::cck::2198::/cck::
::introtext::
Prevenire dal latino: praeventio -onis, derivato di praevenire: prevenire. Indica l’adozione di una serie di provvedimenti per cautelarsi da un male futuro di diversa natura.
::/introtext::
::fulltext::
Ci sono termini, nel nostro linguaggio quotidiano che ogni tanto divengono centrali per una serie di circostanze e di coincidenze.
Una di queste è certamente prevenzione ed indica l’adozione di una serie di provvedimenti per cautelarsi da un male futuro; quindi l’azione o il complesso di azioni intese a raggiungere questo scopo.
Genericamente con essa si indica ogni attività diretta a impedire pericoli e mali sociali di varia natura, in medicina è sinonimo meno specifico di profilassi , si parla allora di prevenzione delle malattie, dell’alcolismo, nel caso di malattie professionali, di infortuni sul lavoro, di provvedimenti per ottenere la disoccupazione, la delinquenza minorile, la criminalità, il traffico della droga.
Nel diritto penale, si discute di misure di prevenzione dei reati, di difesa sociale prima che il delitto sia commesso e che possono essere adottate nei confronti delle persone considerate socialmente pericolose.
Ritroviamo la parola nel significato di: presupposizione, idea precostituita, opinione formulata prima di una verifica della realtà e per lo più in senso sfavorevole; come giudizio avverso e preconcetto, pregiudizio. In senso comune soprattutto nell’espressione senza prevenzioni, spassionatamente; mentre di rado in senso favorevole.
Nel linguaggio giuridico poi specificamente con riferimento al significato latino di praevenire ossia: arrivare prima, criterio in base al quale, se nel caso di una litispendenza la stessa lite sia portata avanti a due giudici diversi, è competente a giudicare il giudice adito per primo.
Analogamente il cosiddetto principio di prevenzione, quello per il quale, in caso di conflitto di diritti, si dà la preferenza a quello sorto per primo.
Il primo significato, ossia la predisposizione di misure atte a cautelare per il futuro o dinanzi a determinati eventi, è quello che sembra farla da padrone in questa stagione di eventi estremi, quali terremoti, alluvioni, frane ed ogni altro genere di avvenimenti sui quali l’azione dell’uomo potrebbe risultare positiva, mentre nella realtà sembra apparire solo nella sua veste negativa.
Questo perché il momento nel quale si parla di prevenzione è quasi sempre quello successivo al verificarsi dell’evento o della circostanza che potrebbe essere oggetto di prevenzione.
Sembra, questa una maledizione e il tornare a parlare sempre della prevenzione che si dovrebbe fare una litania senza appeal e scarsamente recitata.
Invece siamo nel cuore della questione; cioè nel punto cruciale che dovrebbe avere la forza di indurre decisioni, scelte strategiche, sui tempi lunghi e pur con immediati interventi.
È assai facile rendersi conto che parlare di eventi catastrofici in loro assenza o solo in previsione, rischia di aver il sapore delle elucubrazioni della sibilla, di darsi la zappa sui piedi senza avere la certezza di cosa potrebbe determinarsi. È invece proprio qui che si situa il nocciolo della questione.
Pur se rischia di apparire teorico o troppo pessimista, lo studio approfondito di determinate condizioni tecniche, strutturali e via dicendo può esser utile se non determinante a prevenire, ad arrivare prima più semplicemente, di fronte ad eventi per così dire prevedibili; con il comune senso della misura e ai quali scienza e tecnica possono dare risposte efficaci.
La domanda che nasce spontanea è allora perché in pochissimi casi si pensa “prevedendo” e si agisce di conseguenza. Dare una risposta sensata, di fronte a quel che accade è da un lato defatigante, dall’altro frutto di profonda disillusione; se non qualche volta di sana e fondata rabbia per l’incapacità dell’uomo in generale di fare tesoro di esperienza applicando tutti gli accorgimenti opportuni da essa emersi o consigliati.
In tutto il mondo assistiamo ad avvenimenti che in qualche modo potrebbero essere previsti se non prevedibili e al confronto anche aspro tra chi vorrebbe attuare misure cautelari e chi invece fatalisticamente fida sulla dea fortuna.
Tutto il mondo è paese, potremmo dire! Ed è sostanzialmente un dato assodato!
Tuttavia nel nostro paese, quello al quale guardiamo cercando di comprenderne le dinamiche, raggiungiamo livelli per così dire di “eccellenza” ovviamente in senso ironico, pur se legati troppo spesso al dopo tragedie “evitabili” o prevenibili.
Così accade di fronte ad un terremoto e alle sue devastazioni, dinanzi ad eventi meteorologici stagionali ed eccezionali con il corollario che sempre qualcuno chiede che si trovino i responsabili di catastrofi od eventi luttuosi. È evidente che la ricerca di colpevoli ha valore sociale e deve essere perseguita, se essi esistono. È però altresì evidente che a questo, si deve affiancare un’azione non occasionale e legata agli eventi ma piuttosto una vera programmazione di tutti gli atti di possibile attuazione volti a prevenire, a mitigare le conseguenze e i danni.
Si fa tutto questo, esiste questa cultura della prevenzione? La risposta, al netto di molti che generosamente si battono per far capire in anticipo, non è positiva, anzi è decisamente negativa.
Passata la tempesta, lontani gli echi tellurici, sembra che solo parlare di prevenzione sia fuori luogo. Superate le emozioni si torna al fatalistico atteggiamento del: “speriamo che me la cavo… La prossima volta”. Un comportamento insano ed insensato tanto quanto surreale è arrivare a porre sotto processo i sismologi per non aver indotto ad evacuare città e paesi sulla base di una stima su quale fosse l’andamento delle faglie, ossia su un pronostico!
Eppure è avvenuto! Mentre non avviene una reale azione di prevenzione per la quale occorre mettere in conto investimenti, interventi strutturali e a volte azioni costanti nel tempo.
Nonché scelte anche difficili come dover demolire, dover abbandonare ciò che neppure la prevenzione potrebbe porre in salvo.
In un paese come il nostro dove sulle pendici di vulcani abitano centinaia di migliaia di persone, dove i fondi per interventi antisismici non si sa dove vadano a finire, tutto diviene più arduo e quel che si può fare è troppo spesso una goccia nel mare.
Tuttavia, la strada è obbligata dinanzi all’evidenza di mutamenti climatici e geologici che ci vedono testimoni ma capaci di identificare ciò che potrebbe essere fatto o praticabile per arrivare a prevenire o quanto meno a contenere eventi troppo grandi per essere governati!
::/fulltext::
::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::2198::/cck::