E’ la domanda principe che si pongono in tutto il continente europeo e nei luoghi del potere politico mondiale.
E’ la domanda principe che si pongono in tutto il continente europeo e nei luoghi del potere politico mondiale. Non tanto per il pur considerevole peso che il paese ha nell’economia mondiale, ma per il sostanziale passo del gambero che sembra contraddistinguere ogni parte del cammino che l’Italia compie in questi anni e in queste travagliate stagioni globali. Global e local, insomma, di quando in quando inquadrano il nostro paese e si pongono lo stesso interrogativo: dove va il bel paese?
L’esito del voto in Francia, anche se segnato da un’accentuata astensione e dal contemporaneo forte risultato della Le Pen – due fattori che limitano l’indubbia vittoria di Macron – indica che chi esprime chiaramente la sua posizione politica in senso lato, ha scelto senza troppi isterismi una visione politica nazionale ma inserita a pieno titolo nel contesto europeo. Da Berlino e dai laender non arrivano notizie preoccupanti, sia nell’ipotesi probabile di un’ennesima vittoria della cancelliera Merkel sia nel caso di una prevalenza della Spd di Schultz, convinto assertore dell’Unione del continente. Quel contesto europeo giova ricordarlo che insieme al Benelux, ebbe vita per l’impegno di tre paesi: la Francia appunto, la Germania e l’Italia.
Come fu all’inizio, anche oggi, il nostro paese costituisce il punto più difficile e debole della catena e l’assenza di forti leadership politiche fa il resto.
E’ difficile infatti per tutti e anche per chi cerca di decrittare quanto accade, comprendere cosa bolla in pentola o per meglio dire chi voglia cosa, perché e per andare dove! E’ come se ad ogni bivio, gli italiani e la politica che li governa facessero sempre la scelta che invece di portarli in avanti li riconduce pian pianino verso qualche lido conosciuto ma abbandonato a suo tempo per la criticità che imprimeva al cammino nazionale.
La stagione che viviamo non fa eccezione. Quel che cambia è il contesto politico per così dire. La vittoria del neopresidente francese ha coinciso con l’eclissi delle due forze repubblicane per eccellenza (socialisti e gollisti) e fatto emergere al centro del panorama un’area dai contorni ancora indistinti ma che per decenni la quinta repubblica aveva impedito si manifestasse: un centro moderato con venature socialiste, ossia un ibrido singolare che tuttavia ha sempre dominato il sentimento d’oltralpe, in maggioranza schierato come si diceva una volta con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra. Lo schema però ora è mutato e difficilmente si potranno vedere ricomposizioni.
Quel che accade da noi, invece, è simile ma al tempo stesso completamente differente. La fine dei grandi partiti storici in Italia è avvenuta oltre venti anni fa, eppure esistono piccole ridotte dove ancora si favoleggia e si sognano improbabili rinascite sull’onda di revanscismi o di sol dell’avvenire da tempo tramontati nella storia e nella società. La “grande” politica (non in senso etico ma pratico) ondeggia invece come il pendolo di Focault tra estremi incompatibili e manca una vera capacità di sintesi.
Anche al di là del senso che ad esso diede il suo inventore, noi siamo quelli del “ma anche”. Il centrodestra è moderato, ma anche estremista con venature populiste leghiste (e fasciste), il centrosinistra è progressista ma anche nostalgico del socialismo reale condannato dalla storia e dalla sua stessa contraddizione base: la democrazia non è un bene comprimibile come la libertà personale. E, come i fascismi del Novecento, il socialismo reale ha compresso entrambe e nel modo più ottuso che potesse immaginarsi partendo dalle premesse rivoluzionarie che dovevano cambiare il mondo!
Il terzo elemento, di novità apparente, i cinquestelle, sembrano ripetere lo stesso copione: sono per il vaffa all’opposizione ma una volta al governo si autotutelano con il “lasciateci lavorare” contro gli ovvi complotti e le scontate responsabilità del passato. Poi passano i mesi e gli anni e nulla cambia! Si potrebbe dire che i seguaci di Grillo, lui compreso, siano divenuti i testimonial perfetti del famoso monsieur de la Palisse. Distruggere tutto ma senza sapere cosa costruire: e si vive alla giornata senza idee chiare senza programmi! Con il rischio di ritrovarsi come il nobile combattente quattrocentesco davanti alle mura di Pavia: un quarto d’ora prima di morire… era ancora in vita!
Ecco allora che il paese si trova attanagliato dai suoi problemi storici e centenari che tutti continuano ad indicare: la burocrazia, la corruzione, il malaffare. Poi però gli strumenti che si immaginano per combattere questa condizione complicano la vita al punto da rendere improbabile una vittoria (solo qualche battaglia vinta). E questo perché l’evoluzione nazionale è stata sempre favorita e condizionata da quella stessa burocrazia che spesso ha costruito e distrutto leadership di una politica sempre meno autorevole e capace di guidare sia l’amministrazione dello stato sia l’economia.
Non è un mistero per nessuno che qualsiasi riforma radicale del sistema stato da chiunque annunciata e condotta, sia finita nelle sabbie mobili dei codici, dei codicilli, e dei regolamenti di attuazione che nel nostro paese, in alcuni casi, attendiamo da decenni dopo la promulgazione della legge che essi dovevano consentire di attuare. Insomma viviamo immersi nella commedia degli equivoci, pronti ad abbattere falansteri di privilegi e poi a combattere ferocemente per i nostri piccoli privilegi di condominio il cui livello esponenziale è proprio la burocratizzazione imperante!
Un male endemico, culturale, quasi parte del tessuto sociale che né partiti né sindacati, né movimenti sono mai riusciti a scalfire. E a volte hanno contribuito a mantenere per inerzia consapevole o meno! La drammatica vicenda di Alitalia sembra la fotografia perfetta di questa situazione.
Ora, dopo Macron, e da noi la vittoria di Renzi alle primarie, qualcuno pensa ad un destino “republicaine” anche per il nostro paese, in un’Europa rinnovata e più coesa! Ma abbiamo …anche …unico paese europeo, il movimento cinquestelle, un po’ populista e un po’ dirigista, nato dai vaffa al potere ma attaccato ad esso potere una volta raggiunto anche contro la logica e la decenza.
Insomma, sembriamo girare in tondo, senza meta apparente e il tempo passa inesorabile! Andiamo avanti certo, ma in modo quasi impercettibile…. quasi indietro potremmo dire!
di Roberto Mostarda