La lettura, l’analisi di quel che sta avvenendo nella politica italiana se non scoraggiante è certamente defatigante! Potremmo dire che succede di tutto e contemporaneamente, non succede assolutamente nulla.
La lettura, l’analisi di quel che sta avvenendo nella politica italiana in questi mesi e in queste settimane se non scoraggiante è certamente defatigante! Potremmo dire che succede di tutto e contemporaneamente, non succede assolutamente nulla. In perfetta coerenza con la fisica che non prevede il vuoto assoluto (e che se lo prevede non lo definisce certo come tale, pensiamo alla materia oscura).
Come delineare allora quel che stiamo vivendo. La prima considerazione è che l’Italia, suo malgrado, è un paese in cui il passato non passa mai, il presente è incerto per definizione e il futuro non solo tarda ad arrivare, ma potremmo dire non arriva mai! Un paese in eterna ed infinita transizione. Per andare dove?
Sono tanti a parlare di futuri possibili, di scenari alternativi, di come arrivare e di come costruire il paese che sarà. Ma per il cittadino comune, l’immagine è quella della confusione e dell’illusionismo. Potremmo dire che solo gli “stolti” hanno la chiarezza verso il futuro, sanno dove stanno andando o dove vogliono andare. Se poi i “profeti” in questione si atteggiano a guru, allora la frittata rischia di essere totale.
Nessuna Italia che verrà e che viene indicata con enfasi potrà mai essere se non fa i conti con la realtà. Nessuna soluzione ai problemi secolari, decennali, quotidiani sarà possibile se non si affrontano i nodi che strangolano ogni potenzialità, rendono difficile se non inane ogni sforzo. Quando la cronaca ci riporta casi di corruzione minima, in ambiti minimi, dietro casa, difficilmente possiamo pensare ad un paese che si libera dai lacci e dai laccioli a livello locale, regionale, nazionale. L’humus in questione è dentro i meccanismi ed è lì che va fatto l’intervento. Scoprire che funzionari corrotti, infedeli, con i quali dobbiamo trattare vengono allontanati ma qualche volta promossi per così dire e che non pagano mai, non è confortante. Ma non lo è neppure il costume che ci spinge a cercare la strada per risolvere il nostro problema con il classico “mi raccomando” rivolto a questo o quel soggetto istituzionale (cercando cioè la via più breve, alla faccia del rispetto delle leggi o delle priorità).
A cosa assistiamo invece? Ad un confronto/scontro che non esplode mai se non a parole, che non apporta mai alcunché di chiaro al dibattito e ancor più alla necessità di trovare le soluzioni possibili e non immaginarie, applicabili e non solo da usare come parole d’ordine. Pensiamo alle richieste di blocco dei migranti: il paese per impedire gli sbarchi e bloccare nei porti libici i migranti dovrebbe possedere un dispositivo militare marittimo simile a quello che fu l’impero britannico o l’invincibile armada spagnola. Possediamo qualcosa di simile, certamente no. I nostri militari, la guardia costiera compiono ogni giorno imprese ai limiti del possibile e devono anche fare i conti con le necessità di rifornimento e i costi crescenti per un’azione diuturna, senza soste in nessun giorno dell’anno. Pensare che un sistema così stressato possa trasformarsi in una macchina militare vera e propria, non solo è illusorio, ma fuorviante e può solo tranquillizzare momentaneamente le popolazioni più esposte. La realtà, però, resta un’altra cosa.
Ma è ogni ambito che si scontra con questa incapacità strutturale. Lo sguardo politico che dovrebbe essere prospettico si autolimita all’orizzonte elettorale tra un voto e l’altro. In questo modo è impossibile ogni strategia, ogni soluzione coerente. Da oltre vent’anni ogni governo critica e demolisce quanto fatto da quello precedente e i passi concreti in avanti sono al rallentatore. Solo che questo agire da “penelope” non ha nessun costrutto, perché l’arrivo di Ulisse non fa parte dello scenario.
La prima cosa da comprendere è che tipo di società siamo e vogliamo essere. Una società aperta e inclusiva senza alcun discrimine come vagheggiano molti a sinistra non si sa bene con quale progetto o al contrario una divisiva e basata su parole d’ordine fatte di esclusione, come indicano a destra! Verrebbe da dire nessuna delle due visioni, ma una sintesi fatta di coerenza nelle misure, di chiarezza ed onestà, di diritti e doveri per tutti, senza eccezione né per privilegio né per bisogno.
Le proposte politiche alle quali siamo sottoposti e che in vista del voto appaiono sempre più virulente, continuano a parlare di nemici più che di avversari, di possibili società in aperto contrasto tra loro, di valori o presunti tali che cozzano sempre più con gli equilibri stabiliti dalla nostra carta fondamentale. Si proprio quella Costituzione tirata per la ghiacchetta a seconda dei momenti, usata come una clava contro il nemico, ma mai concretamente attuata per quello che essa indica non per quello che ognuno pensa di vedervi. Prima di gridare all’attentato ad essa occorrerebbe chiedersi in coscienza – atto nobile di grande spessore – quanto si è fatto per attuarne i punti nevralgici, gli stessi che oggi appaiono come criticità del sistema solo eliminando i quali si potrebbero attuare le riforme necessarie e ineludibili (come sempre si sente dire) per garantire al paese un futuro equilibrato, ricco di possibilità e che dia piena espansione alle energie di un popolo che malgrado tutto cerca di non piangersi addosso e che spera in un domani migliore.
Si parla di tutto questo nei comizi, negli incontri, nelle manifestazioni di piazza. Certo che no! Si urla, si lanciano anatemi, si accusa e si critica con violenza. La colpa è sempre di qualcun altro, mai alcuna responsabilità viene ammessa.
E la barca… va, o meglio continua ad andare. Ma attenzione, gli iceberg si stanno staccando dal polo e sono talmente grandi che potremmo trovarceli anche nel nostro mediterraneo e andarci a sbattere (ovviamente è un iperbole concettuale, ma di iceberg di varia natura ce ne sono molto in giro)!
di Roberto Mostarda