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Niente più insegnanti dal 2030?

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Bambini seguono una lezione in classe a Drouin, Australia. Foto via National Library of Australia, Flickr.
Futurologi ed esperti discutono su quale forma assumerà la scuola del futuro nel momento in cui dovrà confrontarsi con una società robotizzata.

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Niente più maestri e maestre dal 2030? Secondo Thomas Frey, futurologo e fondatore del think tank DaVinci Institute, entro tredici anni saranno i robot ad insegnare ai bambini, e lo faranno via Internet.
Il problema principale delle intelligenze artificiali, che pure stanno compiendo passi in avanti da gigante, risiederebbe però nelle loro scarse capacità relazionali: ad oggi, il livello cognitivo di una intelligenza artificiale è mediamente inferiore a quello di un bambino di sei anni. Considerato tuttavia quanto rapidamente evolva la tecnologia, tredici anni sono per Frey un periodo di tempo più che sufficiente a colmare questo deficit. Provate del resto a pensare com’era una connessione internet o il web nel 2004, tredici anni fa: Facebook era appena nato, YouTube non esisteva ancora. Pensate a com’erano gli smartphone: il primo iPhone verrà messo in commercio soltanto nel 2007.
Frey ritiene che nei prossimi anni il settore dell’insegnamento online andrà incontro ad una portentosa evoluzione. Talmente portentosa che entro il 2030 – sempre secondo la sua previsione – la più grande azienda attiva sulla rete non si occuperà di social network o di e-commerce, ma di educazione. E sarà una azienda completamente nuova, non ancora nata.
Semplificando, non saranno più gli umani a tenere quei video-corsi di – ad esempio – lingue straniere che tanto successo riscuotono sul web, ma dei robot talmente intelligenti da riuscire a personalizzare ogni lezione a seconda delle necessità dell’allievo. A sentire Frey, applicare questo modello all’educazione scolastica renderebbe facilmente obsoleti gli insegnanti in carne ed ossa: i maestri-robot, uno per ogni studente, si dimostrerebbero più efficienti e più capaci di catturare l’attenzione degli alunni; e questi ultimi, potendo godere di una educazione mirata e modellata sulle loro capacità, riuscirebbero ad apprendere molto più rapidamente di quanto non fanno oggi.
Ma Frey, in realtà, non si spinge fino ad affermare tanto. Non crede infatti che i robot-educatori rimpiazzeranno del tutto gli esseri umani o che stravolgeranno il tradizionale sistema scolastico. È più probabile, secondo lui, che ricopriranno ruoli di supporto, durante i compiti e lo studio a casa, aiutando gli studenti che riscontrano particolari difficoltà in qualche materia. La rivoluzione non sarà totale, insomma, ma non per questo meno d’impatto.
Il legame tra robot e educazione scolastica è un tema molto dibattuto, e molti esperti si interrogano su quale forma assumerà – o perlomeno dovrebbe assumere – l’insegnamento del futuro nel momento in cui dovrà confrontarsi con una società inevitabilmente più robotizzata di quanto già non sia ora. George Monbiot ha recentemente scritto sul Guardian un articolo molto polemico verso l’educazione scolastica tradizionale, che a suo dire tenderebbe a sopprimere ogni istinto creativo tanto negli alunni quanto nei maestri per promuovere una standardizzazione estrema delle menti e dei comportamenti.
Secondo Monbiot, queste «perversioni» del sistema scolastico attuale si spiegano soltanto se lo si contestualizza storicamente: «le nostre scuole sono state progettate per produrre la forza-lavoro richiesta dalle fabbriche del XIX secolo. Il prodotto desiderato consisteva in lavoratori che si sarebbero seduti in silenzio sui loro banchi per tutto il giorno, comportandosi in modo identico e producendo prodotti identici, puniti qualora non fossero riusciti a raggiungere gli standard richiesti».
Ma il mondo del lavoro non è più questo, e lo sarà sempre di meno in futuro. Oggi le qualità più richieste sono proprio quelle che una macchina (ancora?) non possiede: creatività, senso critico, capacità di relazionarsi con gli altri. Eppure ai bambini viene paradossalmente insegnato a comportarsi come degli automi.
Le possibilità creative offerte dalla tecnologia potrebbero aiutare a mettere fine a questo grigio modello di indottrinamento. Ma non sarà il progresso tecnologico in realtà, come nota bene Monbiot, a fare davvero la differenza. Non basta rendere high-tech l’insegnamento, bisogna stravolgerlo alla radice: permettere agli studenti di scoprire, esplorare e sviluppare i propri interessi in una maniera nuova e stimolante, è questo il vero punto. La tecnologia potrà essere il mezzo, non il fine.

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::autore_::di Marco Dell’Aguzzo::/autore_:: ::cck::1867::/cck::

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