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Genova. Gennaio 1953. Il 50enne colonnello (partigiano) Enrico Anglesio, carabinieri Legione Liguria, moro con corto pizzo grigio, sempre in borghese e mattiniero amante della Lambretta…
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Genova. Gennaio 1953. Il 50enne colonnello (partigiano) Enrico Anglesio, carabinieri Legione Liguria, moro con corto pizzo grigio, sempre in borghese e mattiniero amante della Lambretta, trova insopportabile il fumo di sigaretta e ha spesso un Toscano in bocca, si trova alle prese con il probabile inconsueto assassinio di giovani donne, Gemma, Marisa, forse altre prima, forse altre minacciate ancora. I polsi presentano segni di legatura e, dopo morte, vengono pesantemente truccate come maschere: tanta cipria scura, ombretto di vari colori in dense pennellate, linea rossa in fronte, labbra coperte di rossetto nero. Il fatto è che pure il lucido Anglesio ha i suoi problemi, sogni, incubi, insieme turbato dal rapporto con Letizia e affollato dall’incombenza di Laura. La fidanzata Letizia, capelli biondi tendenti al rosso, brava laureata poliglotta in Ingegneria navale, è magnifica e lo ama nonostante abbia la metà degli anni; ora però il ricchissimo padre Amilcare, armatore con i cantieri Schelher nel mirino dell’Ansaldo, ha subito minacce e rischi, deve chiederle di andare in Brasile per sei mesi. L’ex moglie malata (di mente) Laura, già ricoverata (con elettroshock) in vari manicomi, era scomparsa senza che mai se ne ritrovasse il corpo, volata dritta in mare su una curva dell’Aurelia a soli 33 anni, da quasi otto è un’annegata presunta; ora gli arriva un biglietto con la sua firma e aleggia in varie stanze della casa. L’indagine è complicata; anche un anziano ex camallo, che poteva indirizzarla meglio, viene ucciso con un violento colpo di sbarra in una galleria; il filo sembra essere una serie di astucci d’argento con vasetti di trucco, ora anche Letizia ne ha ricevuto uno. E in città si smercia oppio, altri crimini incombono; amici e collaboratori aiutano ma non sarà facile.
Il medico e psicoterapeuta junghiano Alessandro Defilippi (Torino, 1956) ha già all’attivo vari romanzi e racconti; considera (giustamente) Genova borgo marinaro di Torino e vi ambienta la serie del colonnello Anglesio. Narra in terza varia, qualche volta in corsivo la personalità misogina del cattivo. In realtà è ben presto evidente l’intestazione seriale del killer, ciò non rovina in niente la trama. Scrittura attenta, lettura gradevole: il tono è talora un po’ ripetitivo, allusivo, incompiuto. Il paffuto riccioluto rossastro (con l’aureola) maresciallo Medardo Vercesi e il magro baffuto pericoloso (per la forza) brigadiere Mattia Ferrari sono fedeli e fidati, riconoscendo le qualità umane e intuendo la follia latente del colonnello. E tutti apprezzano l’intelligente amica maîtresse zia Rina, tratti fini e netti, occhi acuti e ironici, capelli brizzolati e mani curate, corpo sottile e giovanile: sa ben curare, massaggiare, gustare, consigliare, anche per il notevole archivio. La vita sociale e alcolica del protagonista ruota intorno alla Lanterna e soprattutto alla piccola spiaggetta di Boccadasse, all’osteria del mitico nostalgico 52enne ex scassinatore Cicin, focaccia trofie triglie pansòti prescinsôea buridda e frisceu, comunque abbinati al Pigato, a ogni ora del giorno e della notte. Il raro rosso è un Nebbiolo. La grappa peraltro fa una sessantina di gradi. Quando cucina, Anglesio mette in sottofondo la tromba di Armstrong, Satchmo Serenades o la vecchia Billie Holiday Sings. Poi, aspettando, legge Simenon, un Maigret. E la porta resta socchiusa: Laura o Letizia? Chi può dirlo?
v.c.
Follie
it.wikipedia.org/wiki/Boccadasse
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