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La valenza simbolica di Mosul, in Iraq, è estremamente importante per il futuro dello Stato Islamico. E anche Raqqa sembra destinata a cadere.
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L’ultimo atto della battaglia per la riconquista di Mosul è cominciato. Il governo del premier Haider al Abadi ha ordinato alle sue truppe d’élite d’intensificare gli sforzi per bonificare la parte orientale della città ancora nelle mani degli uomini dello Stato Islamico. Un’impresa tutt’altro che semplice, perché la zona di Mosul ad est del fiume Tigri è costituita da un dedalo di vicoli presidiati dai miliziani del Califfato che hanno concentrato tutte le loro forze in attesa dell’attacco finale.
Le truppe di Baghdad stanno compiendo una manovra a tenaglia schiacciando da sud i combattenti jihadisti, come conferma la conquista del villaggio di Abu Saif, nel tentativo di tagliare le linee di rifornimento che da est continuano ad alimentare la resistenza degli uomini di Abu Bakr al Baghdadi. Proprio il califfo sarebbe alla guida della disperata resistenza della città vecchia di Mosul, dalla cui moschea nel 2014 aveva annunciato la nascita dello Stato Islamico.
La valenza simbolica della terza città irachena è dunque estremamente importante per il futuro del Califfato perché, se dovesse cadere nelle mani delle forze governative, il progetto della creazione di uno stato islamico a cavallo tra Siria ed Iraq sarebbe destinato a scemare definitivamente, obbligando l’armata di combattenti stranieri che negli ultimi anni avevano rimpinguato le file dell’esercito della jihad a fuggire in Siria.
Anche aldilà del confine però le cose si stanno mettendo male per gli uomini in nero. Da quando la Turchia ha cambiato strategia, decidendo d’impedire il rifornimento ed il passaggio di volontari destinati alla “guerra santa”, anche Raqqa, la capitale del Califfato in Siria, sembra destinata presto a cadere. Una situazione aggravata anche dai continui raid della coalizione a guida statunitense che dall’inizio dell’offensiva, cominciata nell’ottobre 2016, ha effettuato oltre 10mila raid contro le postazioni dello stato islamico.
Sul fronte dell’emergenza umanitaria invece si aggravano di giorno in giorno le condizioni dei profughi costretti ad abbandonare le zone dei combattimenti. Dall’inizio dell’offensiva per la riconquista di Mosul sono fuggite dalla città oltre 200mila persone. Ma il prezzo da pagare per la popolazione civile potrebbe essere molto più alto, visto che nella città vecchia vivono ancora 800mila abitanti, il cui destino potrebbe essere quello di essere usati come scudi umani per obbligare le forze governative ad una strategia esclusivamente terrestre, senza il supporto dell’aviazione e degli elicotteri da combattimento. Un appello affinché si cerchi una soluzione concordata dell’assedio è arrivata da Bruno Geddo, rappresentante dell’UNHCR in Iraq. Difficilmente però sarà possibile trovare un accordo tra le parti, dopo anni di massacri e di odio interreligioso.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::1868::/cck::