Cultura

Globalizzazione della letteratura

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Edizione tascabile di The remains of the day, foto di Massimo Predieri, Creative Commons Share Alike with Attribution
Dopo la contestata premiazione di Bob Dylan l’anno scorso, l’Accademia Svedese nel 2017 è andata sul sicuro: con Kazuo Ishiguro ha premiato uno degli scrittori più acclamati degli ultimi 30 anni.

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Kazuo Ishiguro è stato insignito del Premio Nobel Letteratura 2017, per la “grande forza emotiva” dei suoi romanzi scritti in inglese, in cui “ha svelato l’abisso del nostro illusorio senso di connessione con il mondo”.

Ishiguro è un giapponese. O meglio, lo era. All’età di 6 anni Ishiguro emigrò con i suoi genitori da Nagasaki in Inghilterra. Diventato scrittore, nel 1998 pubblicò il suo libro più celebre, Quel che resta del giorno (The remains of the day), in cui gioca magistralmente con il linguaggio, contrapponendo il ricercato inglese degli aristocratici a quello della classe operaia o l’inglese spiccio e diretto degli americani.

Ho tra le mani la prima edizione tascabile di Quel che resta del giorno (Compra qui). Mi portarono da Londra nel 1990 il romanzo uscito da poco, e l’ho letto più volte. Ero affascinato dalla raffinata scrittura degna della grande letteratura inglese, ma scritta da un immigrato. Il romanzo, uscito quando Ishiguro aveva 35 anni, ebbe subito un successo straordinario e vinse il Booker Prize nello stesso anno. Quattro anni dopo, nel 1993, diventò un bellissimo film di James Ivory con Antony Hopkins e Emma Thompson. Anche il film ebbe un grande successo.

Ishiguro, in quanto immigrato giapponese di seconda generazione, rappresenta uno straordinario campione della globalizzazione culturale. La sua potente analisi della lingua inglese, delle le sue inflessione di classe e sociali, la descrizione pregnante della società tradizionale inglese, con i suoi aspetti di autocontrollo emotivo, dignità e introversione, sono sorprendenti.

Quel che resta del giorno è un romanzo sullo struggimento di un anziano maggiordomo che affronta la fine di un’epoca, riconsiderando la sua vita al servizio di Lord Darlington. Inizia con una frase in un inglese così ben scritta, che affascina immediatamente il cultore della lingua: “It seems increasingly likely that I really will undertake the expedition that has been preoccupying my imagination now for some says” (Appare sempre più probabile che riuscirò davvero ad intraprendere la spedizione che da alcuni giorni ormai tiene completamente occupata la mia fantasia). Naturalmente quasi nessuno delle centinaia di milioni di abitanti del globo che parlano quotidianamente inglese si esprimerebbe così. La sorpresa è che questo libro sia stato ideato da uno scrittore di origine giapponese cresciuto in una famiglia dove si parlava giapponese.

La trama stessa del capolavoro di Ishiguro è determinata dall’avanzamento inesorabile della globalizzazione: un ricco parvenu americano acquista la grande magione di un nobile inglese, compreso l’anziano maggiordomo Stevens che, a disagio ed avvilito, affronta con il suo contegno impeccabile il nuovo gioviale e tutto sommato amabile patrone. Profondamente legato alla cultura e al mondo tramontato del suo precedente padrone, Lord Darlington, Stevens ne ha assorbito tutte le convinzioni, gli atteggiamenti e perfino l’elaborato e raffinato linguaggio. Il viaggio che intraprende per rendere visita ad una precedente governante di Darlington Hall è l’occasione per ripensare le tappe della sua vita al servizio di Lord Darlington, della quale fu fiero finché si svolse; il passato gli si rivela ora privo di contenuto, e si rende conto di aver sacrificato la propria vita personale mantenendo un isolamento emotivo dalla realtà.

Ishiguro ha pubblicato otto romanzi. Oltre a Quel che resta del giorno, anche Non lasciarmi ha avuto un enorme successo, un romanzo ambientato in un futuro distopico, da cui nel 2010 è stato tratto un film per la regia di Mark Romanek con Carey Mulligan, Andrew Garfield e Keira Knightley.

 

 

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