La scomposizione concettuale e pratica nella sinistra italiana è arrivata anche a far esplodere le contraddizioni che aleggiavano nel fu Pds, l’antenato più prossimo del Pd, il tutto circoscritto all’area ex comunista.
La scomposizione concettuale e pratica nella sinistra italiana è arrivata anche a far esplodere le contraddizioni che aleggiavano nel fu Pds, l’antenato più prossimo del Pd. Naturalmente il tutto circoscritto all’area ex comunista. L’ultimo atto sono le accuse urticanti di presunzione e di distruttività fatte da Achille Occhetto a D’Alema. Difficile non essere d’accordo con l’artefice della Bolognina. “Baffino”, simpatico epiteto che accompagna l’ex premier – per distinguerlo ovviamente da “baffone” – non eccelle in simpatia ed è caratterizzato da una smisurata ed abnorme autoreferenzialità. Anche quando le sue analisi sembrano fondate sono sempre condite da qualche elemento spocchioso come di chi sa sempre, ovunque e comunque, non ha bisogno di confronto e guarda tutti con un senso di commiserazione, poveri ignoranti nella valle dell’insipienza.
La cosa grave è che la scissione e le successive evoluzioni del nuovo soggetto a sinistra del Pd se prevarrà la trazione d’alemiana, finiranno contro l’iceberg. Ogni intervento e ogni presa di posizione di D’Alema infatti conducono e costringono gli altri esponenti a tentativi di recupero e correzioni. L’ultimo scossone è quello per il quale i distinguo d’alemiani, dei quali si è fatto interprete Speranza, hanno prodotto la definitiva spaccatura tra il campo progressista di Pisapia e il Mdp. L’ex sindaco di Milano, pur non in totale sintonia con il Pd renziano, si trova inevitabilmente a privilegiare un rapporto con la casa madre che non con possibili “partitini” del 3 per cento come ha definito quello del quale fa parte Speranza i cui destini elettorali sembrano veleggiare su quelle percentuali.
Il risultato di questa scomposizione è che ormai esistono almeno tre sinistre più alcuni spezzoni incontrollabili. Una sorta di cosmo in totale esplosione il cui dato ultimo potrebbe essere una sostanziale sconfitta elettorale del Pd! Un esito questo che naturalmente non potrà che far piacere a chi fa della divisione la ragion d’essere della sua politica, come parte dei leader scissionisti con il silenzio dei sostenitori comunque della “ditta”. Un disegno suicida per il quale occorrerebbero delle analisi caratteriali e psicologiche approfondite.
Un, due … tre, sinistra, dunque. Almeno parlando di un’area definibile di centrosinistra. Se invece si guarda a sinistra sinistra, qui la supernova è già esplosa da tempo e la corsa è sempre più a ricreare il partito comunista più comunista di ogni altro! Dopo la tragedia, la farsa!
Quel che sconcerta e non è confortante per i comuni destini di cittadini italiani, è anche lo stato delle cose nelle altre aree politiche che in queste settimane stanno per consegnare – lo sapremo solo vivendo, tra fiducie e voti segreti – un sistema elettorale diverso dal consultellum proporzionale uscito dalle sentenze contro l’Italicum. Uno status di confusione dove la sindrome della sinistra ha attecchito ben più di quanto si avverta!
L’attenzione deve necessariamente partire dal Movimento 5Stelle, accreditato tra quelli in crescita, ma che dopo l’autocandidatura di Di Maio alla premiership deve fare i conti con qualcosa di inaudito per il partito del guru: il dissenso, la diversità di analisi e posizioni. Lasciato il vaffa alla storia, per il momento, la virata “governativa” del movimento e la prevalenza di Di Maio, hanno con tutta evidenza messo in moto una serie di faglie e di fratture nel corpaccione pentastellato e questo sia a livello locale che nazionale. Naturalmente le parole ufficiali, le parole d’ordine, sono che tutto va ben “madama la marchesa”, che l’obiettivo del governo del paese è a portata di mano e che chi si “estranea dalla lotta” deve analizzare la virtù della propria progenitrice, per così dire! Ma i malumori e i distinguo non sono così carsici come la non totale adesione al, in apparenza prevalente, “dimaismo”. Se il potere logora chi non ce l’ha, per Grillo e compagni arrivare al governo potrebbe essere il cemento per impedire l’implosione del movimento. Rischio tutt’altro che peregrino ad un’attenta analisi della situazione reale!
Per il centrodestra, invece, la situazione è quella di chi ha già vissuto sulla propria pelle lo spirito di divisione. Lo si evince dalla parole e dai proclami unificanti dei leader. Proclami e parole che non riescono però a pennellare di unità posizioni che sono e restano divise se non antitetiche. Certo, tutti sperano più o meno apertamente nelle virtù taumaturgiche dell’ex cavaliere che già nel 1994 e poi nel 2001 riuscì a riunire le diversità contro la storia e contro la logica. Tertium non datur, potremmo dire. Una terza volta potrebbe non riuscire. Legittimo il dubbio, dinanzi alle posizioni non distanti ma totalmente opposte su alcuni nodi cruciali che parlano di immigrazione, di economia, di lavoro, di salari, di pensioni e chi più ne ha più ne metta! Forse è per questo che Berlusconi, pur senza dirlo apertamente immagina anche una possibile grosse koalition all’italiana con il Pd, quale risultato della complessità delle urne. Lo sapremo solo vivendo.
Di certo, se possiamo permetterci un, due tre sinistre, un due tre 5stelle, un due tre centri destra, non possiamo in assoluto pensare ad un due tre Italie. Il delirio catalano speriamo funzioni da collante e soprattutto impedisca evoluzioni che non sarebbero contro questo o contro quello, ma contro tutti noi cittadini italiani e contro il nostro paese!
di Roberto Mostarda