorandum d’Intesa del 2 febbraio scorso tra la Repubblica italiana e lo Stato della Libia, rappresentato dal Governo di Riconciliazione Nazionale e, per esso, da Fayez al-Sarraj.
Come si legge nello stesso titolo del documento, esso riguarda la cooperazione nel campo dello sviluppo, il contrasto all’immigrazione illegale, il traffico di esseri umani, il contrabbando ed il rafforzamento della sicurezza delle frontiere.
Dato per acquisito che la Libia abbia una disperata necessità di finanziamenti per rimettere in moto l’economia, e che servano risorse in tutte le zone di quello smisurato Paese, è lecito chiedersi anche quali attività debbano essere sostenute per realizzare un Piano Paese scelto dal Governo libico, e, soprattutto se tali scelte siano state compiute e se siano sufficientemente condivise almeno dalle parti più rappresentative del Paese.
Va da sé che tutti gli altri punti del memorandum interessano l’Italia e la UE: molto meno interessano i libici, almeno in questa fase. Sembra logico, quindi che l’esercito del generale Haftar, che non ha mai riconosciuto la rappresentatività del Governo di Riconciliazione Nazionale, non si dimostri d’accordo.
Sarebbe utile, quindi, fare un passo indietro e lavorare per riconoscere una rappresentatività alle forze del Generale Khalefa Haftar che può contare su sponsor non secondari, quali, Egitto, Francia, Turchia, Russia.
Non siamo a conoscenza ancora di quale sia il mandato affidato da António Guterres a Salam Fayyad, ma è importante che il suo operato tenga conto anche delle azioni che stiamo intraprendendo in modo bilaterale come l’apertura del Consolato italiano a Tobruk, città di importanza strategica anche per il suo porto, per evitare i rischi di lavorare ad una sorta di tela di Penelope.
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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::1846::/cck::