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Libia: un accordo inconsistente

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Migranti sbarcano a Lampedusa nell’agosto del 2007. Foto di Sara Prestianni, via Flickr.
Il vertice di Malta potrebbe non rivelarsi così decisivo perché non tiene in gran conto le forze che effettivamente rappresentano la Libia, un paese strategico per il controllo del Mediterraneo meridionale.

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Mentre da più parti piovevano strali infuocati contro la decisione di Donald Trump di portare a termine la costruzione del muro al confine con il Messico, i leader dell’Unione Europea si sono riuniti a Malta per predisporre misure di contenimento atte ad arginare i flussi di migranti che, dopo aver attraversato il deserto, dalle coste della Libia cercano con ogni mezzo di sbarcare nel Vecchio Continente.
Il vertice, conclusosi con un accordo tra i 28 rappresentanti dell’Unione Europea ed il governo di unità nazionale del premier Al Serraj, si è svolto il 3 febbraio ed ha portato alla creazione di un fondo di 200 milioni di euro per fare fronte alle necessità più urgenti oltre all’impegno di creare una task force con il compito di formare la guardia costiera del paese nordafricano. Ma il punto più controverso dell’intesa è il potenziamento delle strutture di difesa del confine meridionale libico, passaggio imprescindibile per le migliaia di migranti che dalle regioni dell’Africa centrale cercano di avvicinarsi alla fascia costiera, ultimo trampolino di lancio verso l’Europa. Un’impresa impraticabile non solo per la lunghezza sterminata dello stesso confine ma soprattutto per l’assenza di un’autorità centrale che eserciti effettivamente il controllo in quella zona del paese.
A pochi giorni dal vertice, infatti, l’alleanza che fa capo al parlamento di Tobruk, egemone nell’area della Cirenaica, ha definito del tutto privo di valore il documento stilato a Malta perché non terrebbe conto delle forze che effettivamente rappresentano la Libia, in primis le milizie del generale Haftar, che nell’ultimo anno si sono sensibilmente rafforzate grazie ad un’alleanza con Egitto e con Russia.
La Libia sta diventando il terreno di scontro tra le grandi potenze planetarie per il controllo della strategica regione del Mediterraneo meridionale, con da una parte Stati Uniti ed Europa che hanno deciso di appoggiare il governo di Tripoli e dall’altra Putin ed il generale Al-Sisi che hanno puntato sull’uomo forte di Tobruk. Una partita destinata a giocarsi anche sulla pelle della popolazione, che in virtù del crescente aumento demografico (l’Africa nei prossimi 30 anni raddoppierà i propri abitanti passando dall’attuale miliardo e 200 milioni agli oltre due miliardi e mezzo) sarà costretta ad abbandonare le proprie terre d’origine e cercare una via di sopravvivenza nei paesi ricchi del pianeta.
Difficile dunque che in questa fase la Libia possa abbandonare il ruolo di “hub” verso l’Europa, anche perché le altre rotte che dal terzo mondo portano nel Vecchio Continente sono state tamponate o con discutibili accordi, come quello stilato tra Unione Europea e Turchia, o con la militarizzazione delle frontiere di terra, come nel caso della Spagna che in territorio africano ancora controlla le enclave di Ceuta e Melilla.

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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::1840::/cck::

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