Esteri

Mongolia dei cavalli e dello Dzud

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Mongolia, Ya_mayka, Pixabay
Con il peso del debito pubblico da 540 milioni di euro in titoli di stato, pur negando la richiesta d’aiuto, il primo ministro mongolo ha ammesso che il suo governo accetterà le donazioni dei suoi cittadini: soldi, oggetti di valore, cavalli.

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La Mongolia, la terra di Gengis Khan, l’erede di uno degli imperi più vasti della storia, è a un passo dal baratro economico. Fino al 1990 l’economia mongola fu guidata da una stretta collaborazione con l’Unione Sovietica, attraverso una serie di piani quinquennali volti alla riorganizzazione del settore primario, quindi il settore industriale.
Con il crollo del blocco comunista, la Mongolia lasciata sola in balìa degli eventi fu costretta alla totale privatizzazione delle terre e dei mezzi di produzione. Un radicale cambiamento che non passò inosservato dai mercati esteri, in particolare da quello cinese e giapponese, oltre che quello statunitense.
L’agricoltura occupa circa il 40% della popolazione attiva e contribuisce per il 26% al prodotto interno lordo. Le terre arabili sono scarsissime, per questo motivo la produzione del legname è fondamentale. L’allevamento costituisce l’attività più notevole sia per l’alimentazione e per l’industria nazionale (carne, latte, lana, pelle) sia per l’ esportazione.
E’ da segnalare la grande presenza di svariate risorse di carbone, tungsteno, rame, molibdeno, oro, petrolio. Il recente sviluppo industriale è centrato sulla trasformazione di prodotti agricoli e zootecnici. Fortissima la presenza di caprini (13,2 milioni di capi nel 2006) e gli ovini (12,8 milioni), ma sono numerosi anche i bovini e i cammelli, ma soprattutto i cavalli: protagonisti della recenta storia economica mongola.
Fra, neanche un mese, la Mongolia ha una scadenza per il pagamento di 540 milioni di euro in titoli di stato ai fondi, ai risparmiatori, e alle banche che li hanno comprati. Il primo ministro Jargaltulga Erdenebat sta negoziando un ulteriore prestito da 400 milioni con il Fondo monetario internazionale.
Tuttavia il primo ministro mongolo, pur negando la richiesta d’aiuto ai suoi cittadini, ha ammesso che il suo governo accetterà le loro donazioni: soldi, oggetti di valore, cavalli. Donazioni che saranno destinate alla sanità, all’istruzione, a iniziative per ridurre lo smog e alle infrastrutture pubbliche.
Strangolata dal debito pubblico, con la casse vuote, la Mongolia è in sofferenza per lo dzud – termine mongolo che segnala un inverno particolarmente nevoso – del 2016 che provocato gelo, siccità, e la decimazione del bestiame.
La Mongolia, nonostante un margine di crescita nel 2010, continua a rappresentare uno dei cosiddetti paesi basket case – espressione coniata dal segretario di stato statunitense Henry Kissinger – ovvero un paese disperato e bloccato sul fondo della “cesta” (basket).

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::autore_::di Giovanni Capozzolo::/autore_:: ::cck::1854::/cck::

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