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I misteri di fine estate: chi sta con chi

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Foto satellitare della Sicilia della, NASA, dominio pubblico
Le elezioni regionali in Sicilia, che si terranno il 5 novembre 2017, sono l’unico aspetto degno di nota nell’attuale discussione politica.

Tutto passa da Palermo! Sembrerebbe di sì in questa parte finale d’estate nella quale la politica ha fatto da spettatrice, da proscenio all’Italia bloccata nella morsa del caldo africano. Dopo gli ultimi bagliori e le ultime baruffe prima di ferragosto, calma piatta su tutti i fronti, tranne qualche spot qui e là ma senza storia.
L’unica cosa della quale si è parlato, ma in un confronto a distanza degno di chiacchiere da bar sport, è stato il prossimo appuntamento elettorale nell’isola da sempre terreno di sperimentazioni, mutamenti e a volte capriole a 360 gradi. Una prova quella siciliana che però ha sempre avuto riflessi anche a livello nazionale. Questo almeno in passato, prima dell’apparizione del Movimento 5 Stelle. Un dato che ha cambiato certamente lo scenario, per sapere quanto occorre però attendere l’esito dello scrutinio.
Intanto la politica di sempre ha continuato a giocare la partita delle formule possibili, sulla base di risultati prevedibili, pronosticabili, sperabili e chi più ne ha più ne metta.
Il primo dato che balza agli occhi, lo stesso che ha spesso portato alla sconfitta, è la divisione nel centrosinistra. Questa volta non è soltanto una divisione come quella al quale ci ha sempre abituato soprattutto l’estrema sinistra, quella per la quale i distinguo sembrano essere l’unica ragion d’essere. Questa volta – non è la prima e neppure la più pesante, ma è qualitativamente diversa – la spaccatura passa direttamente attraverso il Pd. In passato più o meno chiaramente il partito aveva accettato anche soluzioni “civiche” come i candidati arancioni, quel misto di pressappochismo e di dilettantismo che ha mostrato la corda in tutti i centri nei quali è prevalsa tale scelta. Questa volta non è così.
La fuoriuscita del gruppo bersaniano e d’alemiano con la creazione dell’ennesima formazione di sinistra (nelle intenzioni dei promotori l’unica vera rappresentanza di sinistra possibile, beati loro!) rappresenta un possibile vulnus. Al di là della consistenza numerica di Mdp, è evidente che la divisione è verticale ed insanabile probabilmente, nella stessa componente ex comunista del Pd. In sostanza, gli eredi del Pci sono riusciti nell’intento di scomporre e spezzettare la sola granitica realtà del passato: il mondo ex comunista sopravvissuto alla fine dell’Urss.
Più per dispetto che per calcolo politico, mostrando quanto la corda della scelta di scissione sia stata assurda, i fuoriusciti hanno deciso di non votare per il candidato del Pd, ma di preferire Claudio Fava, rappresentante di quel civismo di sinistra senza vera storia ma con tanta pubblicità mediatica. Non ci sarà certo la vittoria ma con ciò si impedirà quella del Pd. Un risultato eccellente per l’isola.
Ma la divisione – apparentemente sanata con i colloqui della scorsa settimana – è anche dentro quel che rimane del Pd, dove il governatore siciliano ha tentato di riproporsi con l’ibrida formula che lo portò a Palazzo dei Normanni, ricevendo però un niet dal segretario Renzi che sembra averlo convinto – mai dire mai, però –  dell’opportunità di una candidatura più unificante e che cerchi pur con mal di pancia di non perdere il contatto con i centristi di Alfano al governo a Roma. Se così sarà ce lo diranno i risultati.
A gongolare in questa situazione è certamente il centrodestra. Più per difetti e carenze altrui che per capacità propria, la miscellanea tra Forza Italia e Lega, sembra raccogliere consensi che fanno sperare in un ritorno al governo regionale (per il cavaliere prima tappa verso quello nazionale). Il candidato, proveniente però dalla destra dello schieramento ha provocato diverse proteste prima di un apparente alleanza per il voto. Anche qui il nocciolo e la linea di faglia passa per i possibili rapporti con gli alfaniani e con i centristi a suo tempo usciti da Forza Italia. Nessuno vuole accordi, ma i voti del titolare della Farnesina potrebbero essere determinanti per gli equilibri del dopo. Dunque non escludere nulla. Con quali formule è tutto da vedere!
In questo mosaico informe e continuamente cangiante si situa la candidatura dei grillini. Potrebbe essere l’outsider se negli altri schieramenti la scomposizione vincesse sulla necessità di vincere. Perché è evidente che, come per tutti gli altri esponenti dei 5 stelle, il candidato governatore è sostanzialmente poco conosciuto e il suo programma difetta di chiarezza come per quello nazionale, tranne l’inclinazione al vaffa e alla condanna tout court di tutto il resto: un po’ poco per aspirare a governate. Ma si sa, tra i due litinganti… il terzo…! Anche se lo scarso appeal dimostrato in loco anche dai maggiorenti come Di Maio e Di Battista (il duo Di, potremmo definirlo) non fa pensare a vittorie travolgenti. Più che altro lo schiaffo potrebbe arrivare per la politica tradizionale per la sua sostanziale incapacità di manifestare un volto chiaro e rassicurante, capace di convincere che si possono superare divisioni artificiose e strumentali. Un voto di protesta, insomma, l’unico che Grillo e compagnia sono in grado di coagulare. Quanto a governare è tutto un altro discorso!
Resta il fatto che le baruffe sicule mostrano come sia impossibile razionalmente capire chi sta con chi e perché e dunque anche perché i siciliani dovrebbero votare questo, quello o quell’altro! Un bel rebus. La soluzione stavolta non è facile da intravedere! E neppure i riflessi che potrà avere il risultato sul governo e sul prossimo appuntamento elettorale nazionale per il rinnovo delle Camere!

di Roberto Mostarda

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