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La svolta reazionaria voluta dal presidente Erdogan sta di fatto mettendo la Turchia al di fuori di ogni logica democratica.
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Continua a salire la tensione tra Turchia ed Unione Europea. Dopo il divieto deciso dal governo olandese di impedire al ministro degli Esteri di Ankara di prendere parte ad una manifestazione a sostegno del referendum costituzionale previsto per metà aprile, il nuovo casus belli è stata la celebrazione del capodanno curdo svoltasi a Francoforte la scorsa settimana. Una manifestazione che ha visto scendere in piazza migliaia di persone che inneggiavano al leader storico del movimento PKK Abdullah Ocalan, detenuto da quasi vent’anni nel carcere turco di massima sicurezza di Imrali.
Il presidente Erdogan ha condannato il governo di Berlino per aver consentito i festeggiamenti, peraltro svoltisi in un clima di assoluta serenità, invitando altresì gli appartenenti alla numerosa comunità turca in Germania a procreare almeno cinque figli per famiglia in modo da creare uno scompenso demografico in grado, in prospettiva, di destabilizzare il paese che li ospita. Una provocazione che si aggiunge al paragone fatto dallo stesso Erdogan solo pochi giorni prima, quando aveva rimarcato la continuità dei metodi tra la Germania attuale e quella del Terzo Reich.
Ma l’atteggiamento di sfida del leader di Ankara non si è limitato solo alle provocazioni verbali. Da settimane infatti è detenuto in un carcere di massima sicurezza turco il giornalista del quotidiano tedesco Die Welt Deniz Yucel, con doppia nazionalità, accusato di essere un agente terrorista.
Nella sfida al calor bianco tra i governi di Berlino ed Ankara non poteva mancare da parte turca anche l’accusa di aver appoggiato la rete del predicatore Fethullah Gulen, ispiratore – secondo Erdogan – del tentativo di golpe del luglio scorso. È stato probabilmente quell’avvenimento ad innescare la deriva autoritaria del “sultano” che sta concretizzandosi in queste settimane. In quelle ore infatti, quando il presunto golpe era ancora in corso, il governo di Angela Merkel negò al presidente turco, in volo sui cieli del Mediterraneo, la possibilità di atterrare in uno scalo tedesco, facendo così maturare in lui un senso di accerchiamento ed una volontà di vendetta che ha portato a questa gravissima crisi diplomatica.
Ma l’inasprimento delle politiche di Erdogan non sta riguardando solo i rapporti internazionali. Nelle ultime ore infatti il leader turco ha invitato i propri concittadini a denunciare i propri vicini se sospettati di destabilizzare lo stato. Una caccia alle streghe che ha già portato in prigione migliaia di persone e che ricorda gli atteggiamenti dei governi dittatoriali del secolo scorso come il regime nazista in Germania o quello staliniano in Unione Sovietica. A questo punto attendiamo una presa di posizione a riguardo dei vertici della NATO, organizzazione di cui la Turchia fa parte, perché la svolta reazionaria voluta dal presidente Erdogan sta di fatto mettendo il suo paese al di fuori di ogni logica democratica, condizione indispensabile per far parte dell’Alleanza Atlantica.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::1909::/cck::