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“Io sono Dot”, avvincente e in parte sentimentale, racconto abbastanza diverso dai noir cui ci aveva abituato Joe R. Lansdale. Sarà una storia vera?
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Texas, ai nostri giorni. “Io sono Dot” è un Joe R. Lansdale che non ti aspetti. Dorothy Dot Sherman è una ragazza di 17 anni. Vive in una roulotte con nonna, madre Alma, fratello minore Frank (tutti a vario modo buoni a nulla), il padre li ha abbandonati d’improvviso cinque anni prima. La sorella, di altro padre, l’ha resa già zia, con vari compagni di cui l’ultimo ubriacone violento, ed è una collega. Lavorano sei ore al giorno come cameriere sui pattini, lei arriva con l’auto, in un drive-in sempre aperto, il Dairy Bob, colonna sonora anni Cinquanta e Sessanta, ottimi hamburger e patatine scadenti. Bob chiama tutte le ragazze col nomignolo “Fender Lizards” (è il titolo originale). Una tarda sera arriva il vecchiarello fratello del padre con uno scalcagnato Dodge verde. Qualche giorno dopo lei vendica la sorella malmenata; è l’inizio di una progressiva svolta, avvincente e in parte sentimentale, abbastanza diversa dai noir cui ci aveva abituato.
Una storia vera?
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