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La figura dell’educatore professionale socio-pedagogico sta acquistando dignità sociale. Analizziamo gli ambiti professionali di questo ruolo e la sua importanza.
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Se oggi vostro figlio o un vostro amico vi dicesse “voglio fare l’educatore”, a cosa pensereste? La prima immagine che di solito emerge è quella di una figura tanto mitologica quanto bistrattata dal mondo professionale istituzionalizzato. Considerando il tasso di analfabetismo funzionale in Italia, questo non ci deve stupire. Può servire però da campanello d’allarme per spingerci ad affrontare una pura e semplice realtà: la normativa di ogni Paese è specchio della considerazione sociale che lo Stato conferisce ad un determinato tema. In questo senso le risorse che i cittadini impiegano nei mestieri del terzo settore, quello dell’educatore compreso, per lungo tempo non sono state valorizzate né dalla Costituzione, né dalla politica. Le figure dell’educatore e del pedagogista infatti non sono state considerate nella loro importanza e disciplinate da regole precise, né è stato costituito un ordine professionale che regolamentasse il loro lavoro, per questo non hanno mai avuto il rilievo che meritavano all’interno della comunità sociale di riferimento.
Quanto conta dunque la formazione in Italia, e cosa cela questa parola dietro di sé? Come mai l’informazione non parla a sufficienza dell’educatore, spiegandoci chi è e cosa fa, per permettere ai ragazzi di valutare la possibilità di intraprendere questa professione?
È importante innanzitutto spiegare l’educazione in un senso profondo, che ne introduca la complessità e la bellezza. La facoltà di scienze dell’educazione, con la quale si accede al profilo professionale di educatore socio-pedagogico, esprime nel suo nome la pluralità delle aree umane che indaga, che vanno dalla psicologia, alla pedagogia e alla filosofia, analizzando il percorso di crescita e di espressione dell’individuo, che non è affatto lineare e definito. L’educazione infatti porta avanti il processo di sviluppo umano, adito a una costante trasformazione, in cui l’apprendimento, obiettivo dell’azione pedagogica della figura dell’educatore, fa parte di un ampio quadro progettuale che, dal punto di vista dell’educatore, mira al benessere della persona e al fiorire delle sue potenzialità. L’educazione è un ciclo. Tutti impariamo a camminare, a parlare, ad andare in bicicletta, e successivamente ad apprendere e conoscere la forma del mondo e il nostro posto al suo interno. Lo stesso oblìo della memoria a volte ci fa disimparare ciò che abbiamo appreso per lasciare spazio a nuove conoscenze. Fa tutto parte della forma che durante la nostra vita assumiamo, e che non esaurisce mai la sua evoluzione. E durante questo percorso abbiamo bisogno di una guida che ci aiuti socraticamente a tirar fuori e sviluppare al meglio le nostre predisposizioni. Una formazione che diventa trasformazione delle proprie capacità fisiche, psichiche e intellettive e poi di nuovo formazione, poiché resa man mano coerente dal susseguirsi delle esperienze educative maturate nell’arco della vita con l’aiuto dei nostri educatori.
La figura dell’educatore professionale socio-pedagogico, in questo contesto, è dunque quella che si occupa di questa educazione, e i suoi ambiti di intervento educativo includono le strutture pre-scolastiche (gli asili nido), i servizi per l’infanzia e per l’adolescenza, il lavoro nelle case famiglia, nelle cooperative sociali, nelle strutture assistenziali che operano con portatori di handicap e disabilità cognitive, e l’assistenza domiciliare. Le attività che svolge l’educatore sono volte a promuovere l’espressione di sé, l’autostima, il benessere, e a favorire l’autonomia.
La buona notizia è che il recente cambiamento in atto con il disegno di legge Iori ha dato finalmente dignità alle professionalità che si occupano della cura e dello sviluppo dell’integrità della persona nel suo percorso di vita, istituendo l’obbligo di laurea per diventare educatori. Infatti, come recita la proposta di legge 2656 presentata già nel 2014 e recentemente approvata alla Camera: “Il ruolo dell’educatore è oggi ancora più rilevante in ragione della condizione di estrema difficoltà economico-sociale in cui versa il Paese, che penalizza i minorenni nel loro sviluppo cognitivo ed emotivo, ma anche gli adulti e gli anziani nell’inclusione sociale e nei processi di educazione permanente.”
L’urgenza educativa che possiamo riscontrare nella vita quotidiana, si palesa non solo attraverso la sentita necessità di incentivazione da parte degli educatori all’adozione di un’etica comportamentale che favorisca la coesione sociale, ma anche nei confronti del crescente bisogno di accettazione ed ascolto empatico ed emozionale. Ogni fase della vita possiede una criticità da risolvere attraverso il potere lenitivo e benefico dell’educazione. E’ questo il difficile compito dell’educatore, che a contatto con il materiale umano, deve aiutarlo a plasmarsi e dipingersi al suo meglio per potergli permettere di affrontare virtuosamente il proprio percorso di vita. La figura dell’educatore deve tornare necessariamente al centro dell’attenzione di una società che abbia a cuore il proprio futuro.
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::autore_::di Giacomo Sorrentino::/autore_:: ::cck::2433::/cck::