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Rifugiati siriani arrivati grazie al progetto Corridoi Umanitari. Foto di Massimo Predieri © 2017
I #corridoiumanitari compiono un anno: arrivati in Italia il 27 febbraio 50 rifugiati siriani dal Libano. Altre 75 persone attese il 2 marzo. Un modello che funziona?

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L’atmosfera è serena e allegra, finalmente una buona notizia sul fronte dell’immigrazione. Un folto gruppo di giornalisti, troupe televisive e radiofoniche, operatori del volontariato e funzionali dello stato si ritrovano martedì 27 febbraio sotto l’Uomo Vitruviano al Terminal 3 dell’Aeroporto di Fiumicino. Aspettano l’arrivo di 50 rifugiati dalla guerra in Siria provenienti dai campi profughi in Libano.

Gli organizzatori dei Corridoi Umanitari hanno indetto una conferenza stampa per celebrare il primo anno dall’avvio del progetto: una “microaccoglienza” diffusa che ha consentito l’accoglienza di 700 profughi vulnerabili in possesso di visto umanitario caratterizzata da una buona integrazione. Non in campi lager, ma direttamente nelle famiglie e nei “Comuni solidali”. Qui viene loro offerta un’integrazione nel tessuto sociale e culturale italiano, attraverso l’apprendimento della lingua italiana, la scolarizzazione dei minori ed altre iniziative di impiego e valorizzazione delle persone. Nella fase di selezione dei rifugiati viene loro chiesto l’impegno di rimanere in Italia una volta integrati.
3 famiglie arrivate oggi dal Libano continueranno direttamente in autobus verso i Comuni solidali di Riace e Gioiosa Ionica in Calabria, comuni noti per la loro buona pratica in tema di integrazione dei rifugiati e migranti. Rafforzando le sinergie tra società civile ed enti locali, si va ad aggiungere un altro tassello alle buone pratiche di accoglienza già sperimentate sin qui dai promotori del progetto.
I profughi siriani arrivano con intorno al collo il loro “distintivo”: “Corridoi Umanitari” – contrassegnato dai loghi dei tre enti promotori: Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Comunità di Sant’Egidio e Otto per mille della Tavola valdese e l’appoggio del Ministero degli Interni e del Ministero degli Esteri. Sono i 50 profughi siriani – più della metà bambini – arrivati in aereo dal Libano grazie al progetto-pilota ecumenico che proprio in questi giorni compie un anno.
Nel corso del briefing con la stampa sono intervenuti Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia; Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio,  Susanna Pietra,  responsabile dell’ufficio Otto per mille della Tavola Valdese;  Mario Giro,  viceministro degli Esteri, e  Domenico Manzione, sottosegretario all’Interno.
“Gli immigrati non sono necessariamente una minaccia”, spiega Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, “ma possono essere una risorsa. Sono proprio questi comuni che ci hanno contattati per accogliere ed inserire queste persone, per esempio nel lavoro agricolo in zone dove manca la manodopera, dove ci sono delle terre abbandonate. Questa è la dimostrazione che l’Italia ha ancora delle capacità di accoglienza e possiamo valorizzare queste possibilità”.
“Naturalmente ci sono problemi da superare,” ricorda Susanna Pietra, responsabile dell’ufficio Otto per mille della Tavola Valdese, “non solo di natura logistica, ma anche di difficoltà di reciproca comprensione culturale e di aspettative legittime che non sono sempre raggiungibili, comunque non in tempi brevi, considerata la situazione socioeconomica del nostro paese. Stiamo tutti partecipando ad una grande sfida. Una sfida per voi”, aggiunge Susanna Pietra rivolgendosi ai nuovi arrivati, “che state iniziando una nuova vita, che ci auguriamo sarà proficua e serena, in un paese che non conoscete e che non vi conosce, una sfida per noi che dobbiamo imparare a rapportarci con le vostre esigenze, a soddisfarle, e soprattutto a darvi gli strumenti per rendervi autonomi e perfettamente integrati nel nostro paese. Abbiamo il compito di migliorare la qualità del vivere comune in Italia, in Europa e nel mondo, con questo progetto che si sta cominciando a replicare in altri paesi”.

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