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Nigeria: lo spettro del Biafra

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Credit: NASA/NOAA image by Jesse Allen and Robert Simmon, using VIIRS data from the NOAA Comprehensive Large Array-data Stewardship System (CLASS). Caption by Holli Riebeek.
Il nostro ministero degli esteri ha informato i connazionali che intendono recarsi in Nigeria del rischio di incappare in manifestazioni e proteste previste in otto stati della Nigeria sudorientale.

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Con l’avviso apparso lo scorso 12 settembre sul sito web di Viaggiare Sicuri il nostro Ministero degli Esteri ha informato i connazionali che intendono recarsi in Nigeria del rischio di incappare in manifestazioni e proteste previste nella Nigeria sudorientale ed in particolare negli stati di Abia, Akwa Ibom, Bayelsa, Delta, Edo, Imo Ondo e Rivers.
Le manifestazioni attese sono organizzate dalla “Coalition of Niger Delta Agitators” e non si tratta di una novità: l’Esercito della Nigeria, dal canto suo ha annunciato il lancio dell’operazione Python Dance II nel sud est del paese che si sviluppa dal 15 settembre al 14 ottobre per controllare i criminali violenti, gli agitatori e altre forme di criminalità.

Map of Nigeria exhibiting its 36 states and the federal capital territory

L’operazione Python Dance fu lanciata tra il 27 novembre e il 27 dicembre 2016 per contrastare sequestri, banditismo armato e altri crimini, ottenendo grandi risultati. Si lascia intendere, dunque, che la reiterazione delle operazioni militari sia dovuta da un lato al successo ottenuto con le precedenti e dall’altro alla necessità di fare fronte al medesimo tipo di criminalità. Ma così non è.
La testata “News24.com/Africa” ha dato notizia del coprifuoco di tre giorni, dall’alba al tramonto, imposto nel sudest della Nigeria indetto dal Governatore dello stato di Abia a causa delle crescenti tensioni tra i sostenitori di pro-Biafra. Nei giorni scorsi si sono avuti scontri con le forze armate dei sostenitori del popolo indigeno di Biafra (Indigenous People of Biafra IPOB), che si batte per l’indipendenza per il gruppo etnico Igbo: motivo degli scontri, l’uccisione di cinque membri del movimento, notizia contestata come falsa dall’esercito.
Il leader dell’IPOB, Nnamdi Kanu, con doppia cittadinanza, nigeriana ed inglese, accusato di un crimine insignificante, prima in custodia dell’autorità, in attesa della ripresa del suo processo nel prossimo mese di ottobre, e poi liberato nello scorso mese di aprile, non si sa dove sia attualmente ed è nuovamente ricercato.
Anche un altro gruppo separatista, il Movimento per la Realizzazione dello Stato Sovrano di Biafra (Movement for Actualisation of the Sovereign State of Biafra (MASSOB), ha chiesto il ritiro dei militari. Il suo leader, Madu Uchenna, sostiene che MASSOB e IPOB sono agitatori pacifici che rivendicano i propri diritti all’autodeterminazione.
Uchenna ha accusato il governo di “trasformare il sud-est in una zona di guerra” e ha detto che dovrebbero permettere ai tribunali di determinare il destino di Kanu.
I gruppi di diritti umani hanno accusato i militari degli abusi nel tentativo di mantenere l’ordine, sostenendo che almeno 150 sostenitori pro-Biafra sono stati uccisi negli ultimi due anni.
La Nigeria da tempo sta soffrendo tensioni etniche, che si sono sviluppate anche durante l’assenza del suo presidente Muhammadu Buhari, assentatosi dal suo incarico per motivi di salute a più riprese per un totale di 104 giorni lontano dalla Nigeria.
Egli, rientrato pienamente nelle sue funzioni soltanto il 19 agosto scorso, a seguito dell’instabilità provocata dai disordini di questi ultimi giorni, ha voluto manifestare la sua presenza convocando la stampa e rilasciando una ferma dichiarazione, secondo cui l’unità del Paese “non è negoziabile”.
Va ricordato che durante la guerra civile del Biafra (1967) l’attuale presidente Buhari prestava servizio nell’esercito col grado di maggior generale.
Giova anche ricordare che i problemi dovuti all’instabilità del Paese non sono stati limitati all’indipendentismo delle popolazioni del Biafra: nella stessa area del sudest nigeriano, legata all’estrazione del petrolio ed al suo sfruttamento si sono sviluppati, lunghi e sanguinosi, anche quelli legati al MENDE, Movimento per l’Emancipazione del Niger Delta, cessati intorno al 2010.

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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::2204::/cck::

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