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Per il ponte dell’Immacolata con un gruppo di amici abbiamo deciso di trascorrere una giornata particolare visitando Gardaland Magic Winter e l’acquario Sea Life, due esperienze da non perdere ricche di magia natalizia.
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«I bambini s’incontrano con grida e danze sulla spiaggia di mondi sconfinati, costruiscono castelli di sabbia e giocano con conchiglie vuote, con foglie secche intessono barchette e sorridendo le fanno galleggiare sulla superficie del mare. I bambini giocano sulla spiaggia dei mondi non sanno nuotare né sanno gettare le reti».
Rabindranath Tagore
É ufficialmente cominciato il periodo natalizio, e per il ponte dell’ Immacolata, io, il mio compagno e una coppia di amici abbiamo deciso di glissare sulle solite gitarelle tra i Mercatini di Natale e buttarci in un’esperienza alternativa come quella regalata da Gardaland Magic Winter.
Una volta acquistato il biglietto abbiamo deciso, in modo unanime, che il giorno migliore per andare sarebbe stato sabato 9 dicembre. Così è stato, e aggiungo anche per fortuna, dal momento che nei giorni a seguire sarebbe stato difficile a causa delle avversità metereologiche che hanno colpito le regioni del nord Italia.
Finalmente è arrivato il giorno tanto atteso, il gallo ha cantato presto in un’inusuale giornata soleggiata di inizio dicembre, e dopo una abbondante colazione alla Pasticceria Nuovo Swing, ci siamo affrettati a partire alla conquista di Gardaland.
Da Reggio Emilia, città in cui ormai stabilmente vivo, al punto di arrivo ci separavano circa 140 km pari a 1h e 30min di viaggio, come stabilito dal nostro fidatissimo Tom Tom. Il tragitto in macchina è fatto da musica e risate, spesso interrotte dalla voce del navigatore, che ci guida verso l’ambita meta.
Superato il casello all’altezza di Peschiera del Garda l’attesa dell’arrivo si fa sempre più incalzante, mentre immaginiamo cosa di bello e magico potremmo trovare nel posto incantato che ci aspetta. Ma ecco che, tra un’idea e l’altra, scorgiamo da lontano le prime attrazioni del parco giochi, seguite dalla mega scritta: GARDALAND, con sotto un Prezzemolo gigante vestito da Babbo Natale.
«Siamo arrivati!» esclamiamo tutti in coro emozionati e felici di essere giunti a destinazione senza intoppi.
Con tutta la voglia di vivere al massimo questa esperienza ci dirigiamo verso il parcheggio. Era andato tutto bene fino a quando si avvicina il custode e con un ghigno sinistro esclama: «Ragazzi, é tutto pieno! Potete tornare domani?»
A quella domanda tutto il nostro entusiasmo è andato a sciamando. Mi sono sentita come quei bambini che mentre si affrettano a mangiare il gelato, questo cade per terra. La delusione era tanta, ma per fortuna il tizio stava solo scherzando. Che bel modo di fare ironia, in realtà, non lontano da lì, si trovava un altro parcheggio.
Superata questo simpatico intoppo iniziale, ci avviamo verso l’ingresso. Passo dopo passo, la felicità diventa sempre più grande e, capiamo di non essere i soli a provare questa sensazione di gioia e spensieratezza. Una volta arrivati ai tornelli veniamo travolti da un’orda di ragazzini di ogni fascia d’età, accompagnati da genitori, nonni, zii, ecc.
Tutti in fila nell’attesa di entrare e con l’entusiasmo incontenibile di vivere una giornata indimenticabile nel parco giochi più grande d’Italia. Superati i tornelli veniamo catapultati in un atmosfera magica ricca di addobbi natalizi. Tra la folla ci procuriamo la cartina del Parco e subito decidiamo “democraticamente” quale attrazioni sperimentare. Fin da subito escludiamo quelle più spaventose e pericolose, anche se tutti maggiorenni siamo dei gran fifoni. L’unica voce fuori dal coro è il mio compagno, che aveva da sempre espresso la volontà di affrontare le imprese più estreme, ma che alla fine coinvolto dalle nostre insicurezze si è adattato alla decisione del gruppo.
Io per prima ho categoricamente escluso le montagne russe con giro della morte, come Shaman, Raptor e Blue Tornado. Il mio cuore non potrebbe reggere queste imprese estreme. Alla fine puntiamo tutti su Magic House, che credevano essere il più blando tra le attrazioni più rischiose, ma non sempre tutto é come sembra e lo avremmo scoperto da lì a poco.
Come dei bambini ci fondiamo subito tra la fila sotto il maestoso albero di Prezzemolo, con l’inconsapevolezza e l’incoscienza di chi non sa a cosa stia andando incontro. Una volta entrati, ci troviamo nel buio più pesto e tutti stipati in un grande ascensore che scende lentamente nelle fondamenta della struttura, accompagnati da una voce spettrale che cerca di impaurirci, ma con poco successo.
La vera paura arriverà una volta entrati nella stanza “magica”. Ci sediamo e ci imbrachiamo. Fin lì tutto nella norma, ma ad un certo punto la luce cala e iniziamo a muoverci in modo inconsueto, saliamo, scendiamo, giriamo, mi sento precipitare come Alice nella tana del Bianconiglio, e finisco a testa in giù.
Anche le pareti attorno a noi si muovono e cambiano ambientazione, tutto si capovolge e anche il mio stomaco. La tachicardia e la claustrofobia rischiano di avere la meglio su di me. In quei 10 minuti il mio unico pensiero era: «Chi me l’ha fatto fare?!», ma quando ho pensato che fosse tutto perduto si accendono le luci. Era tutto finito, per fortuna. Barcollando mi avvio verso l’uscita, con la promessa di non avventurati mai più in una attrazione simile.
Con le facce bianche dalla paura cerchiamo di stemperare l’adrenalina iniziale dirigendoci verso la tradizionale giostra dei cavalli. Li ho abbandonato subito il timore e mi sentivo come Jane e Michael Banks di Mary Poppins.
La giornata era appena cominciata e tanto divertimento ancora da vivere. Soddisfatti della giostra di cavalli ci avviamo verso il Mammut, già dal nome dovevo rendermi conto che non prometteva bene. Per raggiungere l’attrazione attraversiamo il Rio Bravo, la ricostruzione di un quartiere in perfetto stile Western, sia i negozi di gadget che i locali di ristorazione ricordavano l’architettura degli antichi saloon.
Davanti a noi scorgiano l’ingresso. Dopo aver attraversato un lungo percorso labirintico, arriviamo al punto di partenza: un trenino che ricorda i vagoni delle miniere di carbone. Mammut si articola in una piccola montagna russa con salite e discese molto ripide.
Sopravvissuti anche a questo ci avviamo verso l’uscita quando ci troviamo sotto Oblivion. Credetemi quando dico che non si tratta della solita montagna russa, ma di un percorso molto più articolato con giro della morte e una caduta all’impicciata, che farebbe impallidire anche le anime più temerarie. Le urla di chi aveva deciso di affrontare questa eroica impresa si sentivano a metri di distanza, sconfortando chi come noi era indeciso ad affrontare il pericolo.
Scossi dalla visione decidiamo di rilassarci scendendo nei meandri de I Corsari. Come Dante sull’Acheronte veniamo traghettati nel mondo dei pirati, che a detta mia è stato ricreato molto realisticamente e non mancano i colpi di scena e gli effetti speciali.
Entusiasti del mondo infernale de I corsari ritorniamo in superficie. Un’altra impresa ci aspetta, questa volta si tratta dell’antico Egitto di Ramses: il risveglio. Entriamo nella piramide, l’ambientazione ricorda le tombe faraoniche, affascinata osservo ogni particolare fino a quando non capisco che dovrò “sparare al bersaglio”. Ebbene si, in Rameses: il risveglio, il visitatore è un attore attivo che durante il percorso dovrà sparare con una pistola laser ai bersagli di diverso colore, ognuno associato ad un punteggio. Inutile dirvi che sono stata una completa schiappa anche in questa impresa, nella penombra della scenografia non riuscivo a vedere bene nè a distinguere i bersagli dal laser della pistola. Non sono mai stata brava con i videogiochi e questo ha gravato sul punteggio finale.
Incassata la sconfitta usciamo e attraversiamo nuovamente il parco giochi questa volta alla conquista di Kung Fu Panda Academy. Qui sembrava di essere catapultati in un tradizionale villaggio cinese, circondati da canne di bamboo e vegetazione che ricordava quella del film. Ci mettiamo in fila per le prima attrazione Kung Fu Panda Master. Dopo circa 45 minuti di attesa riusciamo a salire sulle nuove montagne russe, discese e rotazioni ci spiazzano nuovamente. Ci pieghiamo, ma non ci spezziamo. E sprezzanti del pericolo decidiamo di affrontare anche le mitiche tazze, attrazione immancabile, in qualsiasi parco giochi che si rispetti.
Il sole era già tramontato e il buio stava calando e con esso anche le temperature. Il tepore del sole, che ci aveva coccolati per tutta la mattinata aveva portato via con sè la carica inziale e dopo un pasto frugale e un waffle coperto di cioccolata calda, decidiamo di affrettarci ad uscire. Il nostro tempo a Gardaland era finito, ma la magia no. Ci aspettava ancora un’ultima cosa da fare, visitare il mondo acquatico di Sea Life.
L’acquario si trova a circa 300 metri da Gardaland e avevamo ancora un’ora prima della chiusura, il tempo necessario per visitarlo tutto. Lì ci aspettava un’immersione tra più di 5000 meravigliose creature marine. La struttura era ben tenuta, le stanze acquatiche erano tutte illuminate da una luce blu soffusa, che ricreava quella del fondale marino e in grado di conferire un senso di pace e di tranquillità. Vasca dopo vasca mi sentivo parte integrante di un mondo così misterioso e magico come quello marino.
Finalmente potevo vedere dal vivo diversi esemplari di animali acquatici, che fino ad adesso avevo visto solo sui film o sui documentari. Tutti insieme, dallo squalo al pesce pagliaccio, dal pesce chirurgo alla stella marina, fino alle razze.
Dall’alto dei miei 30 anni una giornata particolare come questa ha avuto il potere di farmi ritornare bambina, fin troppo spesso dimentichiamo questa sensazione, un motivo in più per portare nel cuore il ricordo di questa esperienza.
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::autore_::di Lorenza Rallo::/autore_:: ::cck::2360::/cck::