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In Italia, solo il 39% è favorevole all’Unione europea contro la media europea ancora in positivo con il 64% e con punte eccezionali come l’Irlanda, l’Estonia e Malta che arrivano al 90% di entusiasti.
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Il caso eclatante della Catalogna di questi giorni non è certo un accidente isolato per il nostro vecchio Continente.
Più si parla d’Europa e più i popoli cercano le proprie radici, le proprie tradizioni, la propria storia che la politica di Bruxelles ha dimenticato, costruendo un’Unione con i burocrati, la finanza e gli onnipotenti mercati.
Un errore fatale che comincia ad avere le proprie conseguenze: non c’è elezione, infatti, dove i cosiddetti populisti non vincono o aumentano nei consensi.
Nell’ultima consultazione elettorale che si è svolta lo scorso sabato nella repubblica Ceca ha vinto con il 31% dei voti l’ultra nazionalista e miliardario Andrej Babis insieme ad altre formazioni sempre di estrema destra, creando di fatto una realtà politica che partendo dall’Austria con la recente vittoria del giovanissimo Sebastian Kurz, altro populista doc, si ipotizza la creazione per un’alleanza politica tra tutti i paesi dell’Est europeo che comprende le nazioni anseatiche con la Polonia e l’Ungheria e parte della Bulgaria e Romania.
Ma anche nell’Occidente del Continente le cose non vanno meglio.
Cercano l’autonomia regioni come la Scozia, il Galles fino all’Irlanda del Nord, altro che Regno Unito, passando poi per il Belgio, con il distacco dei fiamminghi dai valloni, ed ancora la Corsica, la Provenza e i vari movimenti di casa nostra, specialmente al Nord che, con il recente successo del referendum per l’autonomia di Veneto e Lombardia, apre nuovi scenari sulla politica italiana.
Secondo recenti studi sarebbero addirittura una trentina le regioni che si battono per l’autonomia o, perfino, per l’indipendenza dal potere centrale, realtà che nate in sordina per i fallimenti politici dell’Europa sono diventate in breve tempo sempre più rilevanti.
Insomma più si parla di Europa unita e più l’idea sembra andare in frantumi.
Si sta creando, secondo alcuni analisti, quell’Europa delle patrie dall’Atlantico agli Urali, sognata da De Gaulle negli anni ‘60 e ipotizzata successivamente anche da Giovanni Paolo II, una visione politica considerata irrealizzabile dall’establishment politico, ma oggi, a distanza di cinquant’anni, quel sogno sembra diventare realtà anche perché i sondaggi dimostrano che a differenza dei politici, l’Europa non è tanto amata e noi italiani, sempre ai primi posti come europeisti convinti con punte che hanno sfiorato oltre l’80%, oggi ci siamo accorti di essere il Paese dell’Unione che meno crede a questa realtà.
Alla fine dello scorso settembre l’agenzia di sondaggi europea, Euro-barometro, ha sottoposto un campione di europei, 27.881 cittadini di età superiore ai 15 anni, ad una serie di domande su cosa pensano dell’Europa.
Le risposte hanno dato risultati sbalorditivi che i politici e i burocrati di Bruxelles dovrebbero vagliare attentamente.
Per quanto riguarda l’Italia, come già accennato, solo il 39% si è detta favorevole all’Unione europea contro la media europea ancora in positivo con il 64% e con punte eccezionali, ma sono tre casi isolati, come l’Irlanda, l’Estonia e Malta che arrivano al 90% di entusiasti.
Ma se l’Europa come ideale geo-politico può avere ancora un futuro, specialmente tra i più giovani, ciò non è certo per la sua capacità politica o di sviluppo.
Per gli italiani intervistati, solo il 19% crede che essa sia un contributo alla crescita economica, mentre il restante 64% la vede come una vera iattura per lo sviluppo contro la media europea favorevole del 36%, ma non è certo un bel dato. Su questo argomento rispetto a pochi anni raggiungeva anche il 70% di media.
Proseguendo sull’economia solo il 12% di noi pensa che l’Unione ha migliorato la qualità della vita quotidiana, dato non troppo distante dagli altri Paesi con il 19% di media, mentre chi pensa che la propria vita gestita da Bruxelles sia peggiorata gravemente arriva addirittura all’80% e non solo italiani, ma in genere tutti gli Stati che addebitano alla non politica europea la grave situazione che si trascina da almeno dieci anni.
Infine, per quanto riguarda il nostro peso politico e decisionale come italiani sui tavoli che contano, solo un terzo degli intervistati, poco meno del 28%, pensa che siamo importanti, mentre il 70% è convinto che non contiamo a sufficienza o addirittura nulla, ma anche qui la media di ogni singolo Stato non la pensa in maniera molto differente, la media è infatti solo del 47%.
Migliora stranamente per noi italiani la fiducia nel Parlamento Europeo con un 36% di opinioni ottimiste contro una media europea del 33%.
Forse chi ha risposto non sa che il vero centro decisionale della Ue non è il Parlamento, ma la Commissione composta da burocrati che non vengono eletti, ma nominati dai circoli di potere della stessa Ue.
Ciò che accomuna, purtroppo, tutti gli Stati europei sono il terrorismo con il 58%, la mancanza di lavoro 43%, insieme alla povertà, ed infine con il 35% l’immigrazione, un problema mal gestito e che porterà inevitabilmente problemi sociali anche gravi in un prossimo futuro.
Da questo sondaggio esce una Europa ammaccata, dal presente confuso e dal futuro incerto, bisognerà vedere nei prossimi giorni se la protesta anti europea troverà uno sbocco costruttivo e non diventare invece il “boia” dell’Europa che, pur con tutti i difetti, rimane ancora il più grosso mercato mondiale, ma soprattutto la culla di civiltà e di democrazia: un tesoro non da poco in mondo che sembra impazzito.
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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::2270::/cck::